IN CONSIGLIO DEI MINISTRI ARRIVA IL TESTO CHE PREVEDE PER GLI ASPIRANTI TOGHE L’INTRODUZIONE DEI TEST PSICO-ATTITUDINALI PER VALUTARE IL LORO “EQUILIBRIO MENTALE”
MA UNA PERIZIA PSICHIATRICA AI POLITICI MAI?
Potranno anche eccellere in tutte le branche del diritto. Citare a memoria codici e codicilli, senza batter ciglio. Per vestire la toga però, d’ora in poi, gli aspiranti magistrati italiani dovranno passare un esame in più. Un test psicoattitudinale, per esser certi di affidare Corti e tribunali a giudici mentalmente stabili.
Il governo è pronto a certificare una svolta che già agita il mondo delle toghe italiane, con il Consiglio superiore della magistratura (Csm) che chiede un dibattito d’urgenza sui test e l’Associazione nazionale magistrati sul piede di guerra. Intanto però il dado è tratto: il Guardasigilli Carlo Nordio porterà questo pomeriggio il testo in Cdm.
La norma è stata inserita nel Ddl di attuazione della legge Cartabia sulla riforma del “fascicolo” dei magistrati: le “pagelle” del Csm che ogni quattro anni decidono se un giudice può essere promosso oppure no, sulla base della sua efficienza, la qualità e la velocità dei processi seguiti.
Ebbene, il testo nuovo – frutto di una lunga mediazione tra Nordio, il sottosegretario Alfredo Mantovano e il resto della maggioranza – introduce una “terza prova” per chi farà il concorso per la magistratura.
«Terminate le prove orali», si legge nella bozza, i candidati saranno sottoposti «alla verifica della idoneità psicoattitudinale allo svolgimento delle funzioni giudiziarie» da parte di «esperti qualificati». Chi non passa il test dovrà rifare l’esame da capo, chiarisce il testo atteso in Cdm.
Anche se nel disegno di legge pronto al via è stata inserita un’altra norma per ammorbidire: sarà aumentato da tre a quattro il numero massimo di concorsi «il cui esito negativo impedisce la partecipazione ai successivi bandi».
La riforma è un vecchio pallino di Silvio Berlusconi, che provò a farla passare al suo terzo giro a Palazzo Chigi, senza riuscirvi per i tanti veti. Dopo un primo blitz a fine novembre Nordio aveva cercato di prendere tempo, evitare uno scontro frontale con la magistratura su un tema da sempre scivoloso per la categoria.
Alla fine però ha prevalso la linea oltranzista di Forza Italia e della Lega, rappresentata dalla presidente della Commissione giustizia al Senato Giulia Bongiorno. E ora lo sprint del governo agita le acque del mondo giudiziario.
«Cosa sono questi test, a cosa servano, non ce lo ha spiegato nessuno – attacca il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia – così diventa un proclama contro i magistrati, per far pensare che hanno bisogno di essere controllati dal punto di vista psichico o psichiatrico».
Mentre il Csm – ha fatto sapere ieri una nota congiunta di tutti i membri togati – aprirà una pratica d’urgenza sugli esami psichici e fa trapelare seri dubbi sulla svolta in Cdm: «In quest’ambito il controllo sull’equilibrio dei singoli si dispiega in un contesto di salvaguardia dell’indipendenza della magistratura».
Nordio, si diceva, ha provato a mediare. Ad esempio insistendo sulla previsione di un coordinamento stretto tra ministro e Csm per decidere, così dice il testo, sia «le linee di indirizzo» sia le «procedure per i relativi accertamenti». O ancora promuovendo un esame una-tantum, a inizio carriera, e non “periodico” come pure chiedeva una parte della maggioranza.
Quanto ai test, ai dettagli penseranno i decreti delegati. Probabile che si ricorra al modello Minnesota già in uso per tanti concorsi nella PA: due ore di prova, 567 quesiti a crocette per rivelare eventuali patologie psichiche dei candidati. Si vedrà. A Palazzo Chigi invitano alla cautela, almeno su tempi, modalità ed esperti da incaricare. Come cauta del resto è la seconda metà della riforma della giustizia pronta al via libera definitivo in Cdm.
Oltre alle “pagelle” sui giudici ogni quattro anni, la maggioranza ha bollinato il disegno di legge che introduce una stretta sui magistrati fuori ruolo. Cioè i giudici che servono temporaneamente lontano dai tribunali, come funzionari, dirigenti della Pa, capi di gabinetto di ministri. Le regole cambiano: niente incarichi extra per chi veste la toga da meno di dieci anni, e in ogni caso non per più di sette anni consecutivi.
Sul taglio dei fuori ruolo però il governo frena. Dovevano passare dai 200 attuali a 180. Peccato che ovunque siano piovute richieste di magistrati di collegamento “in prestito”.
(da il Messaggero)
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