“LA GENTE SI AMMAZZA PER STRADA, L’ALBANIA NON E’ UN PAESE SICURO”
VIAGGIO NELLE LOCALITA’ DELL’ACCORDO ITALIA-ALBANIA: “IL NOSTRO E’ UN PAESE CORROTTO, LO SANNO TUTTI, E’ PIENO DI CRIMINALI”
“Qui la gente si ammazza per strada, costruiscono con i soldi della droga ed è pieno di criminali: l’Albania non è un posto sicuro”. Nel paese delle aquile serpeggia un dissenso che non trova spazio nella narrazione ufficiale, quella di una nazione in forte crescita, spesso e volentieri esaltata dal governo di Rama.
“La scorsa settimana – così un albanese nato nel comune di Alessio e che vive in Italia dal 1991 – ne hanno ammazzati quattro. Hanno esploso quasi 90 colpi di pistola su una macchina. Ma come si può dire a queste persone che vengono portate qui che l’Albania è un posto sicuro?”.
“Sono arrivati gli africani?”
Quelle persone sono i migranti che l’Italia, attraverso l’accordo firmato il 6 novembre del 2023, ha fatto sbarcare nel porto di Shengjin, nell’idea di trattenerli nel centro di rimpatrio di Gjader. “Mi dispiace per loro perché, quando partono dall’Africa – continua M. (nome di fantasia per garantire la richiesta di anonimato) -, non sanno che verranno portati qui”. L’Africa rappresenta nell’immaginario collettivo albanese il luogo di partenza di tutti i migranti. A dirlo sono le persone sedute ai tavolini dei caffè della zona del porto di Shengjin. “Allora sono arrivati gli africani?” chiede un signore sulla settantina.
I resort di lusso di Shengjin
Fino a non più di trent’anni fa questo angolo di Albania, nel racconto di chi ci è nato, era un paradiso. “C’era la spiaggia, dietro gli alberi, era tutto verde. Oggi invece avete visto che disastro che hanno fatto, ci sono solo alberghi e resort – continua M. -, io non capisco con quali soldi riescono a costruire questi grattacieli, non è normale”. Durante l’alta stagione gli alberghi di Shengjin possono ospitare decine di migliaia di turisti. “Novantamila – sempre M. -, almeno così dicono, ma è tutto pieno”
“Chissà da dove provengono tutti questi soldi”
Il tema di fondo, anche e soprattutto per il dissenso, rimane la devastazione urbanistica di una cittadina, dove la selva di resort di lusso – almeno sulla carta – crea un contrasto sociale dagli effetti incalcolabili. “Qui arrivano persone sconosciute, con tanti soldi che chissà da dove provengono – ancora M. – e costruiscono alberghi che spuntano come funghi”. Sono in molti, anche se non lo dicono apertamente, a credere che tutto ruoti attorno alla corruzione e ad un sistema criminale, che legherebbe a doppio filo una certa classe dirigente agli investimenti immobiliari, con il beneplacito della politica.
La golden age in salsa albanese
“La Meloni ha fatto divorziare Edi Rama” scherza un altro residente, seduto al tavolino di un caffè sulla via principale di Shengjin. La battuta non ha una utilità particolare nel dibattito sull’accordo tra Roma e Tirana, ma compone parte di quel dissenso, mischiato ad una generale e rassegnata indifferenza, che sopravvive soprattutto tra le persone di mezza età. La preoccupazione non sembra investire l’operazione migranti – “mi dispiace per loro, perché pensano di andare in Italia o in Germania e poi si ritrovano in Albania”, così M. -, bensì la sbornia da golden age in salsa albanese.
“Questo non è un paese sicuro”
“Vanno via tutti – racconta un altro residente -, ormai questo paese non arriva neanche a tre milioni di abitanti”. Una diaspora che affonda le radici nel passato dell’Albania e che potrà esprimere il proprio punto di vista politico anche da fuori dei confini, attraverso il voto dei residenti all’estero. “Vincerà di nuovo lui (Rama nda) – afferma M. -, non cambierà assolutamente nulla, le persone continueranno ad ammazzarsi per strada, perché questo non è un paese sicuro”.
(da Trieste)
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