LA GIORNATA IN CUI L’ITALIA E’ USCITA DALLO STATO DI DIRITTO: UN CRIMINALE TORTURATORE LIBERATO CERTIFICA LA COLLUSIONE CON I TRAFFICANTI LIBICI
IN ITALIA NON ESISTE PIU’ LA LEGGE UGUALE PER TUTTI MA QUELLA AD PERSONAM… FINANZIAMO UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E NON RISPETTIAMO NEMMENO I MANDATI DI CATTURA INTERNAZIONALI… L’IRA DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE… LE OPPOSIZIONI: “VERGOGNA”
I siti libici, che già ieri mattina annunciavano l’imminente ritorno a Tripoli del generale Najeem Osema Almasri Habish «per essere processato come prevedono gli accordi Italia-Libia sui prigionieri», ci avevano visto giusto.
E incredibilmente, alle 21.42, il comandante della polizia giudiziaria e responsabile del centro di detenzione di Mitiga fermato a Torino sabato su mandato di cattura della Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, era già libero e a Tripoli. Accolto da una grande festa con tanto di fuochi d’artificio.
“L’errore procedurale”
Salvato da un cavillo, un «errore procedurale», come lo hanno definito i giudici della Corte d’appello di Roma che ne hanno disposto la scarcerazione. E persino rimandato a casa con tante scuse su un I-Carg italiano decollato dall’aeroporto di Caselle alle 19.51. Un volo che però era partito da Ciampino per Torino alle 11.14, segno che già ieri mattina presto, la scorta di Almasri era stata decisa su tavoli assai diversi da quelli della Corte d’appello di Roma.
E ben prima delle 16, ora in cui dal ministero di Grazia e giustizia, dopo 36 ore di imbarazzante silenzio istituzionale, partiva una nota in cui si comunicava che il ministro Nordio stava «valutando la trasmissione degli atti alla Procura generale di Roma».
“Il ministro non era stato avvertito”
Dunque, la decisione, formalmente, è dei giudici e ha motivazioni giuridiche scovate nella procedura prevista in caso di mandato di cattura della Corte penale internazionale: nella fattispecie — ha rilevato la Corte d’appello — il ministro della Giustizia è stato informato dell’arresto solo lunedì, quando il generale Almasri era già nel carcere de Le Vallette, e non preventivamente come avrebbe dovuto essere fatto.
E a quel punto, partita la più ferrea consegna del silenzio a tutti i livelli, Palazzo Chigi si è trovato stretto tra il dovere di consegnare alla Corte penale de L’Aia un uomo da processare per crimini contro l’umanità e le aspettative degli amici libici a cui l’Italia affida buona parte della sua strategia di contrasto ai flussi migratori. Improvvisamente ripresi lunedì con 500 arrivi, tutti dalla Libia, a Lampedusa.
Poco prima fonti della Corte penale internazionale avevano espresso «forte preoccupazione». Il timore fondato, quindi, che Njeem Osama Elmasry, detto Almasri, potesse essere “graziato” dal governo italiano, impedendo la sua consegna alla giustizia dell’Aja. Il mandato di cattura, spiegano, non ammette discrezionalità. Se arrestato, un ricercato dalla Corte «deve essere consegnato e processato». Poi una previsone: «Quando questo articolo verrà pubblicato, il ricercato sarà già in Libia».
Le proteste delle opposizioni
È finita con il generale scarcerato, espulso e rimandato a casa e l’incredulo sconcerto delle opposizioni che preannunciano interrogazioni al ministro Nordio.
«Il governo chiarisca immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare», dice la segretaria del Pd Elly Schlein. «Giorgia Meloni voleva inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne era stato arrestato uno libico in Italia e invece di dare seguito alle richieste della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e contro la dignità umana, lo hanno rimandato impunito in Libia».
«Vicenda gravissima di cui chiederemo conto a Nordio», dice Matteo Renzi. Da Riccardo Magi ad Angelo Bonelli, è un coro di «vergogna» e una richiesta di immediati chiarimenti al Parlamento.
(da agenzie)
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