INTERVISTA A ROSY BINDI: “ATTENTO PD, RISCHIAMO DI APPARIRE CORREI DI BERLUSCONI”
L’EX PRESIDENTE: “L’IDEA DELLA PACIFICAZIONE E’ IRRICEVIBILE”
Il nuovo esecutivo. «Non è il governo del Pd, ma è presieduto dal vicesegretario e questo crea problemi»
Il segretario reggente. «Non deve pensare di avere un futuro, ma solo un compito: la gestione fino al Congresso»
L’avvertimento agli ex Ds. “Non vorrei che qualcuno si convinca che, sfumata questa occasione, occorra rifare un partito di sinistra”
La rottamazione. “Innovare non vuol dire «tutti a casa»: avere imboccato quella strada può provocare dei danni”
Scandisce bene le parole, quasi che il farlo potesse servire a controllare il travaglio – perfino la rabbia che la tormenta: «È l’anniversario dell’assassinio di Aldo Moro, e io non accetto paragoni tra allora e oggi: nel ’76 si affrontò l’emergenza cercando di costruire il futuro, adesso tentiamo – malamente – di chiudere con il passato. È per questo che noi dobbiamo sostenere con lealtà il governo, ma sapendo che non è il governo del Partito democratico; io, personalmente, farò quanto possibile: ma avendo chiaro che il Pd che ho in testa – e non credo di esser la sola è un partito alternativo alla destra. L’idea che è giunto il tempo di una “pacificazione” col berlusconismo, è irricevibile: venti anni di storia non si cancellano così».
Rosy Bindi e la sua inquietudine.
E anche Rosy Bindi e la sua delusione: che la porta – a quattro anni dalla nascita del Pd – ad invocare un segretario pro-tempore «che crei le condizioni per un Congresso vero e, finalmente, per la fondazione del Partito democratico».
Ma anche, in fondo, Rosy Bindi e il suo sgomento: che non è diversa da quella che attraversa il Pd, dalle Alpi alla Sicilia.
Sembra incredibile, ma ad una manciata di ore da un’Assemblea nazionale che potrebbe rivelarsi perfino drammatica, non si sa chi sarà eletto segretario e non si è d’accordo nemmeno sul suo profilo e sul suo mandato.
Tanto che Mario Monti può perfino ironizzare: «Scelta Civica partecipa a un governo che include il Pdl e un Pd a conduzione ignota… ».
Siete davvero messi così male?
«Benissimo non stiamo… ma ho fiducia nell’apertura di una fase congressuale che chiarisca e definisca profilo, ruolo e obiettivi del partito che vogliamo».
Quando farete il Congresso?
«Rispetteremo la scadenza statutaria».
E quando eleggerete il segretario?
«Nell’Assemblea di domani».
Lei ha un nome, un candidato?
«Io ho dei criteri, credo semplici e comprensibili. Il primo: abbiamo bisogno di un segretario al quale non si possa attribuire la responsabilità della situazione nella quale ci troviamo, un uomo o una donna – insomma – che non venga dal gruppo dirigente che ha fatto tanti errori, altrimenti tanto vale chiedere a Bersani di restare fino al Congresso».
Il secondo criterio?
«Vorrei un segretario che non venisse scelto perchè di sinistra o perchè del centro: vorrei, per esser chiari, un segretario semplicemente democratico. E che, uscendo eletto dall’Assemblea, non pensi di avere un futuro quanto – piuttosto – un compito: gestire il partito fino al Congresso con la collegialità ».
Nomi ne circolano tanti, perfino troppi, segno che il Pd è del tutto diviso: lei non teme possibili scissioni?
«Non ho questo timore. Mi preoccupano, piuttosto, tentazioni che potrebbero farci dell’altro male».
Per esempio?
«Stavolta la sconfitta è stata bruciante, tanto che non l’abbiamo ammessa, rifugiandoci in giochi di parole: non vorrei che quanto accaduto faccia rinascere nella componente ex Ds – che non ha mai vinto – la convinzione che, sfumata questa occasione, occorra rifare un partito di sinistra, che si rassegni e si accontenti, magari, di gestire una qualche forma di consociazione»
Altre «tentazioni pericolose»?
«Insistere in una interpretazione sbagliata del cambiamento. Abbiamo ceduto alla tesi che innovare vuol dire” tutti a casa”, “tutti da rottamare”. Non è così, e aver imboccato quella strada può produrre danni. Leggo e sento che la condanna in secondo grado di Berlusconi non può avere ripercussioni sul governo; leggo della necessità di una “pacificazione” che, proposta oggi, somiglia piuttosto ad una chiamata di correità . Si innovi, e avanti i giovani: ma non si può riscrivere la storia così».
Però, avendo deciso di fare un governo con il Pdl, non potete certo attaccare un giorno sì e l’altro pure il leader di quel partito, no?
«Siamo in una fase oltremodo delicata perchè c’è un governo che non è il governo del Pd, ma è presieduto dal suo vicesegretario. Questo crea problemi, inutile negarlo: e a maggior ragione reclama la scelta di un segretario che sostenga il governo, ma tenendo unito il partito e rendendo chiara ai nostri iscritti ed elettori l’eccezionalità della scelta compiuta».
Crede che il Pd possa – o addirittura debba – rinunciare alle primarie per scegliere il suo segretario?
«Possiamo discuterne, ma – per quanto mi riguarda – non sono disposta a rinunciare alle primarie. Con una avvertenza, naturalmente: che anche questa nostra ultima esperienza dimostra che non bastano per andare a Palazzo Chigi. Le primarie sono uno strumento, un metodo di selezione e di partecipazione: ma il problema che abbiamo di fronte oggi, il primo problema, è rivitalizzare il Pd, dargli una missione e riaprire i canali di dialogo con la società ».
Insomma, dopo la sbornia nuovista il ritorno alla politica tradizionale…
«Io non ho la stessa idea di alcuni circa la funzione quasi salvifica dei partiti, che pure sono importanti e vanno riformati: non credo, insomma, che la soluzione sia semplicemente nel ritorno al partito delle tessere e delle sezioni. Ma ora sappiamo che anche le primarie, da sole, non bastano. Quel che occorre è rimettere in piedi e dare un futuro al Pd: un partito, non dovremmo mai dimenticarlo, nato con vocazione maggioritaria e per essere chiaramente e decisamente alternativo alla destra».
Federico Geremicca
(da “La Stampa“)
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