INTERVISTA A ELSA FORNERO: “PERCHE’ AGLI OCCHI DEL’EUROPA SIAMO INAFFIDABILI”
“ABBIAMO UN RECORD DI RIFORME APPROVATE E POI SMONTATE E ABBANDONATE”… “SU QUOTA 100 CONTE RICONOSCA L’ERRORE”… “NELLE PIEGHE DELLA SPESA PUBBLICA TROPPE FURBIZIE DEGLI ITALIANI”
Professoressa, sono ore decisive per il Recovery Fund ma anche per l’Europa. Uno strascico c’è già , a prescindere dall’esito: i Paesi frugali, Olanda in testa, non si fidano dell’Italia. Hanno torto?
Gli olandesi hanno detto all’Italia quello che anche la Germania e la Francia avrebbero comunque detto in maniera più soft, meno brutale, al momento della distribuzione delle risorse, e cioè che l’Italia deve utilizzare queste risorse per riavviare la crescita. Purtroppo provvedimenti come quota 100 hanno dimostrato che l’Italia non è troppo coerente nell’affrontare il tema delle riforme.
In Italia sta montando il dibattito sulla posizione tenuta da Conte in Europa: alle spalle anni di riforme incompiute e allo stesso tempo l’impuntatura sull’avere più soldi senza che gli altri ci possano dire come spenderli. Lei crede che la crisi siamo noi?
Io mi metto tra coloro che credono che le riforme non si fanno per compiacere altri ma per necessità del nostro Paese (e questo per rispondere ad alcuni ministri di questo Governo che indicavano come “servi” della Germania ministri di altri governi impegnati nel difficile compito di realizzare riforme). Con gli alleati si parla, si discute, non si vantano primati che non si hanno. Nessuno è perfetto e ovviamente neanche i governanti stranieri lo sono ma noi andiamo dicendo all’Europa che ce la possiamo fare da soli e allo stesso tempo chiediamo ingenti risorse, come credito o come aiuti, e senza alcuna condizionalità . Non è perciò stupefacente se qualcuno dice che il nostro grado di affidabilità nel fare le riforme va messo in discussione. Abbiamo un record di riforme approvate ma rinviate al futuro, parzialmente smontate, abbandonate.
Perchè deteniamo questo record?
Nel Paese è diffusa un’idea sbagliata di riforme, come provvedimenti normativi che quasi come una bacchetta magica risolvono i problemi del Paese. E che richiedono sacrifici, almeno nell’immediato. Quindi facciamo le riforme presentandole in maniera distorta, pensando che non saranno veramente realizzate o che altri le cambieranno alla prima occasione. Negli altri Paesi, ma soprattutto in Germania, tutto ciò non accade. Negli ultimi venticinque anni abbiamo fatto importanti riforme del mercato lavoro, delle pensioni, della pubblica amministrazione e della scuola, ma i risultati deludenti sono sotto gli occhi di tutti. Sono state in larga misura inefficaci e mal tollerate. All’Europa ora interessa che l’Italia, un Paese fondatore, intraprenda questo percorso più seriamente di quanto ha fatto fino ad ora.
Secondo lei, però, uno dei precedenti più recenti – quota 100 – non è stato un bel biglietto da visita. Perchè?
Per l’appunto: l’Europa ha visto quota 100 come controriforma, come un rifiuto di quelle riforme – tra le quali quella che porta il mio nome – che andava incontro a esigenze indotte dall’invecchiamento, da un lato, e dalla generosità eccessiva nelle formule pensionistiche, dall’altro. Dico “generosità eccessiva” non in assoluto ma rispetto ai contributi versati e alle possibilità del Paese. È stato un passo indietro non motivato da ragioni reali bensì da motivazioni di consenso elettorale.
Guardiamo avanti. I soldi arriveranno, ma dobbiamo fare le riforme. Manterremo la promessa?
Di fronte a noi vedo un sentiero molto stretto che possiamo percorrere solo se gli italiani saranno consapevoli del valore sociale delle riforme. Quelle a costo zero sono inesistenti o quasi. Le riforme economiche implicano sempre, in maniera più o meno diffusa, dei sacrifici oggi per avere benefici domani. In questo senso, si tratta di investimenti sociali. Coloro che sostengono, soprattutto in politica, che le riforme hanno benefici immediati e generalizzati mentono sapendo di mentire.
Di che sacrifici parla?
Lavorare di più, più a lungo, è un sacrificio. Lo si è presentato come una sottrazione di opportunità di lavoro ai giovani, ma questo solo per la nostra incapacità di fare del mercato del lavoro un’istituzione inclusiva. I Paesi che hanno il più alto di occupazione della popolazione anziana, tra i 60 e i 70 anni, sono i Paesi anche che hanno anche il più alto tasso di occupazione giovanile. Non è impossibile realizzare un mercato del lavoro inclusivo ma occorre cambiare priorità .
Quindi niente staffetta generazionale?
La sostituzione tra lavoratori anziani e giovani avviene, ma mantenere età di pensionamento come se la longevità non fosse aumentata è un errore. Quando l’economia funziona bene, tutte le persone in età da lavoro, donne, giovani e non giovani, hanno un’opportunità . Il paradigma “esci tu ed entro io” è sbagliato.
Torniamo alle riforme. Perchè questa volta dovrebbe andare a finire diversamente rispetto agli ultimi 25 anni?
Non possiamo più rinviare una discontinuità nella concezione delle riforme. Le riforme non sono mai percepite come patrimonio comune per migliorare il Paese ma come qualcosa che ci è imposto, magari a vantaggio di altri. Manca una visione condivisa della necessità di promuovere quei cambiamenti che servono a fronteggiare trasformazioni strutturali che comunque avvengono, e dai quali, con le riforme, noi potremmo trarne benefici, anzichè averne solo costi (penso alla globalizzazione, all’invecchiamento, alla robotizzazione ecc). Ci vuole poi continuità di intenti tra i governi che si alternano per cui il governo successivo tende sempre a cancellare le riforme fatte da quello precedente, facendo intendere che si fa tutto nell’interesse degli italiani, anche quando l’obiettivo è aumentare il proprio consenso elettorale. Noi dobbiamo far sì che siano gli italiani a essere convinti che solo seguendo un percorso di riforme coerenti e condivise possiamo dare una chance alle generazioni future. Altrimenti continueremo il declino degli ultimi vent’anni.
Il problema è il come.
Dobbiamo correggere alcuni difetti strutturali che ci portiamo dietro dagli anni passati. Dobbiamo considerare prioritario il lavoro delle persone, e questo senza dimenticare l’equità e la solidarietà . Questo Governo tende ad accentuare proprio uno di questi difetti dando l’impressione che si possa migliorare il benessere generale attraverso il debito pubblico e i sussidi invece di puntare sulle cose che veramente contano come l’istruzione, la formazione professionale, l’innovazione, la ricerca, le infrastrutture e gli investimenti, che sono alla base del lavoro e del lavoro produttivo. È questo percorso che ci è venuto a mancare e così è aumentato il debito pubblico.
A proposito di debito e della crisi che siamo stati noi stessi a creare con la nostra incapacità di riformare il Paese. Nella pancia del debito c’è una spesa per le pensioni che è tra le più alte in Europa. La riforma delle pensioni attesa a Bruxelles in che direzione deve andare?
Conte deve riconoscere che quota 100 è stato un errore, e ha il dovere di essere trasparente rispetto a quello che sarà dopo il 2021. Fino ad ora il Governo ha solo detto che quota 100 arriverà fino al 2021, cioè a scadenza. Ma poi? Nel Governo c’è un po’ di furbizia come se arrivare alla scadenza di quota 100 permettesse poi al governo di dire: “non possiamo tornare alla riforma Fornero, per lo scalino che si creerebbe nell’età di pensionamento e quindi dobbiamo sostanzialmente mantenerla, anche se in forma attenuata.
In concreto cosa dovrebbe fare il Governo?
Deve presentare il suo piano di riforme e deve dire se mantiene quota 100, come la corregge e cosa ne farà .
Insomma un’operazione verità nei confronti degli italiani. Mi tolga una curiosità . La sua riforma delle pensioni è nata anche per un’esigenza di risparmio. Ma non è che sono gli italiani a essere i veri frugali?
Gli italiani come persone sono frugali per natura, l’attaccamento al risparmio c’è. Quello che non c’è è l’attaccamento a un uso responsabile delle risorse pubbliche. Faccio l’esempio della proprietà della casa, che per gli italiani è molto importante mentre in Germania assai meno. Gli italiani si sentono sicuri quando hanno una casa di proprietà e per questo obiettivo sono disposti a fare sacrifici. Nei confronti delle risorse pubbliche l’atteggiamento è però molto diverso, vorrei dire meno responsabile.
Formiche con i propri soldi, cicale con quelle di tutti?
È evidente che gli italiani non hanno interiorizzato i conti pubblici. Si vede dall’evasione fiscale che non è limitata a pochi ricchi. Pensiamo ad esempio che sia giusto ottenere un sussidio anche quando non se ne ha necessità o quando non si hanno i requisiti. Pensiamo che un po’ di furbizia non faccia male e che non sia peccato. E nelle pieghe della spesa pubblica vi sono anche molte furbizie degli italiani. Anche questo era base della necessità , della quale non si parla più, di realizzare tagli alla spesa pubblica.
In che senso?
Oggi non si parla più di tagliare la spesa improduttiva. È stato giusto aumentare la spesa perchè siamo in emergenza, ma bisognerebbe iniziare a guardare a quali spese ridurre per fare spazio ad altre che servono per la crescita. Non possiamo finanziare tutto a debito. Non sarebbe giusto nei confronti delle generazioni giovani e future alle quale diciamo di essere interessate ma per le quali abbiamo fatto e continuano a fare troppo poco. E’ anche questo il messaggio del nuovo fondo europeo che noi chiamiamo Recovery Fund ma che, saggiamente e non a caso, Ursula von der Leyen ha chiamato Next Generation EU”.
(da “Huffingtonpost”)
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