INTERVISTA A LUCA CASARINI: “GABRIELLI CORAGGIOSO SUL G8 DI GENOVA, ASSURDO CHE LA POLITICA NON COMMENTI”
IL LEADER DEI DISOBBEDIENTI NEL 2001: “IL CAPO DELLA POLIZIA ISTITUISCA I NUMERI IDENTIFICATIVI PER GLI AGENTI”
“Gabrielli è coraggioso. Ma trovo assurdo che sia il capo della polizia a dire che Genova 2001 è stata una catastrofe, che a Bolzaneto ci fu tortura, che al posto di De Gennaro lui si sarebbe dimesso… mentre la politica non commenta neppure, Renzi, Gentiloni non dicono nulla. Come se l’intervista di Gabrielli oggi a Repubblica non esistesse… Però il capo della polizia ora può essere consequenziale alle sue parole: per esempio istituire i numeri identificativi per i poliziotti per via amministrativa…”.
Luca Casarini era il capo dei Disobbedienti a Genova 2001, alla guida del corteo che la mattina del 20 luglio di 16 anni fa uscì dallo stadio Carlini, trovò sulla sua strada una carica in via Tolemaide, si spezzò sull’omicidio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda.
Cosa hai pensato quando hai letto l’intervista del capo della polizia Franco Gabrielli a Repubblica?
Ho pensato che è stato coraggioso e che questa intervista non sarebbe piaciuta nè ai piani alti dei Palazzi, nè ai piani terra della polizia italiana. Gabrielli dice molte cose di verità , mentre alcune le tralascia…
Tipo?
Ad esempio lui dice che a Genova ci fu una sommatoria di errori, come se fossimo in presenza di una scarsa professionalità . Mentre l’origine di Genova e del massacro che ci fu a Napoli a marzo 2001, citato dallo stesso Gabrielli, sta in una volontà politica di stroncare un movimento universale e globale che aveva percorso tutto il mondo e l’occidente e che faceva paura ai potenti. Era un movimento che criticava la globalizzazione, voleva un mondo migliore: i fatti oggi dicono che avevamo ragione. Il punto è che le forze dell’ordine vennero concepite come difesa estrema di un potere contestato e non come garanti dell’ordine pubblico…
Gabrielli dice anche che è stato un errore credere che i Disobbedienti potessero garantire sull’ordine pubblico.
E io dico che il tema è che qualcuno aveva scommesso che noi non riuscissimo a portare avanti le nostre proteste come avevamo deciso e questo qualcuno è chi ha ordinato la carica del tutto ingiustificata in via Tolemaide. Non è un caso che poi sia accaduto l’omicidio di Carlo Giuliani, un fatto per cui non c’è stato processo e questa è una delle storture di Genova che non chiamerei errore ma volontà politica.
Gabrielli però parla anche di problema sistemico.
Che però per me non riguarda la polizia ma la democrazia di questo paese. Prendiamo la magistratura: in questi anni noi abbiamo avuto condanne abnormi a 16 anni di galera tra i manifestanti per aver danneggiato cose, mentre dall’altra parte abbiamo avuto condanne per aver partecipato a torture su persone e nessuno della polizia ha fatto un giorno di carcere. E’ un sistema complessivo che va con una giustizia a due velocità a due intensità .
Però l’intervista di Gabrielli apre una pagina nuova, dà speranza?
Conosco Gabrielli da quando era in servizio a Roma come una persona democratica. Il suo è il tentativo coraggioso di aprire una pagina di verità su un pezzo di storia di questo paese ma dall’altra parte può finire come un’operazione di ‘washing’, per far vedere che la polizia è cambiata. Dipende da lui e dalla politica. Ti pare normale che nessuno dei cosiddetti leader commenti? Ricordo che quando la corte europea dei diritti umani condannò l’Italia per la Diaz, chiesi su twitter cosa avesse da dire l’allora premier Renzi e lui mi rispose promettendo la legge sulla tortura. E’ stata approvata, ma in maniera da risultare inutile per incastrare i torturatori di Bolzaneto. Oggi di torture a Bolzaneto parla Gabrielli e Renzi, nè Gentiloni, dicono nulla. In generale la classe politica dirigente di questo paese non dice nulla dopo che il capo polizia ha fatto delle affermazioni pesantissime. Questo la dice lunga sullo strabismo calcolato che interviene ogni volta che si parla di Genova o dei crimini commessi dalle autorità di polizia, si fa finta di non vedere. Le due pagine di Repubblica di oggi è come se non ci fossero state: una cosa grave che riguarda la dinamica sistemica di cui parla Gabrielli, non riguarda l’intero sistema, ma la politica.
Gabrielli si dice d’accordo sull’istituzione dei numeri identificativi per gli agenti di polizia.
Ecco questo aiuterebbe a combattere quel senso di impunità che impera nelle caserme da Genova in poi, visto che nessuno ha osato agire sui corpi di polizia per fare pulizia. Tutto questo porta a meccanismi tipo Genova anche se in piccolo. E’ successo 48 ore fa, solo per fare un esempio: manifestazione a Padova contro fascisti, carica della polizia, foto e filmati ritraggono dieci agenti che si accaniscono con i manganelli su due ragazze inermi. Ora: quando noi potremo dare nome a questi agenti che picchiano persone indifese inermi e ferme? La ‘logica dei pattuglioni’ di cui parla Gabrielli non è solo un meccanismo di organizzazione ma ideologico. Quando ti picchiano ti dicono comunista di merda, se sei donna ‘puttana’: è questo il nodo. Genova era l’ occasione per una riforma culturale, se si voleva fare, ma non si è voluto. Ora Gabrielli potrebbe istituire i numeri identificativi per via amministrativa, misura non solo giusta e usata negli altri paesi europei, ma toglierebbe il senso di impunità . E sarebbe una sfida al Parlamento italiano che non discute questa legge, perchè ogni volta scatta la lobby del partito della polizia: io non sono del partito dell’anti-polizia ma vorrei essere del partito della democrazia.
I poliziotti condannati a vario titolo per l’irruzione alla Diaz potrebbero tornare in polizia.
Se una persona è impiegata in ufficio pubblico o in banca e ruba non viene reintegrata. È mai possibile che persone armate che hanno il monopolio dell’uso della violenza possano essere reintegrate dopo essere state condannate per un’operazione – la Diaz – condannata dalla corte europea? Gabrielli dovrebbe opporsi anche solo per incompatibilità di ambiente. E’ un fatto simbolico ma darebbe il senso: De Gennaro non solo non si è dimesso ma è stato promosso e ora è a capo di aziende chiave di questo paese. Mi fa sorridere che si discuta dell’impiegato che timbra il cartellino in mutande e ha perso il lavoro per questo e poi quando viene reintegrato un poliziotto condannato per reati gravi ci sia questa indulgenza.
(da “Huffingtonpost”)
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