INTERVISTA AL COSTITUZIONALISTA VILLONE: “IL BOOM DI FIRME AL REFERENDUM? IL SUD FINALMENTE SI RIBELLA, VINCERE NON E’ UN MIRAGGIO”
“LA DESTRA E’ DIVISA E NERVOSA, MOLTI LORO ELETTORI NON VOGLIONO QUESTA RIFORMA”
Professor Massimo Villone, giurista, membro del comitato promotore, cosa ci dice la corsa alla firma per il referendum sull’autonomia differenziata?
“C’è un pezzo di Paese che ha preso consapevolezza dei rischi che si corrono con la riforma. E che vuole dire la sua per impedirlo”.
È una rivolta soprattutto meridionale?
“In buona parte è così. Ed è un pezzo grosso di Paese, perché al Sud vivono 22 milioni di italiani, la loro voce conta”.
Finora erano stati zitti.
“Perché da parte della politica e dei media era stato imposto un silenzio. Ma sono sei anni e mezzo che la questione è sul tavolo, per via dell’accordo stretto dal governo Gentiloni con le Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia”.
Ora però la riforma Calderoli è legge.
“E le quasi 300mila firme raccolte in tre giorni ci dicono che il Sud fiuta un pericolo. Un anno fa raccogliemmo 106mila firme per una legge di iniziativa popolare che riducesse i rischi dell’Autonomia differenziata, ebbene Molise e Abruzzo raccolsero più firme dell’Emilia Romagna: a proposito di Sud”.
Quali pericoli fiuta?
“Il Meridione ha capito che la sua sanità, l’istruzione, i trasporti possono solo peggiorare. Chi vive nel Meridione già oggi ha un’aspettativa di vita inferiore di tre anni rispetto a chi vive nel Nord. E uno studente, per via delle minori infrastrutture e possibilità, è come se facesse un mese in meno di scuola rispetto a un suo compagno settentrionale”.
Tutto questo potrà peggiorare?
“Per forza. Già adesso il Meridione è alle prese con lo spopolamento. Molti giovani qualificati fuggono al Nord, o all’estero. Un collasso demografico che Marco Esposito ha descritto nel libro Vuoto a perdere. Ne so qualcosa anch’io”.
In che senso?
“Ho due figli e quattro nipoti. Un figlio e due nipoti vivono a Chicago. Un terzo nipote è a Francoforte. L’ultimo si è appena laureato in matematica a Napoli e temo che se ne andrà anche lui presto”.
Bersani ha detto che anche il Nord va coinvolto nella battaglia.
“Concordo. L’errore più grande che possiamo correre è quello di innescare un leghismo del Sud. Invece è l’occasione per riscoprire l’unità della Repubblica. Tutti abbiano convenienza a un Paese unito”.
Vede rischi opposti?
“Spirano anche refoli di leghismo meridionale”
L’autonomia differenziata interessa soprattutto al Nord?
“In realtà la riforma fa male al Nord, che invece dovrebbe avere tutto l’interesse ad un Sud più forte economicamente. Infatti Confindustria l’ha capito. E pure la Chiesa”.
Servono tredici milioni di elettori per vincere. Non sono troppi?
“È una grande montagna da scalare. Ma per il referendum di Renzi, il 4 dicembre 2016, non serviva il quorum, a differenza di questo, eppure andò a votare il 65 per cento degli italiani: 33 milioni di votanti. Si mobilitarono in parte contro l’allora premier, ma avevano chiaro il senso della battaglia. E’ un precedente che deva oggi far riflettere”.
Qui la sinistra ha le parole giuste per arrivare al cuore di milioni di cittadini?
“Questo è il punto. Ma da questo inizio sembrerebbe di sì, la gente ha capito la posta in gioco. E questa battaglia va condotta fino in fondo, anche se non si dovesse vincere. Perché se anche si arriverà soltanto vicini alla vittoria la politica capirebbe che la riforma non ha il gradimento degli italiani”.
E a chi è gradita?
“Interessa soprattutto a pezzi del ceto politico. Perché sposta le competenze dal centro alla periferia, che possono fare la fortuna del proprio territorio”.
Non del sistema Paese?
“Le faccio notare che nelle audizioni in Parlamento la grande maggioranza degli esperti auditi – costituzionalisti, sindacalisti, Confindustria, ufficio parlamentare di Bilancio, Bankitalia e Svimez – hanno espresso perplessità o critiche sulla riforma”.
La destra è divisa.
“E nervosa. Molti elettori di destra non la condividono come percepiscono da tempo Tajani, Occhiuto, Musumeci”.
Si possono fare delle battaglie insieme?
“A me è capitato di ritrovarmi allo stesso tavolo con uomini di destra come Landolfi e Laboccetta da cui tutto mi divide ideologicamente. Proviamoci, ne vale la pena”.
(da La Repubblica)
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