LA PROCURA DI MILANO ATTACCA L’ESECUTIVO MELONI PER IL DECRETO, CON CUI HA DEFINITO LA FONDAZIONE MILANO-CORTINA UN ENTE DI NATURA PRIVATISTICA E NON DI DIRITTO PUBBLICO, EMANATO “DOPO” CHE ERA EMERSO IL PROCESSO SULLA PRESUNTA IRREGOLARITA’ NELL’ORGANIZZAZIONE DELLE OLIMPIADI INVERNALI
LE TOGHE SI LAMENTANO (“È UN ATTO DI GRAVITÀ INAUDITA CHE VA OLTRE LE LEGGI AD PERSONAM”) PERCHE’ IL DECRETO VUOLE TOGLIERE ALLA MAGISTRATURA LA PREROGATIVA DELLA INTERPRETAZIONE DELLE LEGGI
L’intervento del governo dello scorso giugno, che con un decreto in corso di indagine hadefinito la Fondazione Milano Cortina 2026 un ente di natura privatistica e non un organismo di diritto pubblico, è di “una gravità inaudita” perché è stato emanato dopo che era emersa l’esistenza del processo penale della procura di Milano sulla presunta irregolarità delle gare dei servizi digitali, ed “illegittimo” perché vuole togliere alla magistratura la prerogativa della interpretazione delle leggi
È quanto sostenuto dalla procuratrice aggiunta di Milano Tiziana Siciliano e dal pm Alessandro Gobbis nel corso dell’udienza al Riesame, chiesto da un manager della Fondazione indagato nell’inchiesta.
Nel corso dell’udienza i pm hanno ritenuto di non chiedere di sollevare una questione di legittimità costituzionale sul decreto, ma hanno argomentato di trovarsi di fronte a una legge illegittima che va oltre le “leggi ad personam”, proprio perché interviene in un’inchiesta in corso.
*In più, la natura pubblicistica delle Olimpiadi è stata più volte ribadita dalla giurisprudenza, come hanno spiegato i magistrati in una memoria di novanta pagine.
Agli atti dell’indagine, anche un’intercettazione nella quale un legale della Fondazione avrebbe ribadito ai manager che la Fondazione è un ente pubblico.
Lo scorso 10 giugno però, dopo le perquisizioni del 21 maggio nell’inchiesta in cui risulta indagato anche l’ex ad di Milano Cortina, Vincenzo Novari, il Consiglio dei ministri aveva ribadito con un decreto legge che le attività svolte dalla Fondazione Milano Cortina non sarebbero disciplinate da norme di diritto pubblico, che la Fondazione non è un organismo di diritto pubblico e opera sul mercato in condizioni di concorrenza e secondo criteri imprenditoriali.
Già i vertici della procura, con il procuratore Marcello Viola, avevano spiegato come le prime ricostruzioni investigative “inducono a ipotizzare che l’ente Comitato organizzatore dei giochi olimpici, sebbene si qualifichi, in forza di una norma di rango primario, come “ente non avente scopo di lucro e operante in regime di diritto privato”, in realtà abbia una natura sostanzialmente pubblicistica, perseguendo uno scopo di interesse generale, con membri, risorse e garanzie dello Stato e di enti locali”. Una tesi ribadita dagli inquirenti oggi al Riesame.
In Fondazione Milano-Cortina 2026 – parola dei (non indagati) manager e avvocati interni – «noi non siamo privati, noi siamo pubblici», «i requisiti sono i requisiti del cloud della Pubblica Amministrazione di un Paese europeo, non è che adesso te li devo descrivere», e «per quanto ci ostiniamo a dire che non perseguiamo l’interesse generale, però ah ah…».
Eppure lo scorso 11 giugno il governo Meloni – accogliendo il (convinto ma senza esito) pressing giuridico in Procura a Milano della professoressa Paola Severino, e raccogliendo l’allarme sul futuro rischio che le Olimpiadi invernali saltino per il solo esistere dal maggio scorso appunto di un embrione di indagine dei pm per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio basata sulla natura comunque pubblicistica della Fondazione istituita a fine 2019 dalla legge come ente di diritto privato – ha addirittura varato di corsa un acrobatico decreto legge di cosiddetta «interpretazione autentica» per dettare che «le attività svolte dalla Fondazione non sono disciplinate da norme di diritto pubblico».
Il 29 aprile scorso proprio l’avvocato interno della Fondazione, Pietro Fea, nel discutere con il responsabile della tecnologia Marco Moretti le perplessità in seno alla Fondazione sulla volontà del Comitato olimpico internazionale di far entrare nella gestione dell’ecosistema digitale delle Olimpiadi 2026 accanto a Deloitte anche un altro sponsor olimpico mondiale come la cinese Alibaba, a proposito del tema della sicurezza nazionale posto dall’Agenzia per la cybersecurity mostra appunto di considerare chiaramente la Fondazione un organismo che persegue uno scopo di interesse generale: «C’è comunque attività di interesse nazionale eh… Per quanto ci ostiniamo a dire che non perseguiamo l’interesse generale, però… ah ah».
Il giorno dopo, 30 aprile, sullo stesso tema della sicurezza del cloud, è Moretti a far presente al collega Giuseppe Civale che «chiedono a me i requisiti… ma quali sono i requisiti? I requisiti sono i requisiti del cloud della Pubblica Amministrazione di un Paese europeo, non è che adesso te li devo descrivere…». E già un paio di settimane prima, il 18 aprile, era stato il manager Andrea Francisi, in una conversazione con il collega Matteo Coradini, a ragionare delle garanzie chieste ai fornitori nelle procedure di gara della Fondazione: «Noi non siamo privati, noi siamo pubblici… cioè io non l’ho mai visto fare da un privato la gara…».
(da La Repubblica)
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