LA BASE LEGHISTA IN RIVOLTA CONTRO BOSSI DOPO L’ANNUNCIO CHE SI RICANDIDERA’ ALLA SEGRETERIA: “FACEVA MEGLIO A STARE ZITTO, E’ TUTTO FINITO, HA VINTO BELSITO”
MARONI: “PECCATO PER LE SUE PAROLE”… IN RETE SCOPPIA L’IRA DEI BARBARI TRASOGNANTI
La piccola Pontida di Zanica che doveva sancire la ritrovata unità leghista sembra trasformarsi nella Caporetto politica interna di Umberto Bossi.
L’annuncio del Senatùr della sua ricandidatura alla segreteria della Lega ha spiazzato la base.
La novità è che questa volta il dissenso contro il “Capo” è palese, urlato.
Sulla bacheca Facebook di Maroni i messaggi sono impietosi: «Bossi all ospizio», «Umberto ha rotto le balle», «ditegli che ha stufato», «ne abbiamo tutti le scatole piene di essere ridicolizzati dall’ex condottiero e dalla sua famiglia allargata».
Tra i lumbard volano stracci, ma ora nessuno si prende più la briga di difendere il Senatùr.
Nella notte interviene lo stesso Maroni e lo fa senza nascondere la sua disapprovazione: «Grazie a tutti coloro che sono venuti a Zanica oggi. Peccato solo che la dichiarazione (a sorpresa) di Bossi di volersi candidare alla segreteria federale abbia consentito ai giornalisti di mettere in secondo piano la protesta fiscale contro l’IMU sulla prima casa. Ma la battaglia continua, in tutti i sensi».
Sul palco del “Lega Unita Day” convocato nel paese della Bergamasca, il Senatùr aveva preso la parola per ultimo.
Tuonando contro il governo Monti e dicendo di non voler fare la fine del rivoluzionario irlandese Michael Collins, «ucciso dai suoi ex compagni».
Ma era stato solo più tardi, davanti ai cronisti e al riparo da possibili contestazioni, che un Bossi affaticato aveva lasciato scivolare l’annuncio più importante della giornata.
Si candiderà o no al congresso federale convocato per la fine di giugno?
«Sì, penso di sì. Per forza, per la gente», era stata la risposta del Senatùr. «Altrimenti — aveva aggiunto Bossi – la gente pensa che non siamo uniti. Lo farò se serve a tenere unita la Lega».
Apriti cielo, la maschera è caduta.
Decine di iscritti prendono d’assalto la pagina Facebook di Maroni.
E’ lì che va in scena il parricidio virtuale padano. «Se Bossi si ricandida, la Lega è finita», scrive Paolo. «Bossi ha fondato la Lega e come Sansone vuole farla sparire ammazzando tutti i filistei», accusa Maurizio.
Un militante lancia il suo personalissimo ultimatum ai dirigenti del partito: «O si cambia e si recupera in credibilità o io la faccia non ce la metto più».
«Per quel che mi riguarda — avverte Simona – o Bobo o niente».
Le risponde Fabrizio: «Il niente si è purtroppo ricreduto… Mi sa che si rimangerà le scuse di Bergamo e tutto il resto. Belsito hai vinto tu».
Su Radio Padania va in onda la frustrazione di un popolo diviso.
Arriva una telefonata da Vicenza: «Piuttosto del ritorno di Bossi è meglio chiuderla qui, non ne possiamo più».
In studio Igor Iezzi prova a riportare la discussione sull’iniziativa anti-Imu, con scarsi risultati. Passa qualche chiamata, tocca a Enzo da Monza: «La ricandidatura del Senatùr è negativa, è una forma di trasformismo che non accetto dalla Lega».
Avanti un altro: «Siamo stufi, Bossi non può autoproclamarsi capo a vita. Così non c’è giustizia».
Angela da Bergamo adombra complotti: «La ricandidatura di Bossi è l’ultimo tentativo di Berlusconi di riagganciare la Lega, io ormai non ci credo più».
Sul Web qualcuno esce dal coro e prova a dare la colpa ai «soliti giornalai servi di Roma ladrona».
Ma a vincere è la delusione: «Però potevate dircelo che era tutto uno scherzo».
La parola d’ordine è Maroni segretario. «Se non diamo una svolta seria e credibile per la Lega è finita — scrive Gian Piero -. Lo chiedono la maggior parte dei militanti e i simpatizzanti delusi che aspettano una svolta per tornare a votarci».
Fulvio concede l’onore delle armi, ma nulla di più: «Bossi è stato un grande leader, ma è ora che si faccia da parte. Se sarà candidato unico al congresso io non andrò neanche a votare».
Paolo è dello stesso avviso: «Mi pare arrivato il momento di dire basta. A Bossi voglio bene, ma se non capisce da solo che è arrivato il momento di farsi da parte, bisogna che qualcuno glielo faccia capire».
Gabriele Martini
(da “la Stampa”)
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