IL SOGNO DI EYOB: “PULIVO PISCINE, ORA CORRO LA MARATONA PER VINCERE UNA MEDAGLIA”
NATO 26 ANNI IN ERITREA DA UNA COPPIA DI COMBATTENTI E’ UNA DELLE SPERANZE AZZURRE AGLI EUROPEI DI BERLINO
Italiani, un popolo solo, tante razze e il profilo dei disegni più impensabili, mescolati fra di loro, ottenuti dalla mano creativa della storia e dagli oggetti che i piccoli e grandi protagonisti del nostro sport hanno toccato, impugnato.
Le scarpette di Eyob che potrebbe andare sul podio nella maratona europea di Berlino, il kalashnikov dal quale sua madre partigiana, asserragliata sui monti per la libertà dell’Eritrea, non si separava mai.
E poi gli stracci che il giovane veneto di Asmara strofinava sul lastricato della piscina che ogni mattina andava a pulire per mantenersi in vita, le scope, i mocho, i detersivi che gli rovinavano le mani ma che rimanevano indispensabili per racimolare quei quattro soldi sufficienti per continuare ad annaffiare la piantina dei suoi sogni di mezzofondista.
Si svegliava alle quattro e mezza e alle cinque la routine di operaio invisibile iniziava. Sino alla primavera del 2015, quando disse: “Se non ci provo adesso a far la vita del professionista, che ho 22 anni, quando?”.
Ora o mai più. Eyob Faniel Ghebrehiwet ha 26 anni e vive a Bassano del Grappa. Da qualche tempo si allena con l’ex maratoneta azzurro Ruggero Pertile.
Nel 2001 suo padre si era trasferito per cercare di curare le ferite che aveva ereditato dalla guerra d’indipendenza (sulle montagne aveva conosciuto la mamma di Eyob che nacque un’anno prima dell’indipendenza dell’Eritrea, nel ’92).
Lo spostamento venne facilitato dai meriti conseguiti dalla coppia partigiana. Pochi mesi dopo arrivarono i tre figli, Salomon, Eyob e Meron, cui la nonna già parlava in italiano quand’erano piccoli. Eyob comincia a correre, è smilzo, agile, abbassa i suoi personali ma si fa male spesso, soprattutto nella zona dell’anca.
Mentre migliora, allunga le distanze e e i suoi 45 chili si trovano sempre meglio.
La sua strada era la strada, non la pista, e se ne rese conto alla prima mezza maratona della sua carriera, a Verona nel 2013 (nel 2017 ha vinto la Venice Marathon in 2h12’27”). Lo hanno allenato Marco Maddalon e Giancarlo Chittolini. “Pe me le cose cambiano radicalmente quando dopo dieci anni di residenza ottengo la cittadinanza italiana”.
Il tutto avviene con il decreto presidenziale del 27 ottobre del 2015. Simbolico il passaggio di consegne agonistiche alla fine del 2014. Luogo Cittadella, evento mezza maratona. E’ il 28 dicembre, fa freddo ma c’è un sole forte che brilla e illumina corpi e anime.
A metà gara si staccano in quattro, poi due, poi uno. Dentro le mura trecentesche riecheggia lo speaker: “A un chilometro dall’arrivo un atleta da nome impronunciabile è in testa da solo!”. Eyob vince la sua prima “mezza”. Secondo arriva il suo allenatore di oggi, Ruggero Pertile, che l’anno successivo sarebbe finito quarto nella maratona mondiale di Pechino: “Abbiamo preparato la gara in altura”, ci spiega Ruggero che è rimasto con Eyob a St. Moritz sino al 28 luglio.
“Col fresco abbiamo effettuato ripetute lunghe, 35, 36 e anche 37 chilometri con la seconda parte della prova ad alta intensità per adattare il fisico ai costi energetici della gara. E a volte si va anche a digiuno”.
Mentre fanno su e giù, gli occhi di Eyob trovano un punto di contatto tra Italia e Eritrea, uno dei tanti: “Il legame con la mia terra di provenienza è forte e ispira il mio cuore. Torno spesso lì per allenarmi per siamo in altura e per salutare la mia nonna paterna, che vive ancora laggiù”.
E che adesso è bisnonna perchè due anni fa è nata Wintana, la figlia di Eyob. Nascere e crescere. Una cosa sola. Italia e Eritrea. Le due metà della mela.
Una sottile linea rossa, fatta di sangue che scorre e di piedi che vincono.
(da “La Repubblica”)
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