INTERVISTA A GIUSI NICOLINI: “UN ERRORE ABOLIRE I SOCCORSI IN MARE, SI RISCHIA UN RITORNO AL PASSATO”
LA PAURA DEL SINDACO DI LAMPEDUSA: “A UN’EMERGENZA UMANITARIA NON SI PUO’ RISPONDERE CON IL CONTROLLO DELLE FRONTIERE, OCCORRONO CAMPI PROFUGHI GESTITI DALL’ONU IN LIBIA E SUDAN”
«Non ci accontentiamo dei soldi dell’Europa, è quello che è sempre successo dopo ogni grande tragedia del mare. Con Frontex plus l’Italia porta a casa un risultato politico, ma solo se cambierà nome e soprattutto obiettivi».
A Lampedusa, il sindaco Giusy Nicolini è al lavoro con il Comitato 3 ottobre per preparare la kermesse che, in occasione dell’anniversario del naufragio che diede l’avvio all’operazione Mare nostrum, farà il bilancio su un anno di soccorsi alle 115 mila persone che hanno attraversato il Canale di Sicilia.
Sindaco, cos’è che non va in Frontex plus?
«Frontex plus non potrà mai prendere il posto di Mare nostrum visto che hanno obiettivi del tutto diversi. La prima è un’operazione di controllo delle frontiere, la seconda è di soccorso in mare. E visto che non ci troviamo di fronte ad un’invasione (perchè chi arriva non è armato, sono donne, bambini), ma di fronte ad una grande emergenza umanitaria, è chiaro che Frontex plus dovrà cambiare il suo obiettivo».
I mezzi di soccorso non andranno più a prendere i profughi in acque internazionali.
«È una follia. Con Mare Nostrum ci sono stati 2000 morti nel Mediterraneo, non si è riusciti a fermare i naufragi ma sono state salvate più di 100.000 vite e quasi tutte in acque internazionali. Si rischia un ritorno al passato. E bisogna anche dire che non è possibile che l’adesione a Frontex sia su base volontaria. Il mare è di tutti e non solo quando c’è da tirarne fuori petrolio o pescato. Non si può scegliere se aderire o no. E dico di più: se una nave spagnola soccorre un barcone è giusto che si porti i profughi in Spagna, non è che ce li deve lasciare per forza in Italia».
Ma come fare se l’Europa pone dei paletti così stretti?
«Non bisogna far salire questa gente sui barconi. Offriamo asilo con le nostre ambasciate sull’altra sponda del Canale di Sicilia e se in Libia non è possibile perchè c’è la guerra facciamolo in Sudan. Tutti passano da lì. Facciamo campi profughi gestiti dall’Onu e decidiamo noi come e quando farli venire».
Alessandra Ziniti
(da “La Repubblica“)
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