KETAMINA E SVASTICHELLE. MUSK È FUORI CONTROLLO: MR TESLA È GIÀ UN PROBLEMA PER TRUMP: È ENTRATO A GAMBA TESA NELLA CAMPAGNA ELETTORALE TEDESCA, DANDO IL SUO ENDORSEMENT ALL’ULTRADESTRA: “SOLTANTO L’AFD PUÒ SALVARE LA GERMANIA”
E HA RILANCIATO UN VIDEO DELL’INFLUENCER NAOMI SEIBT CONTRO I MIGRANTI E LE POLITICHE VERDI
In meno di tre giorni Elon Musk è riuscito a portare il governo degli Stati Uniti a un passo dalla chiusura e a interferire con le imminenti elezioni tedesche. Il tutto senza alzare gli occhi dal suo telefonino. È con un tweet sul social X (di cui è proprietario) che venerdì il miliardario sudafricano ha espresso il suo appoggio per l’Afd, “Alternativa per la Germania”, il partito tedesco di estrema destra fortemente anti immigrazione e con legami con i neonazisti, sostenendo che è il solo che può salvare la Germania
.Il tweet rilanciava un video dell’influencer di estrema destra Naomi Seibt, in cui si commenta il fatto che il candidato cancelliere dell’Unione cristiano democratica tedesca (Cdu), Friedrich Merz, si sia rifiutato di affrontare in un dibattitto televisivo i rappresentanti di AfD prima delle elezioni del 23 febbraio.
E, ancora, dopo l’attentato di Magdeburgo ha attaccato il cancellieri Olaf Scholz: «Si deve dimettere immediatamente». Con un’allusione alle politiche migratorie che avrebbero favorito l’arrivo di potenziali terrorista.
Ormai chiaro che il “copresidente” degli Stati Uniti punta a influenzare le elezioni del prossimo 23 febbraio. Sul fronte interno americano l’impatto del magnate è altrettanto forte. Sempre con i suoi tweet, giovedì ha fatto saltare il disegno di legge che il Congresso americano aveva redatto in forma bipartisan e che avrebbe garantito fondi al governo per funzionare almeno fino a marzo, con l’appoggio sia dei democratici che dei repubblicani.
Se sono test di forza per far vedere quanto sia potente la sua influenza, allora li ha superati, senza contare che è riuscito a dominare il ciclo di notizie per tre giorni consecutivi. Ormai il titolo di uomo più ricco del mondo gli sta stretto.
A capo del Doge – il gruppo che dovrà consigliare il presidente sulle riduzioni da fare all’interno del governo federale – usa il suo social come il presidente argentino Javier Milei usa la motosega: «Tagliare, tagliare, tagliare».
In quelle mille pagine negoziate a fatica sotto la leadership del presidente della Camera Mike Johnson, c’erano quasi 100 miliardi di dollari in aiuti per gli americani colpiti da molteplici disastri nazionali, aiuti economici per gli agricoltori, un impegno federale per ricostruire il Francis Scott Key Bridge di Baltimora, la criminalizzazione del porno usato come arma di vendetta, oltre al finanziamento degli stipendi per i lavoratori federali non essenziali – scienziati, guardie forestali, impiegati dei musei – che, in questo modo, rischiano di subire un blocco degli stipendi.
«Chiudere il governo è infinitamente meglio che approvare un disegno di legge orribile» ha scritto Musk in una dozzina di post. Fino a vere e proprie minacce politiche: «Qualsiasi membro della Camera o del Senato che voti a favore di questa scandalosa proposta di legge sulla spesa merita di essere cacciato via tra due anni!».
Convinti e spaventati dalle sue parole i repubblicani di Capitol Hill hanno fatto saltare l’accordo. Molti democratici hanno iniziato a chiamarlo «presidente ombra» o «co-presidente», un po’ per sottolineare il suo potere, un po’ per stuzzicare l’ego di Trump, il vero Presidente eletto che non si sa quanto fosse a conoscenza dell’iniziativa del padrone di Tesla, salvo poi andargli dietro una volta che si era espresso
E c’è già chi mette in discussione il ruolo del presidente della Camera Johnson, promotore del disegno affossato: la deputata Marjorie Taylor Greene della Georgia e il senatore Rand Paul del Kentucky stanno già pensando di sostituirlo. Con chi? Ma con Musk stesso, ovviamente, dal momento che la Costituzione degli Stati Uniti non obbliga che il presidente della Camera sia un membro del Congresso.
Giovedì l’hashtag #PresidentMusk era argomento di tendenza su X, mentre i deputati democratici si divertivano a postare immagini generate dall’intelligenza artificiale in cui il padrone di Tesla manovrava un Trump burattino. Misura dell’irritazione del presidente eletto è anche il fatto che il miliardario sudafricano – visto come aveva preso piede l’hashtag #PresidentMusk – ha successivamente cercato di minimizzare il suo contributo.
(da La Stampa)
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