IN VISTA DEL CONCLAVE SI INIZIA A VALUTARE IL PESO ELETTORALE DEI “PAPABILI”. IL CARDINALE ZUPPI, SPINTO DAL “PARTITO” DI SANT’EGIDIO, AVREBBE UN PACCHETTO DI 25-30 VOTI DI PARTENZA. IL SEGRETARIO DI STATO PIETRO PAROLIN DISPORREBBE DEL GRADIMENTO DI 15-20 CARDINALI. LA PORPORA FRANCESE JEAN-MARC AVELINE, 66ENNE PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, PUÒ CONTARE SU UN BOTTINO DI 25 VOTI. IL CARDINALE FILIPPINO LUIS ANTONIO TAGLE HA I 20 VOTI DELLE EMINENZE ASIATICHE
VOTERANNO 133 CARDINALI, SERVONO 92 PREFERENZE DILAGANO VOCI MALEVOLE SUI PROBLEMI DI SALUTE DEI NOMI PIÙ IN VISTA
Rumors dal pre-Conclave. Si inizia a valutare il peso elettorale dei “papabili”. Il cardinale Matteo Zuppi, spinto dal “partito” di Sant’Egidio, molto ben radicato
nel mondo, avrebbe un pacchetto di 25-30 voti di partenza. Il segretario di Stato Pietro Parolin, in ragione della sua vicinanza a papa Francesco, disporrebbe del gradimento di 15-20 cardinali. La porpora francese Jean-Marc Aveline, 66enne arcivescovo di Marsiglia e presidente della Conferenza Episcopale francese, può contare su un bottino di 25 voti. Il cardinale filippino Luis Antonio Tagle ha nella sua faretra i 20 voti delle eminenze asiatiche.
Alla vigilia dell’elezione pontificia la Chiesa appare quanto mai spaccata tra progressisti e conservatori. Francesco ha nominato cardinali dagli angoli più remoti del pianeta. Il gruppo non è né unanime né compatto.
Cinquantanove provengono dall’Europa (19 dall’Italia), 37 dalle Americhe (16 dal Nord, quattro dal Centro, 17 dal Sud), 20 dall’Asia, 16 dall’Africa, 3 dall’Oceania. Sta per aprirsi un conclave senza reali papabili ma con, almeno, tre “kingmaker”: l’italiano Matteo Maria Zuppi, lo statunitense Timothy Dolan, il filippino Luis Antonio Tagle.
Il primo, abile negoziatore e presidente Cei, ha intrecciato contatti ovunque in
decenni di dialogo per Sant’Egidio e la Santa Sede in scenari di guerra. Può orientare consensi in continuità con Jorge Mario Bergoglio, a favore dell’immigrazione e di un maggior ruolo della donna nella Chiesa.
Invece l’influente arcivescovo di New York, promotore degli ingenti flussi di offerte indirizzati a Roma dai cattolici Usa, è in grado di convogliare le preferenze dell’ala più conservatrice, contraria alle aperture dottrinarie su benedizione delle coppie gay, ruolo delle donne nella Chiesa, riammissione dei divorziati ai sacramenti.
C’è poi il “papa rosso”, come l’antica saggezza romana ha ribattezzato il capo di Propaganda Fide perché veste di rosso come un cardinale ma è potente quanto un papa. Antonio Luis Tagle, ministro vaticano delle missioni, è il referente degli episcopati del sud del mondo ed è un “kingmaker” mediano tra Zuppi e Dolan. Un uomo di Curia, ma che rappresenta il continente asiatico, speranza della Chiesa per boom di vocazioni e partecipazione religiosa.
Sebbene sia considerato un innovatore, ha duramente criticato una proposta di legge sulla salute riproduttiva nelle Filippine e si è espresso con forza contro l’aborto e l’eutanasia, sostenendo che ci sono situazioni in cui i principi morali universali non si applicano, come la comunione per le coppie che convivono senza un matrimonio sacramentale e questioni legate all’omosessualità.
Sullo sfondo correnti contrapposte in un clima da tragedia shakespeariana: nessuno sente soffiare il vento propizio per succedere a un personaggio gigantesco, carismatico e irregolare come Francesco. «Più facile raccogliere voti per altri che esporsi per se stessi», chiosa un diplomatico di lungo corso. Salire al Soglio è un compito da far tremare le vene ai polsi per le questioni lasciate a metà dal Pontefice defunto mentre sulle finanze vaticane grava l’Obolo di San Pietro (cioè la carità al Papa) che langue.
Intanto, tra grandi manovre in pieno svolgimento, dilagano voci malevole e strumentali sui problemi di salute dei nomi più in vista del sacro collegio.
Come già in passato, si attribuiscono l’uso di psicofarmaci e patologie croniche per bruciare ipotesi di successione.
Il pre-conclave si svolge in cene riservate, riunioni discreti a margine delle congregazioni generali nelle quali i cardinali discutono ufficialmente più di temi che di nomi. Ma poi le idee devono camminare sulle gambe delle persone e perciò si lavora a identikit di candidati credibili, potenzialmente in grado di mettere a terra i programmi in discussione ora nei sacri palazzi. La scelta è tra ricalcare i passi del Papa scomparso lunedì o intraprendere una strada diversa.
Oggi servono 92 voti per diventare Pontefice: difficile che un outsider possa coagulare un numero così alto di preferenze.
I signori del Conclave porteranno voti a conservatori come l’ungherese Peter Erdo o il congolese Fridolin Ambongo Besungu oppure a progressisti come il francese Jean-Marc Aveline o il prefetto delle Chiese Orientali, Claudio Gugerotti. Nessun capocordata, però, ha la forza per far prevalere da solo il beneficiario del suo pacchetto di voti, quindi il nuovo Papa uscirà necessariamente da un compromesso o sarà una designazione di garanzia come il segretario di Stato Pietro Parolin
Nel frattempo i cardinali cominciano a conoscersi meglio in vista dell’extra omnes. Ieri la prima congregazione: un’ora e mezzo per i dettagli organizzativi e per il giuramento di riservatezza. Oggi i principi della Chiesa torneranno a riunirsi , ma per entrare nel vivo del confronto ci vorrà qualche giorno: almeno il tempo per fare arrivare a Roma tutti i porporati elettori (cioè under 80) .
(da Dagoreport)
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