IL TRAILER: LA PIAZZA ARANCIONE “INCATENA” QUELLA SOVRANISTA AL NAZIONAL-POPULISMO
IL 2 GIUGNO ALLA ROVESCIA RISCHIA DI ESSERE L’ANTICIPO DEL FILM CHE VERRA’
Perchè poi l’aria che tira si capisce subito, dal muscolo e dal tatuaggio degli scagnozzi di una frangia di Forza Nuova, prima ancora che arrivi l’invito a non rompere troppo con le domande.
E prima ancora di ascoltare tal Danilo Cipresso, che urla dal megafono contro Conte, contro le regole che hanno “limitato la libertà ”, e pure contro la polizia. Sono i primi che incontri, appena arrivi a piazza del Popolo, nel giorno della Festa della Repubblica, quella democratica e antifascista.
Allarghi lo sguardo: la manifestazione è un assembramento, senza distanze, senza regole, con poche mascherine, più affollata rispetto alle previsioni, un flashmob che non è un flashmob, a dispetto delle raccomandazioni più o meno convinte.
Di simbolico c’è poco, di reale c’è la rabbia della destra vera e muscolosa, che nell’Italia dove la parolaccia è sdoganata si riassume nel coro “Conte, Conte, vaffanculo”, più volte ripetuto. O nella becera insofferenza verso il capo dello Stato, rivelata da un fuorionda in cui due patrioti, riferiamo solo per dovere di cronaca, si rammaricano perchè “la mafia ha ucciso il fratello sbagliato”.
Poche ore dopo, stesso giorno, stesso set riscaldato dalla canicola del sole pomeridiano, diverse centinaia di persone, incazzati veri, con un gilet arancione, versione nostrana dei gilet jaune che hanno messo a ferro e fuoco la Francia, no euro, no Mes, no governo, no virus inteso come negazionismo, inneggiano al “ge-ne-ra-le, ge-ne-ra-le” prima che salga sul palco Antonio Pappalardo, il farsesco ex generale di brigata ed ex capo di stato maggiore della divisione unità specializzata carabinieri di stanza a Roma.
I pochi che hanno la cortesia di parlare ti spiegano che la pandemia non esiste (sic!), che è tutta una montatura per tenere il controllo sociale, si abbracciano, urlano contro il governo, affidano al turpiloquio la rabbia, qualcuno mena le mani contro i giornalisti servi del potere di mascalzoni, massoni, euroburocrati. A occhio pochi non sono, anzi sembrano tanti quanti quelli della mattina.
Per l’amor di Dio, rifuggiamo dalla tentazione di fare di tutt’erba un “fascio”, anche se tutti mandano a quel paese Conte, tutti urlano “elezioni”, nessuno si mette la mascherina diventata quasi un simbolo di oppressione, parecchi arrivano da altre regioni nonostante oggi non sia ancora consentito.
E anche se, in molti, nel pomeriggio assomigliano a quelli della mattina perchè “io ho votato i Cinque Stelle, ma mi hanno deluso, sono dei venduti anche loro, adesso voto Giorgia”.
Questo due giugno alla rovescia, senza manifestazioni repubblicane (a causa virus), ma con manifestazioni zeppe di eredi di chi la Repubblica non l’avrebbe fatta, altro che vittoria dell’Europa sul populismo in nome della “valanga di soldi” in arrivo, perchè non si sa quando arriveranno, racconta tuttavia in pillole almeno due cose, che tanto banali non sono, come in un trailer di un film cui potremmo assistere nei prossimi mesi.
La prima la coglie Ignazio La Russa, che di cortei ha un’esperienza quasi cinquantennale: “Se avessimo spinto, sarebbero arrivate un milione di persone, c’è un afflusso sorprendente”. Ecco, la partecipazione come moto in larga parte spontaneo, oltre le aspettative, oltre lo sforzo organizzativo, perchè la gente sarebbe arrivata comunque, dopo i mesi della reclusione, del lockdown democratico, delle conferenze stampa su ciò che si può e che non si può fare, e a quanti centimetri di distanza, della narrazione da Grande Fratello del “torneremo ad abbracciarci”.
La seconda, ed è la parte sinistra del film, è il nesso tra le due piazze, quella della destra che si candida a governare con percentuali in Europa seconde solo a quelle dell’Ungheria, quella del carnevale complottista che sembra fuori dal mondo, ma rischia, quando entrerà nel circo mediatico, di conquistare piena cittadinanza nel dibattito nazionale.
In tal senso, diciamola così, la piazza del pomeriggio “incatena” quella della mattina al nazional-populismo, nella misura in cui dà voce (o meglio: urlo) ad alcune sue teorie estreme, dall’euro alla necessità di stampare moneta.
Se la destra avesse assunto una linea di collaborazione istituzionale, se rinunciasse a invocare elezioni anche se è evidente che non si vota, se non desse cittadinanza alle polemiche sul Mes, alla sovranità come mito da agitare, quella piazza di “matti” sarebbe anche contro la destra, non solo contro il governo, diventando il detonatore della sue contraddizioni.
È la fotografia di un paese che, sia pur spesso raccontato con spirito autoconsolatorio, ha un umore profondo di ribellione nei passaggi più delicati. E che sulla rabbia sociale, può rompersi.
In fondo, il generale De Lorenzo non era meno carnevalesco di Pappalardo.
(da “Huffingtonpost”)
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