INTERVISTA A BERLUSCONI: “IO NON SONO LA DESTRA POPULISTA, SONO UN CENTRO LIBERALE E POPOLARE CHE RAPPRESENTA LE MIGLIORI TRADIZIONI POLITICHE DELL’ITALIA”
“NON CREDO CHE AGLI ITALIANI INTERESSI CONOSCERE IL LEADER DEL CENTRODESTRA: E’ INGENUO CHI PENSA DI CRESCERE POLITICAMENTE ESASPERANDO I TONI”
Presidente Berlusconi, il suo amico George W. Bush ha fatto sapere di aver votato scheda bianca alle Presidenziali. Come giudica questa sua scelta
«Capisco e rispetto le sue ragioni. Ma, conoscendolo, credo che – se servirà e gli sarà richiesto – si metterà ugualmente, con la generosità che gli è propria, a disposizione del suo Paese e del nuovo presidente».
Avrebbe votato come lui?
«Non mi sono pronunciato prima, non intendo farlo ora. E penso che Renzi abbia compiuto un grave errore a schierarsi apertamente a favore di un candidato. Al quale, peraltro, non ha portato fortuna».
La destra impersonata da Trump – che rivendica in economia una linea protezionista – è la stessa destra di cui lei da oltre venti anni si fa interprete in Italia?
«Intanto una questione terminologica, che non è affatto secondaria: io non interpreto “la destra”, rappresento un centro liberale e popolare, nel quale sono confluite le migliori tradizioni politiche del nostro Paese: da quella cattolica a quella del socialismo riformatore, da quella del liberalismo a quella della destra democratica e responsabile. Per quanto valgono queste definizioni politiche, e credo valgano sempre meno, il mio ruolo è stato e continuerà ad essere questo. Quanto alla linea economica di Trump, ci sono molte analogie ed alcune differenze fra il programma presentato dal presidente degli Stati Uniti e il nostro: è apprezzabile la politica fiscale annunciata, così come l’accento posto sul controllo dell’immigrazione e sulla legalità . Non sono invece condivisibili le scelte protezionistiche e le tentazioni isolazionistiche che ha espresso. Però la politica mi ha insegnato che i leader non si giudicano sui programmi, si giudicano sui comportamenti. Lo vedremo all’opera».
I rintocchi di un «tempo nuovo» si erano avvertiti in Europa, soprattutto con la Brexit: pensa continueranno a sentirsi?
«Sì. E questo può essere un bene o un male, a seconda della capacità delle classi dirigenti europee di cogliere il fenomeno e trarne le conseguenze, oppure di chiudersi in se stesse. La risposta può essere una nuova offerta politica liberale, contro lo statalismo, contro l’oppressione burocratica, contro l’oppressione fiscale. O può essere il populismo deteriore, che non dà soluzioni ma si limita a sfruttare le angosce per un disegno di potere. Siamo a un bivio che può portare a una nuova e più alta stagione della democrazia, oppure a un periodo molto buio, dalle conseguenze imprevedibili».
Sul referendum, in queste ore, si confrontano due scuole di pensiero: c’è chi sostiene che il voto americano alimenterà il fronte del No e chi ritiene che darà una spinta al fronte del Sì. Qual è la sua opinione?
«Gli elettori non si fanno influenzare da avvenimenti esterni nè da prese di posizioni di Stati esteri o dei cosiddetti poteri forti.
Nel frattempo Salvini usa l’effetto Trump per affermare il suo primato nel centrodestra, e chiama a raccolta pezzi di Forza Italia che sembrano aderire al suo progetto
«Non penso che Salvini creda davvero che oggi il problema che interessa gli italiani, o anche solo i nostri elettori, sia il nome del leader. Prima bisognerà verificare e capire tante cose: come andrà il referendum e con quale legge elettorale si andrà a votare. È ingenuo immaginare di crescere politicamente soltanto esasperando i toni o alimentando le polemiche. Dopo il referendum, con la vittoria del No, ci dovremo porre un solo problema: quello di far andare al più presto il Paese alle urne, con un sistema elettorale condiviso che possa funzionare davvero».
Se vincesse il No e Renzi dovesse dimettersi, sarebbe necessario un esecutivo per modificare la legge elettorale. Quale tipo di governo eventualmente chiedereste al capo dello Stato durante le consultazioni? E Forza Italia sosterrebbe questo gabinetto, magari anche solo con un appoggio esterno?
«Ora pensiamo a far vincere il No al referendum per il bene dell’Italia e degli italiani. Sarà poi il presidente della Repubblica a decidere la formula di governo più adeguata. E noi ci regoleremo di conseguenza, mettendo in campo – ancora una volta – il nostro senso dello Stato e il nostro senso di responsabilità ».
Sulla legge elettorale, lei chiede di accantonare il doppio turno dell’Italicum e di varare un sistema proporzionale a turno unico, rafforzato con un premio di maggioranza. Ma in Italia ormai ci sono tre poli, dunque sarebbe altissima la probabilità – dopo il voto – che nessuno arrivi a ottenere la maggioranza dei seggi. In quel caso, forze di due poli diversi dovrebbero allearsi in Parlamento: in quel contesto, sarebbe pronto a collaborare per garantire un governo al Paese?
«Chiedo una legge elettorale proporzionale a turno unico per una ragione che mi pare evidente: la realtà politica italiana è cambiata. Un tempo esistevano due poli, ora ne esistono tre. Vent’anni fa votava l’80% degli italiani, e allora un sistema maggioritario aiutava il polo vincitore ad avere numeri sicuri per governare. Ma il vincitore rappresentava la maggioranza degli elettori, o ci andava molto vicino. Oggi invece ognuno dei tre poli rappresenta circa un terzo dei votanti. E i votanti sono la metà degli aventi diritto al voto. Quindi un sistema come l’Italicum – nel quale chi vince piglia tutto – avrebbe come effetto che un partito o uno schieramento con il 15-20% del consenso effettivo potrebbe tenere in mano tutte le leve di governo del Paese. Questo è il vero problema della legge elettorale. Noi dobbiamo tornate ad essere una vera democrazia. E, lo ripeto, ci è necessaria – al di là delle tecnicalità – una legge che, impedendo finalmente ogni possibilità di brogli, garantisca la corrispondenza fra la maggioranza in Parlamento e la vera maggioranza degli italiani. In questo caso, noi ci candideremo a vincere. Saranno altri a doversi porre il problema di collaborare con noi».
(da “il Corriere della Sera”)
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