INCUBO 5%, I CENTRISTI RAGIONANO SU PARISI COME LEADER FEDERATORE
DA TOSI AD ALFANO, DA CASINI A FITTO. PROVE DI AGGREGAZIONE
Angelino Alfano sta vivendo lo stesso incubo che hanno vissuto prima di lui tutti coloro che hanno rotto con Berlusconi e si sono poi trovati senza una casa politica, una coalizione, un alleato.
Aveva immaginato un percorso a fianco di Renzi, anche dopo le elezioni, e invece ora si considera tradito da un «avventuriero» che porterà l’Italia al voto proprio mentre si deve approvare la legge di stabilità . Con la conseguenza di esporre il Paese alla speculazione, all’instabilità finanziaria.
Il ministro degli Esteri mette in guardia dall’«impazienza» di Renzi che ci costerà miliardi. «Perchè tutta questa fretta di tornare a Palazzo Chigi? Il Pd è già a Palazzo Chigi. Allora, è solo una questione di persona? Il segretario del Pd non si fida di Gentiloni?».
Sono le domande che pone il leader di Alternativa popolare che ha una montagna davanti da scalare: la soglia del 5% prevista dall’accordo sulla legge elettorale.
È uno sbarramento che potrebbe cancellare l’esperienza centrista nata con la scissione dal Pdl berlusconiano.
Alfano non ammette che il problema sia questo. «Non abbiamo posto una questione di soglia perchè ci uniremo ad altri e supereremo il 5%. Ci sono tante altre forze politiche e persone della società civile che ci hanno dato la disponibilità ad aggregare una coalizione, un raggruppamento liberal-popolare che supererà la soglia».
Più facile dirlo che farlo insieme a Casini, l’Udc di Cesa, l’ex leghista e sindaco di Verona Tosi, i Moderati di Portas, i Conservatori di Fitto.
Ieri Alfano ha riunito il vertice di Alternativa popolare e ha detto che in questa operazione di aggregazione bisogna coinvolgere anche Stefano Parisi e la sua Energie per l’Italia.
È stata presa in considerazione l’ipotesi che sia lo stesso Parisi il front man della scalata al 5%. Un’ipotesi di leadership che non ha riscaldato gli animi, che implica un passo indietro di Alfano. E l’ex ministro dell’Interno questo passo indietro è disposto a farlo pur di non morire per mano di Matteo, il «serial killer».
Parisi, è stato detto, non scalda i cuori, ma è utile perchè parla con il mondo della confindustria e dell’imprenditoria, è una figura nuova della politica.
L’ex candidato a sindaco di Milano non è interessato al «collage di cespugli». Chiede di inventare «una cosa nuova, liberale e popolare, credibile e aperta alla società civile».
Vorrebbe che gli altri aderissero alla sua costituente Energie per l’Italia con una chiara prospettiva: mai con Renzi.
Ecco, ora l’avversione a Renzi convince Alfano: lo considerano il nemico assoluto, da distinguere da Gentiloni. Non sarà Ap a staccare la spina al governo. Dovrà essere il segretario del Pd a metterci la faccia, a provocare la crisi che porta alle urne, ad assumersi la responsabilità del «conto salato che Renzi rischia di far pagare all’Italia». Non sarà però questo ventilato rischio che potrà fermare il segretario del Pd e l’accordo sulla legge elettorale.
Per Alfano e gli amici orfani di Renzi e Berlusconi la montagna del 5% rimane lì. Basterà mettersi insieme e incoronare Parisi?
Nella riunione di ieri i centristi si sono guardati negli occhi e hanno detto di no. Hanno aggiunto che ci vorrebbe Carlo Calenda: porterebbe quei due tre punti per raggiungere il 5%.
Ma il ministro per lo Sviluppo economico ha detto di no ad Alfano. Lo ha detto pure a Renzi, che gli ha proposto di candidarsi nel Pd. Precisando che non si renderà disponibile nemmeno a guidare aggregazioni di centro.
(da “La Stampa”)
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