INTERVISTA A PARISI: “NIENTE MODELLI LEPENISTI, DOBBIAMO RECUPERARE 10 MILIONI DI ELETTORI”
“SERVE UNA CLASSE DIRIGENTE ONESTA E DI QUALITA’, BASTA URLA IN TV, SI TORNI A VOTARE PER QUALCOSA, NON CONTRO QUALCUNO”
«Tocca all’area moderata stabilire la rotta. Tocca ai moderati riconsegnare a quest’area la sua centralità e il suo primato».
L’«Incaricato» non parla mai di «egemonia» ma è chiara la traccia politica e culturale del suo progetto liberal-popolare.
Così Stefano Parisi si intesta l’idea – «un’idea di governo, non un’idea minoritaria» – e assegna a Silvio Berlusconi «l’input di modernizzatore»: «È lui che sta spingendo per il cambiamento, in modo da recuperare almeno una parte di quei dieci milioni di voti persi dal centrodestra».
Per riuscirci, «serve una linea alternativa al centrosinistra e competitiva con i Cinque Stelle. Serve una politica nuova, con una classe dirigente onesta e di qualità che muova dentro processi decisionali trasparenti. Serve un linguaggio di verità sui temi più scottanti per il Paese, fuori dal politicamente corretto di certe èlite che hanno fallito. E serve anche un fair play politico che superi le logiche di delegittimazione tra forze avversarie. Perchè questi atteggiamenti, le urla in tv, hanno indotto i cittadini a disertare le urne. O a votare contro qualcosa e non più per qualcosa».
Prima del fair play con gli avversari, al centrodestra servirebbe un fair play tra alleati.
«Le liti che si sono succedute negli anni, i meccanismi autoreferenziali, l’attardarsi a discutere solo di questioni interne, hanno determinato le sconfitte. Ma appena si dà una speranza, la classe dirigente si mobilita e si mobilita la militanza. Il progetto liberal-popolare – per riconquistare la fiducia della pubblica opinione – punta certo a un dialogo tra le strutture dei partiti esistenti ma punta anche ad andare oltre: per coinvolgere in politica i giovani, il mondo delle imprese e dell’associazionismo, in modo da affrontare dossier complicati».
Immagino sappia che da «incaricato» si sta attirando i sospetti di chi pensa che voglia essere il «candidato» a Palazzo Chigi.
«Non mi preoccupo del mio ruolo, vedremo più avanti quale sarà . Per ora ho assunto questo doppio incarico: Berlusconi mi ha chiesto un progetto per il rilancio di Forza Italia e al contempo lavoro alla costruzione dell’area liberal-popolare. A questo servirà la Convenzione in programma a Milano per settembre».
Pensa di affidarsi agli Stati generali, come ai tempi della giunta Albertini?
«Gli Stati generali promossero un confronto tra istituzioni e partiti. La Convenzione servirà a raccogliere nuovi contributi utili a costruire la piattaforma programmatica liberal-popolare».
Al segretario della Lega, Matteo Salvini, questo presepe già non piace. Dice che se nel vostro programma ci saranno la difesa dell’euro, di Angela Merkel e di Hillary Clinton, dovrete scordarvi dei loro voti.
«Intanto la nostra priorità oggi è stabilire la rotta di governo dei moderati. Prima vengono i moderati. E nel perimetro moderato ovviamente non c’è spazio per modelli lepenisti. Chiarito questo, penso che porre adesso delle pregiudiziali sia un errore e che – se vuole governare il Paese – la Lega debba porsi questo problema».
Complicato adottare il «modello Milano» su base nazionale: un conto è accordarsi per amministrare una città , altra cosa un programma per governare il Paese.
«Il principio è lo stesso. E credo che attraverso il dialogo si possa trovare un’intesa di programma. Se invece si partisse dalla necessità di tenere tutti insieme, per forza, si sbaglierebbe. Sembrerebbe la riedizione dell’Unione di Romano Prodi».
Come andrebbe strutturata la nuova coalizione?
«Molto dipenderà dalla legge elettorale. L’ideale sarebbe un meccanismo federativo, per tenere unite l’anima moderata e quella più radicale, consentendo a tutti una certa autonomia. Non dimentichiamoci che il centrodestra ha subito varie diaspore in questi anni e non sarebbe immaginabile rimettere tutti subito insieme. Da questo punto di vista il “modello Milano” ha funzionato».
Ritiene che Angelino Alfano e Matteo Salvini possano convivere o alla fine verranno elise le parti estreme?
«Siamo in presenza di una grave crisi del Paese dentro una grave crisi mondiale e pensiamo di riportare al voto milioni di elettori attardandoci sulle alchimie politiche? Con le soluzioni di programma si risolveranno i problemi: se ci saranno tutti bene, altrimenti qualcuno deciderà di restare fuori. Anche su questo bisogna cambiare schema, insieme all’impegno di rinnovare in profondità la classe politica».
Sta dicendo che andrebbero superate le attuali forze politiche?
«Non è detto, ma non c’è dubbio che debbano rigenerarsi, darsi nuove forme organizzative, dotarsi di un nuovo personale e di un linguaggio adeguato ai tempi».
E magari servirebbe anche adottare il meccanismo delle primarie per scegliere il candidato premier…
«Non ci sono solo le primarie per evitare che la scelta sia frutto di una nomina. Altri processi democratici potrebbero definire la leadership».
Come va con i dirigenti di Forza Italia?
«L’accoglienza è stata spettacolare».
Lì sanno che ogni incaricato da Berlusconi è stato sempre scaricato da Berlusconi.
«Ma no… Stiamo lavorando a un grande progetto. L’ambizione è di rigenerare la politica italiana».
Non teme che una vittoria del Sì al referendum possa compromettere il suo progetto, visto che si è schierato per il No?
«Andrei avanti comunque, anche perchè sono convinto che la riforma costituzionale varata dal governo genererebbe il caos e sarebbe causa di contenziosi come fu la modifica del Titolo V, anche quella approvata a maggioranza. Per questo, e solo per motivi di merito, auspico la vittoria del No. Ed è stato un errore del premier ridurre tutto a un plebiscito sul suo governo. Bisogna evitare la logica del ricatto. Bisogna evitare di impaurire i cittadini e i mercati. Si deve discutere del merito, come ha sottolineato giustamente il presidente della Repubblica».
Se vincesse il No ha detto che Matteo Renzi dovrebbe comunque restare a Palazzo Chigi.
«Se vincesse il No ho detto che la legislatura dovrebbe continuare per consentire al Parlamento di tornare a legiferare, così da abolire il Senato e consentire – nella prossima legislatura – la nascita di un’Assemblea costituente, cui spetterebbe modificare in modo più compiuto la nostra Carta. L’Italia ha bisogno di un governo più forte, con un presidente del Consiglio più forte. Per fare tutto questo servirebbe un esecutivo chiamato a predisporre un processo Costituente nuovo e bipartisan. Bisognerebbe dare il tempo alle Camere di lavorare fino al 2018, anche per varare una legge elettorale adeguata: perchè la maggioranza di governo deve rispecchiare la maggioranza degli italiani».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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