“LA DESTRA CHE GOVERNA L’ITALIA È SCALCINATA E PERICOLOSA. SI VA VERSO IL TOTALITARISMO DI UNA DEMOCRAZIA SVUOTATA”
GOFFREDO BETTINI PARTE DALLE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO DI MILANO, MARIO DELPINI SULLA “GENTE STANCA PERCHÉ DERUBATA DELL’‘OLTRE’, PER LANCIARE UN MESSAGGIO IN VISTA DELLA COSTRUZIONE DI UNA “ALTERNATIVA” AI MALDESTRI
“La gente non è stanca della vita, perché la vita è un dono di Dio che continua a essere motivo di stupore e di gratitudine. La gente è stanca di una vita senza senso, che è interpretata come un ineluttabile andare verso la morte. È stanca di una previsione di futuro che non lascia speranza. È stanca di una vita appiattita sulla terra, tra le cose ridotte a oggetti, nei rapporti ridotti a esperimenti precari.
È stanca perché è stata derubata dell’‘oltre’ che dà senso al presente, sostanza al desiderio, significato al futuro”. Sono le parole dell’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, in occasione del Discorso alla Città del 6 dicembre, alle quali segue una declinazione dei temi specifici, illuminati da questa ispirazione e prospettiva.
Interessante assonanza con gli ultimi pensieri, prima della morte, di Mario Tronti, il filosofo politico che ho amato di più: […] ci è rimasto un solo modo di stare in questo mondo e in questa vita: starci da stranieri, come in esilio, in attiva attesa di altro”. Di conserva, mi è capitato di scrivere: “Immaginare un ‘oltre’ non come un disegno definito. Piuttosto come un impulso incancellabile e insopprimibile alla libertà. Occorrono profeti […] come testimoni di un possibile altro luogo, in grado di mettere in tensione il presente”.
Sono sprazzi che mettono in discussione gli elementi essenziali della contemporaneità. La velocità massima, l’innovazione permanente per produrre, distribuire, consumare sempre di più. Il vortice malato, che impedisce la peculiarità degli esseri umani: pensare, riflettere, dialogare, ricordare e progettare. La cancellazione dell’“indugio” che allena l’animo a una dimensione non solo materiale, fisica e corporea, piuttosto al mistero che unisce in noi la terra e il cielo. Siamo, così, travolti da un ritmo insensato che ci rende pezzi morti di una macchina che non controlliamo. Ben più del povero Charlot, in Tempi moderni, che subiva tale condizione alla catena di montaggio della fabbrica fordista. No
Qui è tutto il tessuto esistenziale che ci ha conformato a scopi alienati dalla nostra essenza. Sembra che il tema per tutti (a partire dalla politica) sia come adattarsi a tutto ciò. Ecco perché l’invocazione dell’“oltre”, quasi messianica, è un atto in sé di opposizione, resistenza, ricerca di una via nuova
La premessa di ogni autentico cambiamento, qualsiasi dimensione abbia e qualsiasi ambizione persegua. Interrompe l’idea falsa di progresso, che appare sfrecciare nel tempo e nello spazio, ma che in verità è un calpestare la stessa mattonella della storia, in modo nevrotico e regressivo. Una coazione a ripetere che, come dice l’arcivescovo Delpini, appare l’attesa nichilista della morte. “Anzi, direbbe Freud, un attivo istinto di morte”.
Come si può attingere a questi pensieri? Ed è utile farlo? Non ho certezze. Sicuramente, tuttavia, quando ci muoviamo nel solco di questa ispirazione, non facciamo chiacchiere inutili; non rimandiamo i problemi concreti per divagare; non ci ritiriamo dalla scena del mondo. Questo non ha capito la politica di oggi: la speranza, il ricordo e l’immaginazione, sono forze concrete e materiali, che agiscono in modo straordinariamente efficace nel presente. Danno vita alla vita. Nel momento in cui la coscienza ne è coinvolta, cambia qualcosa da subito dentro le persone. Le spinge a dialogare con l’altro per condividere il “sogno” di qualcosa; dà loro senso, motivazione, gratificazione.
La destra che governa l’Italia è scalcinata e pericolosa. Ma la pericolosità non sta tanto nelle sue bandiere di un tempo, quanto nel suo gettarsi a capofitto nell’obbedienza alle compatibilità date, ai poteri che comandano, al senso comune più rozzo e volgare. Rinuncia alla sua stessa costellazione valoriale, nefasta per me, ma pur sempre valoriale.
Con l’ansia di una contraddittoria legittimazione, ricercata tuttavia con i suoi “tic” ineliminabili, la prepotenza e l’intolleranza illiberale che, pur senza bandiere, le sono rimaste ben addosso dal passato.
Combatto da anni per l’unità delle forze progressiste e apprezzo anche su questo la testardaggine della segretaria del mio partito, Elly Schlein. Questa unità va realizzata sui singoli capitoli di un programma, nel rispetto dell’identità di ciascuno. Sarebbe, tuttavia, vana, se non approdasse a un punto di vista sul mondo. Alla consapevolezza che si va verso il totalitarismo di una democrazia svuotata, che sempre più si allontana dall’ancoraggio benefico alla Costituzione italiana.
Oggi anche gli spiriti più liberali e moderati sono allarmati. E (al di là dei tentativi legittimi per resuscitare vecchi contenitori), il pensiero cristiano si interroga sulla natura del turbocapitalismo. E la sinistra critica intende chiudere con una condotta emergenziale più o meno subalterna. Così, cristianesimo e sinistra, ormai oltre i rispettivi catechismi, possono essere i grandi vettori di un nuovo messaggio di salvezza, contro il degrado persino antropologico che ci coinvolge.
Goffredo Bettini
(da Dagoreport)
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