LA CASSAZIONE: “BOSSI INDICHI DOVE SONO I SOLDI”
SCANDALO FONDI LEGA, BLOCCATO UN QUINTO DELLA PENSIONE DA PARLAMENTARE EUROPEO E UN QUARTO DI UN IMMOBILE
Nella vicenda della truffa per i 49 milioni di euro, la Corte di Cassazione dà torto anche a Umberto Bossi.
La Suprema Corte, nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato la legittimità del sequestro disposto dai magistrati di Genova nei confronti del fondatore della Lega, afferma che i giudici sono autorizzati ad aggredire i beni dell’imputato per entrare in possesso della somma incriminata, non avendola trovata nelle casse del partito oggi guidato da Matteo Salvini.
Cosa vuol dire, però, nella pratica?
Che resta sotto sequestro un quarto di una proprietà immobiliare in possesso dell’ex leader della Lega (non l’abitazione in cui vive), oltre il quinto della pensione da parlamentare europeo.
Questo perchè, nei precedenti corsi e controricorsi fra l’avvocato del Senatur, Domenico Mariani, e i pm genovesi a caccia dei 49 milioni, Bossi è riuscito a dimostrare come tutti i soldi che volevano aggredire i magistrati vengono esclusivamente dalla indennità e della diaria parlamentari, oltre alla pensione da parlamentare europeo che si può sequestrare, appunto, soltanto per un quinto (anche su questo preciso punto, però, pende l’ennesimo ricorso in Cassazione).
A Bossi, non viene chiesto di versare tutti e 49 milioni, ma 40.
La Corte, però, chiede a Bossi di indicare dove sono finiti i soldi del suo partito. E infatti i giudici romani spiegano come sarebbe, infine, onere dell’imputato indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rinvenuti in disponibilità della Lega Nord ma, secondo il ricorrente, esistenti.
Sul punto, “le affermazioni del ricorrente appaiono, peraltro, allo stato, del tutto prive della benchè minima specificità “.
Umberto Bossi era stato condannato in primo grado a 2 anni e mezzo per il reato di truffa allo Stato relativo a rimborsi elettorali.
Nel caso in cui “l’apprensione diretta delle somme di denaro in disponibilità della Lega Nord non risulti fruttuosa fino a concorrenza dell’indicato importo – spiega ancora la Cassazione – come è accaduto nel caso di specie, è legittimo e anzi doveroso aggredire anche per equivalente i beni personali dell’imputato (fino a concorrenza del medesimo importo, e non oltre, naturalmente) sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva, in ordine ai reati” contestati.
(da agenzie)
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