IL PROBLEMA DELL’ABORTO IN ITALIA SONO I MEDICI OBIETTORI, INTERROMPERE LA GRAVIDANZA IN CERTE REGIONI È PRATICAMENTE IMPOSSIBILE
IN 22 OSPEDALI ITALIANI LA PERCENTUALE DEL PERSONALE SANITARIO CHE SI OPPONE È AL 100% …DAL 2020 LA SOMMINISTRAZIONE DELLA PILLOLA RU486 È POSSIBILE ANCHE NEI CONSULTORI, MA SOLO TRE REGIONI LA GARANTISCONO. MANCO L’UNGHERIA DI ORBAN
A 46 anni dall’approvazione della legge 194, abortire in Italia è ancora difficile. A parlare sono i dati: in primis quelli relativi all’obiezione di coscienza, cioè a quei sanitari che si rifiutano, per motivi etici, di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) a una paziente entro i primi 90 giorni di gestazione come previsto dalla legge. Nel nostro Paese, secondo i dati del ministero della Salute relativi al 2021 (gli ultimi disponibili diffusi a ottobre 2023), lo sono il 63,4% dei ginecologi, il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico.
Addirittura, come si legge nella ricerca dell’Associazione Luca Coscioni “Mai Dati”, in 22 ospedali (e quattro consultori) italiani la percentuale di obiettori tra il personale sanitario è del 100%. Nel nostro Paese l’Ivg è possibile sia chirurgicamente, sia farmacologicamente (dal 2009) con l’assunzione in due dosi della pillola Ru486. Dal 2020, poi, con l’aggiornamento delle linee guida da parte dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza, la somministrazione è possibile anche nei consultori e non solo in ambito ospedaliero. Di fatto, però, solo tre regioni la garantiscono in maniera omogenea: Emilia Romagna – verso cui si dirigono anche donne provenienti da Lombardia e Trentino – Lazio e Toscana.
Un focus sui dati 2022 della Lombardia dice che in 12 strutture su 50 l’accesso alla Ru non è garantito. Sul totale delle Ivg del 2022 (11.003) il ricorso alla pillola è stato in media del 40% con province ancora sotto il 20%. […] Quanto al Piemonte, quasi un medico su 2 è obiettore e, nell’ottobre 2020, la giunta regionale di centrodestra ha diramato una circolare sull’aborto farmacologico che vieta ai consultori di somministrarlo, in dissenso con le indicazioni ministeriali. In Veneto è obiettore oltre il 71% dei sanitari: 252 i ginecologi su un totale di 352.
Com’è, invece, la situazione al Centro-sud? «Pessima» risponde Marina Toschi, umbra, ginecologa: ci sono aree come la Puglia, l’Abruzzo e la Sicilia dove oltre l’80% dei ginecologi si dichiara obiettore.
Nel Lazio la percentuale di strutture che effettuano l’interruzione di gravidanza è il 45,5%, meno della metà. In Molise il 33,3%, un terzo. E in Campania, il 26,2%, vale a dire una su 4. Non va meglio altrove: si va dal 69,2% dell’Abruzzo al 50% della Sicilia o il 65,6% della Puglia. Così si ricava una mappa delle regioni dove i ginecologi non obiettori hanno un carico di lavoro eccessivo: in Abruzzo, ciascuno effettua 2 Ivg in media a settimana, in Molise 2,8, in Puglia 2,1 e in Campania 2,4 con un valore massimo per singola struttura che arriva a 11,8 in Abruzzo, a 10,4 in Campania e a 13,4 in Sicilia.
E quanto si aspetta? In Calabria più di 28 giorni nel 12,4% dei casi. In Sicilia, nell’8,6% dei casi da 22 a 28 giorni e nel 21,6% da 15 a 22. Ancora, in Basilicata il 2,8% delle donne effettua un aborto oltre le 21 settimane di gestazione, l’1,9% in Puglia e l’1,8% in Sicilia. Un altro indicatore importante riguarda gli spostamenti: le donne dovrebbero poter abortire nella provincia e nella regione di residenza.
Invece quasi un’interruzione di gravidanza su 3 effettuata da residenti della Basilicata avviene al di fuori della regione e una su quattro nel caso del Molise, cifre molto superiori alla media nazionale che è dell’8%. Sono 9 le province italiane in cui oltre la metà delle interruzioni avviene al di fuori della provincia. Nessuna si trova a Nord di Fermo, nelle Marche. Oltre a Fermo ci sono Oristano, il sud della Sardegna, Chieti, Frosinone, Salerno, Vibo Valentia, Enna e Caltanissetta. «In Calabria non trovi un posto dove fare un aborto nemmeno per errore – aggiunge Toschi – in Sardegna si praticano troppi raschiamenti, in Basilicata la situazione è difficile, in Sicilia non c’è possibilità di aborto farmacologico. È una lotta continua, ci si affida al buon cuore dei pochi che ancora lavorano in un clima che è sempre più ostile».
(da La Stampa)
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