“IL PROBLEMA È CHE GLI STATI UNITI VIVONO AL DI SOPRA DELLE PROPRIE POSSIBILITÀ DA DECENNI”: IN UN DURISSIMO EDITORIALE, IL “CHINA DAILY”, GIORNALE DEL REGIME CINESE, AZZANNA GLI USA
“CONSUMANO PIÙ DI QUANTO PRODUCONO” … IL PIL DI PECHINO VOLA AL +5,4%, MA È IL RISULTATO DELLA CORSA A CONSEGNARE LE MERCI ORDINATE PRIMA DEI DAZI
La guerra dei dazi tra Usa e Cina appare agli osservatori internazionali (sbigottiti) scimmiottare le fasi di un matrimonio ormai al capolinea, raccontato sullo schermo con amara ironia nella Guerra dei Roses: dall’amore all’odio con una breve fase intermedia. Vista da Pechino, la responsabilità è tutta nel campo americano.
E, per ora, la Cina si bea di una crescita del Pil pari al 5,4% (su base annua) calcolata nei primi tre mesi dell’anno: un effetto della corsa a consegnare le merci ordinate prima dell’entrata in vigore dei dazi.
Gli esperti si attendono un rallentamento della macchina produttiva entro la fine del 2025. Ma intanto il presidente Xi Jinping prosegue nel suo tour nel Sud-est asiatico per «conquistare i cuori» nei Paesi storicamente intimoriti dall’espansione dell’ingombrante vicino. Dopo il Vietnam, il Nuovo Timoniere è arrivato ieri in Malesia, a Kuala Lumpur, accolto dal premier Anwar Ibrahim.
Al quale Xi ha chiesto di «resistere al disaccoppiamento e alla rottura delle catene di fornitura», ai «piccoli cortili con alte mura» e «ai dazi eccessivi con apertura, inclusività, solidarietà e cooperazione» contro «la legge della giungla».
Il viaggio lampo di Xi prevede ancora una tappa, in Cambogia, Paese che ospita già interessi cinesi (da poco è stata inaugurata la base navale di Ream, ingrandita e rinnovata con l’aiuto di Pechino) e che certo non può permettersi di perdere punti di Pil (comunque misero) per colpa dei dazi americani.
L’offensiva diplomatica del Celeste Impero è partita dall’asean, l’associazione dei Paesi del Sud-est asiatico, ma riguarda il resto del mondo. A Kuala Lumpur Xi Jinping ha sollecitato «la firma il prima possibile del protocollo di aggiornamento dell’area di libero scambio Cina-asean», utile a cementare i legami commerciali bilaterali che hanno raggiunto nel 2024 volumi per 980 miliardi di dollari e con le due parti rimaste reciprocamente i principali partner dal 2020. Ma già guarda al futuro.
Secondo indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg, i preparativi per una trattativa diretta con gli Usa sarebbero già in corso, tanto che è stata annunciata la nomina di un nuovo negoziatore: Li Chenggang è stato promosso alla carica di vice ministro del Commercio, con responsabilità sui dossier più spinosi.
Li sostituisce Wang Shouwen che è stato per anni il rappresentante cinese per i negoziati sul commercio internazionale. Il nuovo inviato ha una solida base legale: è laureato in Giurisprudenza all’università di Pechino e ha un master in economia del diritto ottenuto all’università di Amburgo.
In attesa di un futuro vertice, un duro editoriale del China Daily, una delle testate statali di Pechino in lingua inglese, contesta intanto le «lamentele» di Washington sulle questioni commerciali: «Il problema è che gli Stati Uniti vivono al di sopra delle proprie possibilità da decenni e consumano più di quanto producono».
La Cina ha quindi definito «senza senso» l’ultima offensiva tariffaria di Trump con la minaccia di portare i dazi su alcuni prodotti al 245%. Un portavoce del ministero del Commercio cinese ha promesso dure
contromisure nel caso in cui gli interessi del Paese venissero realmente colpiti: «Gli Stati Uniti hanno strumentalizzato e armato i dazi fino a portarli a un livello irrazionale», ha dichiarato.
(da agenzie)
Leave a Reply