IL RE DELLE OMBRE HA “LIQUIDATO” PRIGOZHIN PER CONTO DI PUTIN: ANDREI AVERYANOV HA GUIDATO LA MANOVRA PER ASSOGGETTARE LA WAGNER E FARE FUORI IL SUO FONDATORE
NUMERO DUE DEL GRU, IL SERVIZIO SEGRETO MILITARE, RESPONSABILE DELLE ATTIVITÀ COPERTE, HA DIRETTO MOLTE “MISSIONI SPECIALI” ALL’ESTERO
È il re delle ombre ma non ha paura di mostrare il suo volto. Perché il sistema putiniano gli ha affidato un ruolo di gestore delle cose difficili. Andrei Averyanov, secondo molte interpretazioni, ha guidato la manovra per assoggettare la Wagner ed estromettere il suo fondatore, Evgeny Prigozhin.
Numero due del Gru, il servizio segreto militare, responsabile delle attività coperte, ha diretto molte incursioni all’estero. Colpi chiusi con un successo, finiti malamente o rimasti a metà. Per la fretta, per la necessità di arrivare ad ogni costo al risultato, per errori.
Averyanov, in base alle ricerche del sito investigativo Bellingcat, è stato coinvolto in missioni speciali, come il sabotaggio di depositi di munizioni nella Repubblica Ceca nel 2014, esplosioni che avrebbero distrutto proiettili destinati all’Ucraina. Lui stesso ha viaggiato prima a Lisbona, poi in Austria per assistere i membri del team, tutti membri dell’Unità 29155, incaricata di agire in Occidente.
A disposizione bombe, veleni, pistole, inganni. Un nucleo aveva stabilito rifugi nelle località alpine francesi, mimetizzato tra i vacanzieri. Case sicure dalle quali partire verso città europee dove c’era da portare a termine un «lavoro».
Insieme ai «muscoli» sono stati formati gli «illegali». Operativi infiltrati con false identità in numerosi Paesi, donne e uomini addestrati a vivere da perfetti cittadini, facendosi passare per greci, argentini, brasiliani. Ne hanno scoperti in Svezia, Brasile, Italia, Slovenia, Grecia, Olanda, Norvegia. Alcuni sono finiti in manette, diversi sono riusciti a scappare lasciando però tracce interessanti sul modus operandi tra successi per Mosca e fallimenti.
Infine il ruolo più «politico» di Averyanov. A fine luglio, in occasione del summit a San Pietroburgo con numerosi presidenti africani, è apparso proprio il numero due del Gru, seduto al tavolone insieme a Putin e alla compagine governativa.
L’evento internazionale ha fatto capire a Prigozhin che il vento era ormai contrario, il suo obiettivo di conservare gli affari in Mali o Centro Africa stava per evaporare. Secondo le ricostruzioni il leader della Wagner, tra le pieghe del summit, avrebbe cercato di incontrare personalità africane ma si è dovuto accontentare di figure minori. Un declassamento reso più profondo dalle iniziative promosse dalla Difesa e da Averyanov, concentrati su un triplice target: scioglimento totale della compagnia, nascita di una nuova formazione di miliziani, annullamento dello «chef».
A tal fine una delegazione dello Stato Maggiore è stata inviata a Bengasi per discutere con il generale Khalifa Haftar del futuro della Wagner in Cirenaica, una delle prime aree di impegno della «ditta», e il possibile arrivo di un contingente diverso di mercenari.
Prigozhin ha tentato un recupero recandosi di persona nel Sahel, ha diffuso l’ultimo video in mimetica su una landa desolata ribadendo che c’era l’Africa nel suo futuro, ha cercato aiuto e risorse. Poi è risalito su un jet per l’ultimo appuntamento a Mosca. Ad accompagnarlo i fedelissimi, l’illusione del perdono, l’azzardo della scommessa, la disperazione della mossa e la sorveglianza di chi aveva deciso la sua uscita di scena definitiva.
(da Corriere della Sera)
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