IL VUOTO ATTORNO ALLA POCHETTE: IL COLLASSO DI PALAZZO CHIGI
LETTERE RISERVATE PASSATE AI GIORNALI, SMENTITE E CONTROSMENTITE, CACCIA ALLA TALPA, MINACCE LEGALI, VERTICI CHIESTI E MAI SVOLTI
Solo in Italia palazzo Chigi, il cuore del governo, è il luogo in cui abita un tragico vuoto politico, con l’avvocato Giuseppe Conte che, a metà pomeriggio, annuncia che “sarà perseguita in giudizio la talpa” che ha diffuso la bozza della lettera di risposta alla Commissione europea sulla procedura di infrazione.
Annuncio che arriva dopo una analoga smentita da parte del Tesoro, in un clima di panico, incertezza. Per dirla in modo tanto gergale, quanto efficace, di casino mai visto.
E solo in Italia questo giallo avviene sullo sfondo di un contesto drammatico per il paese, in cui si spalancano le porte di una nuova crisi economica: lo spread che vola a 290 punti, i titoli di Stato a cinque anni giudicati dai mercati più rischiosi di quelli della Grecia, l’Istat che, con i suoi dati, seppellisce la retorica dell’anno bellissimo, e Bankitalia che lancia il warning verso l’allegria delle cicale anti-europeiste del paese. Il giallo della lettera diventa metafora di un collasso istituzionale: la crisi, il vuoto nel cuore della direzione politica del paese, un Grande Fratello come prassi, per cui una bozza riservata diventa strumento pubblico di lotta politica a mercati aperti.
E chissà se l’avvocato Conte, nel paventare azioni giudiziarie non abbia già messo le mani avanti in tal senso, per certificare la sua estraneità di fronte a una eventuale indagine.
I fatti: nel pomeriggio escono delle anticipazioni della lettera del Mef, che prevede la riduzione della spesa sulle “nuove misure di Welfare”, il che significa reddito di cittadinanza e quota cento.
A stretto giro, pochi minuti dopo le anticipazioni, Di Maio dice di non saperne nulla e invoca un vertice di maggioranza. Poi piovono smentite categoriche dallo stesso Mef in cui si dice che la lettera non corrisponde al vero, mentre gli organi di informazione, tra cui l’HuffPost, la pubblicano.
Di Maio contro Tria, Tria contro Di Maio, l’avvocato del popolo che non riesce a difendere e tutelare la necessaria riservatezza istituzionale. Ci sarebbero già sufficienti elementi per giustificare, a poche ore dal termine per l’invio della questa lettera, una convocazione del premier “a sua insaputa” al Quirinale tanto per capire se c’è ancora un governo in grado di garantire una operatività o se non sia il caso di rendere formale una crisi di fatto, di un governo paralizzato da settimane e imploso nel dopo-voto.
Nemmeno oggi si è potuto tenere il Consiglio dei ministri e, con buone probabilità , la prima data utile è venerdì prossimo, quando Salvini avrà terminato i suoi comizi per il ballottaggio, Di Maio si sarà schiarito le idee sulla “strategia” per questa nuova fase e Conte sarà rientrato dal suo viaggio all’estero in Vietnam.
Nel frattempo, il Tesoro è diventato una sorta di Saigon, il luogo della battaglia finale tra la Lega e i Cinque Stelle, combattuta oggi con la guerriglia sulle bozze.
Perchè la dinamica questo racconta, come ha ben capito Conte, il quale ha ricevuto da Tria la lettera attorno a ora di pranzo, quando il ministro del Tesoro si è recato a palazzo Chigi, per un confronto riservato sui contenuti di quella versione del documento.
E poi, con grande stupore, ha appreso della sua diffusione mentre era fuori da palazzo Chigi. È chiaro come a quel punto Conte abbia cercato di contenere il danno: dopo un affannoso contatto telefonico con Tria, sono state concordate due smentite, pressochè in contemporanea, in cui si rendeva noto che solo di bozza si trattava, e non di un testo definitivo.
Fonti degne di questo nome raccontano che l’elegante avvocato era letteralmente furioso, al punto da tradire nel tono di voce e nel gergo il suo tradizionale aplomb, e non c’è da dubitarne, perchè questa vicenda squarcia il velo di ipocrisia sulla sue capacità decisionali, artatamente costruito dai suoi abili comunicatori, rivelando l’essenza della sua figura di premier unfit to lead, incapace di assicurare la direzione politica, come la riservatezza di un documento evidentemente passato ai media da esponenti del suo partito con l’obiettivo malcelato di dimostrare che ormai Tria, oggetto di un malessere mal sopito sin dal tempo del dossieraggio a mezzo stampa sui suoi collaboratori, è un “ministro della Lega”.
Sordo rispetto alle esigenze di collegialità , politicamente schierato, troppo autonomo rispetto alle richieste del fu partito di maggioranza relativa, diventato, dopo il voto di domenica, di minoranza relativa.
Nella caccia alla “talpa” c’è tutta la consapevolezza di una situazione sfuggita di mano, proprio all’interno dei Cinque Stelle.
Sono sufficienti le domande, per ora senza risposte, a leggere il collasso politico-istituzionale, dal punto di vista pentastellato. Ad esempio: Di Maio, che ha dichiarato quasi in tempo reale rispetto alla pubblicazione della bozza, sapeva che sarebbe uscita? La dichiarazione di Conte, di irritazione istituzionale e di preoccupazione per i mercati aperti, e quella di Di Maio che a mercati aperti ha colto l’occasione per una polemica con l’avversario leghista suggeriscono due approcci diversi in termini di opportunità politica. Radicalmente diversi.
E se appare difficile che qualcuno abbia potuto prendere la lettera dalla scrivania del premier, nell’ora del sospetto è chiaro che la caccia alla talpa si indirizzi verso esponenti del Mef che orbitano attorno ai Cinque Stelle.
Nè fuga i dubbi la dichiarazione in cui il viceministro Laura Castelli ammette di aver letto la lettera comparsa su siti e agenzie nel pomeriggio.
Al netto della risoluzione del giallo, il dato è che il governo non c’è più, incapace non solo di decidere, ma anche solo di riunirsi, e non da oggi.
C’è l’amaro sapore dell’inconsistenza politica nella scena del “cacciatore di talpe” che, in una giornata come questa non ha forza di convocare a palazzo Chigi un vertice di governo anche per rendere plastico, agli occhi dei partner internazionali, che esiste ancora.
Lunedì, così fanno sapere a palazzo Chigi, Conte parlerà alla nazione, probabilmente in conferenza stampa, ma in agenda al momento non c’è nessun “chiarimento” con Salvini e Di Maio.
Ed esattamente un anno dopo il giuramento del governo del cambiamento, resta solo un collasso politicoe l’immagine di palazzo Chigi come del luogo del vuoto, sia pur con una elegante pochette nel taschino.
(da “Huffingtonpost)
Leave a Reply