INTERVISTA A STEFANO BONACCINI: “FIDARSI DI RENZI? IO GIUDICO I PROGRAMMI. GIA’ ALLE REGIONALI IN CAMPO IL NUOVO CENTROSINISTRA”
“NOI SIAMO IL BARICENTRO”
Stefano Bonaccini, presidente del Pd: anche Matteo Renzi è favorevole al campo largo.
«Ho apprezzato le parole di Renzi. Come ho ripetuto mille volte, se le opposizioni non voglio regalare il governo del Paese a Meloni per i prossimi dieci anni devono provare a costruire un centrosinistra unito, con una piattaforma progressista e riformista alternativa a quella della destra. Superando i veti e i personalismi del passato».
Era l’obiettivo del Pd…
«Come ha detto Elly Schlein, noi siamo ostinatamente unitari. E questo approccio sta pagando. C’è un governo che sta smantellando la sanità pubblica, che ha dimenticato i lavoratori più fragili, i giovani precari e le donne. Per le imprese non c’è nulla: né una seria politica industriale né per la transizione ecologica. Hanno dissipato le risorse e ora che avremmo ancora bisogno dell’Europa, Giorgia Meloni ha invece scelto di isolare l’Italia, condannandoci all’irrilevanza. Insomma non hanno un progetto per l’Italia. Unire il Pd come stiamo facendo con Schlein si sta rivelando un contributo essenziale anche per unire le opposizioni. Perché noi non siamo autosufficienti, ma non c’è alternativa possibile che non veda nel Pd il baricentro di un nuovo centrosinistra».
C’è da fidarsi di Renzi ?
«I giudizi si danno sui programmi e le idee. Intanto, ripeto, archiviamo personalismi e pregiudiziali. E si riparta dal rispetto e dal confronto, se si vuole essere credibili. Vale per tutti, naturalmente».
Lei crede che sia possibile conciliare Conte, Renzi, Fratoianni, Bonelli… Non rischia di essere un’accozzaglia, per dirla alla Calenda?
«Ho sempre detto che le alleanze vanno fatte sui programmi e non per convenienza elettorale. Pochi punti, chiari, dichiarati agli italiani, sui quali convergere. Non basta essere contro, ma soprattutto alternativi alla destra, per essere compresi e scelti dagli elettori. Quando parliamo di difesa della sanità e della scuola pubbliche, contro cui il governo si sta accanendo; o della transizione ecologica da realizzare con investimenti che non mettano in contrapposizione lavoro e ambiente, a fronte di una destra che oscilla tra negazionismo e disfattismo; quando ci occupiamo di diritti delle persone, a fronte di una destra che si ostina a discriminare. Non sono punti concreti per programma alternativo e migliore? Lo spazio c’è e gli elettori ci chiedono di rimboccarci le maniche».
A proposito di Calenda, alla fine sarà anche lui della partita?
«Farà le sue valutazioni, com’è giusto. Ma andare da solo fino ad oggi non ha pagato. E poi, ricordo a Carlo che a livello locale governiamo insieme in tante realtà, con ottimi risultati. Come in Emilia-Romagna».
Il voto regionale sarà un passaggio decisivo per cementare questa alleanza?
«Ne sono certo. In Emilia-Romagna e in Umbria abbiamo già realizzato un’alleanza molto larga e forte che ci ha permesso di stravincere a giugno, fin dal primo turno, città come Modena, Reggio Emilia e Cesena, e di strappare dopo dieci anni Perugia alla destra. Alle prossime elezioni regionali sperimenteremo il nuovo centrosinistra e sarà la dimostrazione che si può fare e si può vincere tutti insieme. L’alternativa di cui parlo passa proprio da lì».
Non teme che il Pd con l’arrivo dei centristi si sposti troppo a sinistra?
«Guardi, senza offesa, ma saranno 20 anni che sento questa domanda e il suo opposto. Le assicuro che se andiamo a chiedere alle persone se hanno questo timore, tutti ci risponderanno che vogliono un Pd unito, forte, vincente per il bene del Paese. Per tornare a governare attraverso l’unica strada possibile: vincere le elezioni».
Meloni può cadere prima della fine naturale della legislatura?
«Non faccio previsioni ma noi dobbiamo essere pronti. La maggioranza in Parlamento è ampia e il desiderio di occupare posti di potere è il collante più forte di questo centrodestra. Anche le controriforme che stanno tentando su autonomia, premierato e giustizia non sono altro che un patto di potere e di scambio tra i partiti della destra sulla testa del Paese. Ma in realtà sono ormai divisi e in aperta competizione su tutto, come abbiamo visto anche in Europa: giocano gli uni contro gli altri e a rimetterci è l’Italia. Quando si imbocca questa deriva non si va lontano».
Renzi dice che il candidato premier sarà il leader o la leader della coalizione che prenderà più voti, cioè Schlein…
«Prima pensiamo a costruire un’alleanza solida e credibile, che parli a tutti gli italiani. Le scelte successive verranno da sé».
(da Il Corriere della Sera)
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