LA PROPOSTA DI BOERI: REDDITO MINIMO DI 500 EURO PER OVER 55, TAGLIO DEL 10% ALLE PENSIONI SOPRA I 5.000 EURO
I COSTI DELL’OPERAZIONE SAREBBERO COPERTI DAL RIASSESTAMENTO INTERNO E NON SUPERANO I 3 MILIARDI A PIENO REGIME
Alla fine il “dossier Boeri” non ha fatto la stessa fine del “dossier Cottarelli” sulla revisione della spesa. Un po’ a sorpresa, il piano elaborato dal presidente dell’Inps per abbattere la povertà , soprattutto nella fascia over 55, e introdurre maggiore flessibilità in uscita per le pensioni è stato reso pubblico dall’Istituto di previdenza.
Il reddito minimo per gli over 55.
Sul fronte della lotta alla povertà , l’Inps nel suo piano spiega che la proposta “consiste nell’istituire un reddito minimo garantito pari a euro 500 euro (400 euro nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultracinquantacinquenne”.
Un sostegno, però vincolato alla sussistenza di alcuni requisiti definiti nel piano.
A partire ovviamente dall’appartenenza a “nuclei familiari in condizione di forte disagio economico”, cioè sotto la soglia di 500 euro mensili per una famiglia con un solo componente, e utilizzando i parametri Ocse per adattare l’importo a nuclei più grandi.
Sempre nello stesso capitolo, Boeri ipotizza un riordino integrale di tutte le prestazioni assistenziali oggi fornite dall’Inps.
Il ricalcolo per gli assegni, tagli sopra i 5000 euro
II piano affronta a fondo la questione pensionistica. Il principio su cui si fonda l’insieme delle proposte è quello di avvicinare l’importo delle pensioni calcolate con il metodo retributivo e misto rispetto al loro importo “virtuale” sulla base dei contributi effettivamente versati.
Procedendo a questo “adeguamento” è possibile recuperare le risorse per garantire la flessibilità in uscita a chi vuole lasciare il lavoro anticipatamente.
Innanzitutto il piano Boeri prevede come riferimento non l’importo della singola pensione, ma il reddito pensionistico complessivo, prendendo in considerazione quindi i molti casi di pensionati titolari di più assegni.
Oggetto degli interventi di ricalcolo sarebbero le pensioni ( o la somma di trattamenti) superiori ai 5000 euro lordi e i cui assegni non siano calcolati sulla base dei contributi effettivamente versati.
Non si tratta però di un taglio secco, quello che in passato è stato definito un “contributo di solidarietà “, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.
La proposta Boeri è diversa nel principio, ma non dissimile nel risultato.
Attraverso un complesso ricalcolo, i trattamenti pensionistici verrebbero adeguati verso un importo più vicino a quanto effettivamente versato. E quindi ridotti.
Per le pensioni tra 3500 e 5000 questo “adeguamento” – che non è un ricalcolo puro con il metodo contributivo – avverrebbe in realtà solo indirettamente e in modo graduale, visto che l’importo nominale rimarrebbe immutato, cioè fermo, senza ulteriori riduzioni fino a quando gli importi non coincidessero con l’assegno ricalcolato con gli stessi metodi di sopra.
Nel concreto, di quanto verrebbero tagliate quindi le pensioni?
Una tabella mostra chiaramente gli effetti sui trattamenti, separati per gestione e fasce di reddito, e infinei aggregati. Nel caso di un ex lavoratore del pubblico impiego con assegni sopra i 5000 euro la riduzione sarebbe del 9,5%.
Diverso il caso dei vitalizi per cariche elettive, come i parlamentari, per cui l’assegno verrebbe interamente ricalcolato con il metodo contributivo.
In questo caso la decurtazione della pensione sarebbe molto sensibile, come anticipato già da Boeri a “In 1/2h” e potrebbe arrivare fino al 48,1%. Dimezzando di fatto l’assegno.
La flessibilità in uscita.
Sulle ipotesi di flessibilità in uscita l’impianto generale è quello già anticipato nei mesi scorsi, cioè consentire l’uscita anticipata con una penalizzazione variabile, a seconda della carriera “contributiva”, – nei casi citati come esempio nello studio – tra il 9,4% e l’1,5% rispetto al trattamento spettante a condizioni normali.
Complessivamente, spiega l’istituto, l’obiettivo è quello di abbattere la povertà riducendola almeno del 50% fra chi ha più di 55 anni, attingendo, tra le altre, a risorse dai “circa 250.000 percettori di pensioni elevate”, da “più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive” e da “circa 30.000” lavoratori “con lunghe anzianità contributive”, e che hanno iniziato a lavorare dopo i 18 anni, che subirebbero decurtazioni dell’assegno “fino al 10%”.
I costi.
Nella proposta, l’Inps calcola del dettaglio l’onere per lo Stato dei singoli interventi.
In totale la proposta Boeri costerebbe, al netto degli effetti fiscali, 662 milioni il primo anno, crescendo poi a 1,6 miliardi nel 2017 e 3,2 miliardi nel 2017.
Le cifre però, puntualizza l’Inps, sono calcolate sulla base di ipotesi di un numero elevato di adesioni.
Tenendo conto di un’ipotesi più prudenziale e di altri fattori elencati dall’istituto, si spiega, “i costi netti della riforma scenderebbero a 150 milioni nel 2016. 1 miliardi nel 2017, 2,5 miliardi nel 2018 e 3 miliardi nel 2019 e 2020”.
(da “Huffingtonpost“)
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