IL SOVRANISTA RUSSO SALVINI E’ UNA SCHEGGIA IMPAZZITA
CON MELONI RAPPORTO AI MINIMI STORICI, A PALAZZO CHIGI TIMORI PER UN PAPEETE 2.0
Un moto perpetuo di parole, proposte, post. Matteo Salvini è come una scheggia incontrollabile, che fa sorgere un dubbio: qual è la direzione? C’è chi – nell’inner circle del vicepremier –dice che l’obiettivo sia fare un’Afd alla leghista, magari con la manina di Elon Musk, e c’è chi sostiene che punta a spostare a destra la coalizione, beneficiando del vento conservatore. A danno di Giorgia Meloni, costretta a fare da equilibrista, tra alleanze geopolitiche e tutela dell’interesse nazionale.
Un ponte per Mosca
Di sicuro l’ultima idea di Salvini ha rappresentato l’ennesimo colpo di scena di un’escalation di colpi di scena: l’appello a riprendere i rapporti con la Russia. «Non ho il cellulare di Putin. Ma bisognerà riannodare rapporti commerciali, culturali, economici, energetici Bisogna riannodare i rapporti con la Russia», ha detto il leader della Lega che del resto verso il leader del Cremlino vanta una vecchia infatuazione.
Certo, tutto dovrà avvenire «alla fine del conflitto», ha precisato. Ma resta la disponibilità a fare di nuovo scambi con Mosca, finora un tabù tra le forze politiche italiane. Ancora di più in una maggioranza a trazione filo-Ucraina: Giorgia Meloni ha sempre ribadito il sostegno a Kiev, anche al costo di entrare in frizione con l’amico, o almeno così viene presentato, Donald Trump. Antonio Tajani, nonostante la vecchia amicizia di Silvio Berlusconi con Putin, ha sempre tenuto saldo il partito in una posizione pro-Zelensky.
Per non farsi mancare niente, poi ha provato a perorare la causa di Musk per una visita al Quirinale, con lo scopo di incontrare Sergio Mattarella: «Sarebbe un incontro stimolante». Difficile orientarsi in mezzo a una sventagliata di provocazioni come l’intervento sull’agenda del capo dello Stato.
Da palazzo Chigi le mosse di Salvini sono guardate con un mix di stupore e sospetto. Si torna al quesito di partenza: fin dove vuole spingersi? La presidente del Consiglio, in privato, aveva chiesto cautela ai vicepremier sulle dichiarazioni relative alla politica estera. Ancora di più in materia di riarmo europeo. Salvini, per tutta risposta, ha ripreso l’offensiva martellante contro le armi, scendendo in piazza.
I rapporti con Meloni, che erano migliorati dopo le tossine accumulate in passato, virano di nuovo verso il negativo. Tanto che la premier ha replicato con uno sgarbo: ha sposato la causa di FI sulle tasse. Quindi, la priorità è il taglio delle tasse al ceto medio, per ora niente rottamazione delle cartelle come chiesto dai leghisti.
Papeete bis
In questo clima i meloniani di stretta osservanza ricordano che il segretario della Lega è pur sempre l’uomo del Papeete, il leader capace di far saltare il governo Conte quando era lui a dare le carte. Il timore di un bis non è del tutto escluso, benché nei ragionamenti politici da Transatlantico, alla Camera, c’è una constatazione: la strategia di Salvini finora non ha smosso i sondaggi
I leghisti sono inchiodati intorno all’8 per cento, al massimo all’8,5. Sempre nettamente dietro a Forza Italia che è molto meno mediatica. Insomma, è il discorso che circola dalle parti di FdI, se il leghista dovesse tirare troppo la corsa, ne pagherebbe le conseguenze. Le elezioni sono più un pericolo che un’opportunità.
Con il contropiede sulla Russia, finora Salvini ha scritto solo l’ennesimo capitolo dell’opera di smarcamento del mainstream della maggioranza, che pure predica prudenza sull’Ucraina e più in generale con Bruxelles. Il leader della Lega, insomma, continua ad agitarsi su ogni spazio politico possibile. Colpo dopo colpo, ha un solo intento: dimostrare la propria diversità rispetto agli alleati. Ma l’ossessione vera è Forza Italia. Ancora ieri Salvini ha bacchettato il collega vicepremier Tajani: «Rispetto le idee del collega degli Esteri, ritengo che chi ostinatamente da anni sta usando toni bellici, parlo del presidente francese, debba prestare più attenzione».
La battaglia con i forzisti si gioca su un altro territorio, quello dei satelliti. Salvini insiste nel dire che darebbe «anche domani» il servizio a Starlink di Musk, ma a fare da controcanto c’è Raffaele Nevi, portavoce di FI e interprete del pensiero di Tajani: «Conosciamo bene la posizione di Salvini. Ma occorre valutare bene e al meglio tutti gli aspetti della vicenda. Deve essere una scelta nel mero interesse nazionale e che dia garanzie al Paese».
Eppure la linea della polemica non dispiace al leader della Lega, anzi ne esce ringalluzzito. Per questo ha rilanciato il «no ai militari italiani in Ucraina» e ridato spazio a uno degli interpreti del radicalismo salviniano, il senatore Claudio Borghi che su Macron ha associato il sostantivo “matto”: «Scherzare con guerra, missili e cose di questo tipo per riguadagnare consensi in patria è oggettivamente un po’ da matti». Ma la follia di questi tempi è un po’ ovunque.
(da editorialedomani.it)
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