LA GESTIONE ALLERTA TERRORISMO A MONACO, ESEMPIO PER L’ITALIA
L’UFFICIO STAMPA DELLA POLIZIA DELLA CITTA’ HA INFORMATO SENZA SOSTA I CITTADINI SUI SOCIAL EVITANDO CHE SI DIFFONDESSE IL PANICO
Hanno twittato, postato, mandato messaggi. E perfino trasmesso la conferenza stampa su Periscope, l’applicazione di Twitter per le dirette streaming.
Per tutta la durata dell’allerta terrorismo l’ufficio stampa della polizia di Monaco non ha mai smesso di informare i cittadini su quanto stava accadendo attraverso i suoi social. Uno sforzo comunicativo che colpisce.
E colpisce ancora di più perchè visto da qui, da un Paese dove l’utilizzo delle piattaforme social nella pubblica amministrazione per la gestione delle emergenze è praticamente fermo a zero.
L’allarme in 140 caratteri
Il primo tweet (scritto in lingua tedesca) è arrivato alle 22:40 del 31 dicembre. «Ci sono indicazioni che si possa verificare un attacco terroristico a #Mà¼nchen. Per favore evitate i luoghi affollati, la stazione centrale e quella di Pasing».
Un messaggio semplice, secco, che in 140 caratteri ha messo sul chi vive tutti. Tanto che è stato ritwittato 4.164 volte.
Subito gli utenti hanno iniziato a scambiarsi informazioni tra di loro. Certo, c’è stato chi ha fatto anche delle ironie «Controllate anche se i miei vicini hanno delle bombe sotto il divano», ha scritto qualcuno. Ma l’ufficio stampa della Polizia ha tirato dritto per la sua strada. E nelle ore successive sono stati diffusi altri 28 messaggi, tradotti anche in diverse lingue oltre al tedesco, dall’inglese, passando per l’italiano fino al polacco.
«La polizia ha fatto sgomberare la stazione centrale e la stazione Pasing. I treni non transitano più, vi preghiamo di attenersi agli ordini», si leggeva all’1:08 del mattino nella nostra lingua quando ormai l’anno nuovo era iniziato.
Così mentre giornali, televisioni, agenzia media facevano fatica a seguire gli avvenimenti perchè a ranghi ridotti, l’ufficio stampa della Polizia di Monaco di Baviera ha tenuto informato il mondo e ha trovato pure il tempo di fare gli auguri di buon anno ai suoi follower.
Un modo per dare aggiornamenti, dunque. Ma anche per tranquillizzare e tenere tutti calmi.
Alle due del mattino la conferenza stampa del capo della polizia e del ministro degli Interni della Baviera è stata trasmessa in diretta Periscope.
Poi alle 4:15 il sollievo: «Le stazioni sono riaperte. Rimaniamo sul posto e vi aggiorneremo».
La gestione del panico attraverso i social
Monaco diventerà dunque un esempio di come la gestione di un’emergenza passi anche dal corretto impiego dei mezzi di comunicazione.
In caso di allerta terrorismo è fondamentale che non si diffonda il panico. E che le informazioni non rimbalzino in modo incontrollato, soprattutto in rete.
Per due motivi. Se persone iniziano a spostarsi o a scappare senza un criterio per gli agenti diventa davvero difficile monitorare gli spazi. Ma non solo.
In caso di allerta, i terroristi potrebbero approfittare delle informazioni che circolano sui social network e cambiare i loro piani di conseguenza.
Non a caso in Belgio durante il blitz anti terrorismo seguito agli attacchi di Parigi, la polizia chiese il silenzio sui social. Tuttavia la polizia di Monaco è andata ben oltre la gag degli agenti belgi che ringraziarono con dei croccantini virtuali tutti gli utenti che avevano postato gattini durante BrusselsLockDown.
A Monaco, dopo una notte di lavoro senza sosta, all’ufficio stampa della Polizei Munchen hanno potuto scrivere su Facebook: «Buon giorno, Monaco! A tutti quelli che hanno passo la notte fuori, grazie per essere stati calmi e per aver avuto comprensione».
Sotto il post, centinai di messaggi di ringraziamento agli utenti con tanto di cuoricini e emoticon.
Un successo dunque, tanto più che non è accaduto niente. E che da questa parte delle Alpi lascia con la triste sensazione di non essere davvero pronti. Nonostante gli sforzi di alcuni Comuni e di alcune amministrazioni che stanno iniziando a muovere i primi passi social, fino ad oggi in Italia non abbiamo ancora potuto assistere a un efficiente impiego della tecnologia al servizio del cittadino.
E la faccenda non è solo sgradevole da un punto di vista di prestigio.
In casi di allerta terrorismo come quello di Monaco rete e social network possono fare la differenza. E contribuire a salvare delle vite.
Marta Serafini
(da “il Corriere della Sera”)
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