LA LEGA SI SPACCA: MARONI LANCIA TOSI, SALVINI TEME LA FRONDA
RIUNIONE DI CORRENTE TRA TOSI E I CONSIGLIERI LUMBARD: MARONI TIRA LE FILA
Il partito guidato da Matteo Salvini, oggi come oggi, riscuoterebbe alle urne l’8,4% (sempre molto al di sotto del 12% cui era accreditata a suo tempo la Lega di Bossi, quindi nessun miracolo), eppure in casa Lega si profilano nuove sfide e nuovi equilibri, sempre più chiari dopo l’appuntamento privato di ieri tra Tosi e i consiglieri della lista Maroni.
Un appuntamento ristretto convocato dal capogruppo Bruno Galli e annunciato in email con allegato un articolo del giornale online neoliberista lintraprendente.it in cui veniva citata una frase del presidente lombardo Bobo Maroni: “La spinta di Tosi è fondamentale per guidare il centrodestra, con la componente civica che è decisiva. Lo dico da leghista che ha sempre vissuto nel partito. Ci saranno resistenze enormi, ma ce la faremo. C’è molto da fare per rilanciare il centrodestra, ma noi sappiamo che Tosi ce la può fare”.
Apparentemente nulla di strano se non che gli unici a non essere informati sono stati i consiglieri regionali leghisti e, se non indirettamente, lo stesso segretario federale. Una fronda o per meglio dire una riunione di corrente come ai tempi della Democrazia Cristiana.
È per questo che Maroni dopo aver confermato la sua presenza, si è defilato all’ultimo momento. Troppo rischioso farsi vedere (Milano non è Pordenone dove aveva inaugurato una decina di giorni fa uno dei circoli tosiani), meglio mandare avanti i suoi uomini.
In questa sede i maroniani hanno confermato la fiducia in Tosi — che sebbene se lo dimentichi spesso è anche segretario della Liga Veneta — e dato l’ok per appoggiarlo in una eventuale candidatura per la leadership del centrodestra.
Come? Innanzitutto creando in Lombardia i “fari”, circoli di sostegno al sindaco scaligero, già presenti in Veneto, Friuli ed Emilia Romagna.
Una sorta di Lega parallela a quella di Salvini.
Se dalla sede del Carroccio serpeggia il malumore, il governatore lombardo, pur tra qualche tentennamento, ha deciso di ricoprire il ruolo di frondista. E Tosi da parte sua non è nuovo a comportamenti in contrasto con la segreteria federale, prima con Bossi e poi con Salvini.
Contro quest’ultimo si è esposto a Bologna per la formazione della lista per le regionali, perorando la causa del consigliere uscente (e dimissionario dalla Lega) Manes Bernardini, escluso per volontà dello stesso Salvini.
Per non parlare delle sue posizioni critiche nei confronti dell’antieurismo e della svolta per così dire lepenista del Carroccio.
In compenso i leghisti non gli perdonano la sua vicinanza al neopartito di Corrado Passera e un certo camaleontismo che lo porta di volta in volta a dipingersi come sbandieratore del tricolore, indipendentista veneto, ammiratore delle politiche di austerità in Grecia, ecc.
Poco leghista e molto democristiano, secondo i sostenitori di Salvini.
Tornando a Maroni, genera stupore vederlo nel ruolo di frondista.
L’attuale segretario non esclude in nessun modo di poter essere lui il futuro leader del centrodestra, magari transitando prima nelle vesti di sindaco di Milano.
Se Maroni scende in campo per Tosi è sintomo che qualcosa non va nel Carroccio. Di certo la decisione di Salvini di creare una segreteria politica da anteporre alla segreteria federale, di cui sia Maroni sia Tosi ne fanno parte, ha inciso in questa decisione.
E anche una certa tiepidezza con cui Salvini commenta l’amministrazione lombarda, criticata per mancanza di iniziativa e scarsa comunicazione ai cittadini.
Un tentativo di controbilanciare il potere crescente di Salvini che cerca di ridimensionare la vecchia guardia maroniana dopo aver eliminato i bossiani.
Di certo per Salvini si apre un autunno “caldo” sia per la necessità di gestire i rapporti con l’alleato forzista – Maria Stella Gelmini parla chiaramente di “ingratitudine leghista perchè ci chiedono di sostenere alle amministrative i loro candidati ma poi eccepiscono sui nostri” – sia per capire quanto gli ammiccamenti di Beppe Grillo sul tema dell’euro e dell’immigrazione possano essere reali e vantaggiosi.
Perchè è chiaro che il segretario leghista punta a portarsi a casa gli elettori ma non i partiti, guardando sia a destra sia tra i delusi della politica, i “casualmente grillini “ che votano il comico genovese ma potrebbero tranquillamente girarsi o per meglio dire rigirarsi a destra.
Se Grillo è il primo ad aver fiutato la trappola rifiutandosi di incontrare Salvini, ad Arcore Berlusconi coltiva ancora l’idea di poter contare sulla Lega Nord augurandosi che il “alle politiche da soli” di Salvini sia solo un messaggio propagandistico.
Ma i dirigenti di Forza Italia, quelli che hanno a che fare coi territori, hanno già compreso che il Carroccio vuole svuotare gli alleati e garantirsi la premiership così come accaduto a Padova con il sindaco Bitonci che ha vinto grazie soprattutto a una lista civica che ha cannibalizzato gli alleati.
Ma sicuramente la sfida più impegnativa per Salvini resta quella del bilancio del partito. Se la cassa integrazione resta l’unica soluzione per i 70 dipendenti della storica sede di via Bellerio, il problema più grosso resta quello dell’autofinanziamento e in generale della sopravvivenza del Carroccio.
Richiesto un supplemento di contributo a tutti gli eletti, Salvini sa bene che lo spin off del sud, la neonata Lega dei Popoli, ha bisogno di un aiuto finanziario per partire.
Una bella macchina da guerra elettorale, quella del Carroccio, che però rischia di fermarsi per mancanza di carburante.
Marzio Brusini
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply