LA DESTRA ITALIANA SENZA IDENTITA’
ASSENZA DI UNA QUALUNQUE CULTURA CONSERVATRICE E DI UN PUNTO DI VISTA ALTERNATIVO
Cambiando l’identità della Sinistra italiana Matteo Renzi ha obbligato anche la Destra a cambiare la propria. Ma la Destra non se n’è accorta, e proprio perciò continua ad annaspare.
Renzi ha mostrato l’inutilità della Destra riguardo quello che da sempre ne è stato il principale cavallo di battaglia: l’economia.
Lo ha fatto accantonando pressochè totalmente le tradizionali politiche che la Sinistra seguiva in questo campo.
Oggi in Italia nessuno può dubitare, infatti, che se per qualche miracolo o per qualche improvvisa resipiscenza dell’Unione Europea si presentasse una ragionevole possibilità di tagliare la spesa pubblica, di diminuire il carico fiscale, di ridurre l’ammontare del debito, d’incrementare in qualunque modo gli investimenti pubblici e privati, di privatizzare qualcosa, di ridurre il potere sindacale laddove ancora esiste, nessuno può dubitare, ripeto, che se qualcuna di queste cose fosse mai possibile, Renzi non ci penserebbe lui per primo a farla immediatamente.
Dal punto di vista dell’economia, insomma, il nostro presidente del Consiglio ha ben poco che possa dirsi tipicamente di sinistra (ammesso e non concesso, tra l’altro, che vi sia qualcuno che in Occidente oggi ce l’abbia).
Ma se le cose stanno così a che serve, allora, la Destra in Italia? Questa Destra ben poco, mi pare.
Fino ad oggi, infatti, la Destra ha affidato le sue fortune sostanzialmente a due temi che la contrapponevano alla Sinistra: da un lato l’anticomunismo (peraltro da qualche lustro sempre più implausibile), e dall’altro l’economia, dove la Destra è andata avanti propugnando tradizionalmente ricette grosso modo di tipo liberista-rigoristico (a parole, perchè quanto a metterle in pratica i risultati sono sempre mancati: Berlusconi docet).
Grazie a Renzi, però, nessuno di questi due temi ha sostanzialmente ormai più corso. Nella Destra, è vero, sono presenti anche tassi significativi di rabbia xenofoba e di clericalismo antiliberale: ma a parte ogni altra considerazione, è difficile pensare che si possa essere davvero competitivi elettoralmente con piattaforme politiche di questo tipo.
La Destra italiana si ritrova dunque virtualmente senza identità , e anche il tentativo fatto dalla convention di Stefano Parisi di ridargliene una, battendo però sempre la strada dell’economia, dell’efficienza, della «riforma» fiscale e delle mille altre riforme mille volte promesse e quindi destinate ormai a cadere nel disinteresse generale, non mi sembra destinato ad andare lontano.
In realtà , se oggi la Destra italiana si ritrova priva di una sua specifica immagine, priva di riconoscibilità , è anche perchè essa sconta un vuoto storico della propria identità : vale a dire l’assenza di una vera, effettiva, cultura conservatrice.
Cultura conservatrice vuol dire identificazione ragionata con il lascito del passato, con gli edifici, il paesaggio e i costumi di un luogo, l’attaccamento ai valori ricevuti, la diffidenza verso tutto ciò che distrugge la tradizione; e poi senso delle istituzioni, considerazione non formale per i ruoli, i saperi, le competenze, rispetto delle regole. Una tale cultura – oggi in Europa riferibile politicamente a partiti di orientamento cristiano-liberali – da noi è stata assai debole da sempre, e fu messa nell’angolo dalla compromissione/inquinamento con il fascismo.
Nè potè certo assistere alla sua ripresa la Repubblica della modernizzazione e dell’urbanesimo travolgenti, della fine della miseria e della scomparsa del mondo contadino, della massificazione individualistico-democratica e della rivoluzione giovanile e sessuale.
Per lungo tempo nell’Italia di quella Repubblica nessuno pensò che ci fosse qualcosa da conservare.
Per mezzo secolo, così, a parte il neofascismo, di fatto la Destra ha voluto dire chiusura ermetica a sinistra, appiattimento sulla Confindustria, e poco più.
Infine, sopraggiunta la seconda Repubblica, essa ha mandato il suono vuoto delle promesse e delle favole di Berlusconi.
L’assenza di una qualunque cultura conservatrice, di un punto di vista sulla realtà alternativo a quello progressista, ha avuto come conseguenza una disparità decisiva all’interno degli schieramenti politici.
Ha significato infatti che in Italia, laddove la Sinistra era (ed ancora è) una cultura complessa e ramificata, capace di penetrare di sè ogni ambito, insomma rappresenta un vero retroterra sociale in cui è stabilmente insediata, la Destra, invece, è stata condannata ad essere quasi soltanto una posizione politica polemica, animata essenzialmente da uno spirito di contrasto e abituata ad agire di rimessa.
E quindi anche in una condizione potenzialmente aleatoria dal punto di vista dell’orientamento elettorale, come ha capito benissimo Renzi che infatti conta sul suo aiuto per il prossimo referendum.
Finora la Destra italiana si è accomodata senza troppi problemi a questo stato di cose. Ma è sorprendente che continui a farlo proprio quando per segni indubitabili un’epoca si sta chiudendo e tutto diviene oggetto di un ripensamento, tutte le fedi e tutte le certezze passate.
Quando nell’intero Occidente scricchiolano tutti gli assetti, quando il futuro annuncia scenari sorprendentemente inediti e inquietanti nei quali non sembra per nulla azzardato pensare che torneranno a rinvigorire categorie e valori cari alla cultura conservatrice.
Quando insomma tutto lascia credere che si avvicini un appuntamento al quale paradossalmente, però, sembra più facile che in Italia arrivi puntuale la Sinistra, con la sua capacità di sentire l’aria dei tempi e di cambiare, piuttosto che una Destra incerta di sè, senza idee nè visione.
Ernesto Galli della Loggia
(da “il Corriere della Sera”)
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