LA MAGGIORANZA SALTA PER ARIA SULLA QUESTIONE VENETO: DOPO IL NIET AL TERZO MANDATO PER ZAIA DA PARTE DEL MINISTRO MELONIANO CIRIANI (“SARÀ FRATELLI D’ITALIA A ESPRIMERE IL CANDIDATO IN RAGIONE DEL MAGGIOR PESO DI VOTI”) LA LEGA È PRONTA ALLA CORSA IN SOLITARIA IN VENETO
IL CARROCCIO NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE LA REGIONE-FORTINO TANT’È CHE QUALCUNO AZZARDA L’IPOTESI DI UN ACCORDO CON IL VENETO AL CARROCCIO E LA LOMBARDIA A FDI: COSA NE PENSA FORZA ITALIA?
La Lega non ha gradito il doppio stop di Luca Ciriani sul Veneto e ora pensa seriamente a una corsa solitaria per le regionali. Il segretario e vicepremier Matteo Salvini parla di tante cose ma tace sulla questione e i suoi, in casa di Luca Zaia, hanno preso piuttosto male le dichiarazioni che il ministro di FdI per i Rapporti con il Parlamento ha rilasciato ieri a questo giornale: in sintesi «niente terzo mandato per i governatori» ma soprattutto «sarà Fratelli d’Italia a esprimere il candidato in Veneto in ragione del maggior peso di voti». A concludere, come se non bastasse, il no secco allo slittamento delle elezioni regionali alla primavera del 2026.
È evidente che Ciriani non parli a titolo personale, osservano in molti nella Liga, e che la posizione espressa rappresenti «una linea concordata con la premier Giorgia Meloni».
Per questo, fonti vicine alla Lega Veneta non vanno tanto per il sottile e parlano apertamente di «fastidio» per le parole del ministro, ma soprattutto non fanno più mistero di una possibile scissione dagli alleati, presentandosi alle urne da soli.
La partita che intreccia le sorti del Veneto, del Carroccio e della coalizione di centrodestra, dunque, è triplice.
In primis lo stop al terzo mandato: nel cdm di domani, il governo impugnerà la legge regionale della Campania voluta da Vincenzo De Luca che gli consentirebbe di ricandidarsi per una terza volta. Questo no sbarra la strada al precedente favorevole per Zaia, anche lui interessato a una nuova corsa a governatore, forte del suo oltre 75% di consensi. «È un assist a Schlein e uno sgarbo a noi», commenta qualcuno.
Ma nonostante i tentativi di Matteo Salvini di alzare le barricate per opporsi, il blitz non è riuscito. E qui si apre il secondo fronte caldo: la scelta del candidato per il dopo Zaia che il partito di Giorgia Meloni vorrebbe per sé. «Queste imposizioni che arrivano da Roma, soprattutto al Veneto, non piacciono. FdI non dia ultimatum altrimenti andiamo da soli», dice senza mezzi termini Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo Economico di Zaia e a capo della rivolta leghista contro il meloniano. «Abbiamo un esercito di amministratori apprezzati. Non vedo perché spetterebbe a Meloni scegliere – prosegue – Non sempre imporre un nome dall’alto funziona, anzi…». Il riferimento, esplicito, è alla Sardegna. E a chi gli fa notare che la rivendicazione di FdI si baserebbe sugli esiti di politiche ed europee risponde che si tratta di «due campionati diversi.
Le regionali sono un’altra cosa e lo dimostrano anche alcuni sondaggi». Marcato cita i risultati di un’indagine sul gradimento per una coalizione composta da «un tridente»: una lista Zaia, con Mario Conte sindaco di Treviso candidato presidente, una seconda lista Lega e una terza composta da civici autonomisti.
«Questa formazione vincerebbe anche contro il resto del centrodestra», assicura Marcato. E Conte, che dalla sua Treviso si dice «lusingato» di essere stato messo al primo posto nella rosa dei possibili candidati, non smentisce che potrebbe accettare: «Nella Lega siamo tutti pronti, soprattutto chi come me è in prima linea» ma precisa che non è il momento delle bandierine, «come fanno altri».
Quanto alle parole di Ciriani, «apprezzo che abbia svelato le carte rispetto alla posizione del partito, che più che ragionare in coalizione sembra voglia dettare le regole. Ma con gli alleati non si fa così». D’altronde, anche il segretario della Liga Veneta e vice segretario federale Alberto Stefani ha precisato che «le scelte si fanno in squadra» ma se la posta dovesse alzarsi da parte degli alleati «faremo valere al tavolo i nostri 159 sindaci, i nostri 1200 amministratori, le nostre 300 sezioni e i nostri 11mila tesserati: sono la nostra “riserva aurea” che ci permette di affrontare qualsiasi sfida, anche costruendo più liste». Tuttavia si dicono tutti convinti che un eventuale strappo a livello locale non si tradurrebbe necessariamente in una rottura della maggioranza di governo.
Bisognerà attendere che sul punto si esprima anche Forza Italia. Certamente, la Lega non può permettersi di perdere il fortino veneto, tant’è che qualcuno azzarda l’ipotesi di un accordo: «Dividiamoci la torta, il Veneto a noi e la Lombardia a FdI».
(da La Stampa)
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