LA RETROMARCIA SUI DAZI: PERCHE’ TRUMP E’ TORNATO INDIETRO E COSA SUCCEDE ORA
LE TARIFFE SCENDONO AL 10% PER 90 GIORNI, SALGONO QUELLE DELLA CINA… A SPAVENTARE IL PRESIDENTE USA I RIALZI DEI RENDIMENTI SUI BOND AMERICANI
Un passo indietro che ha spiazzato tutti e che ha fatto volare le Borse di tutto il mondo. La retromarcia di Donald Trump sui dazi offre una prima parziale schiarita, lasciando però alcuni grandi incognite. Ecco cosa c’è da sapere.
Che cosa ha deciso Donald Trump?
Trump ha deciso di sospendere per 90 giorni i nuovi dazi annunciati lo scorso 2 aprile, portandoli per tutti al 10%, cioè il livello più basso tra quelli comunicati la scorsa settimana applicato a tutti i beni importati negli Usa dall’estero. Allo stesso tempo, in risposta ai nuovi controdazi cinesi, Il presidente americano ha alzato ulteriormente le tariffe nei confronti di Pechino, portandole al 125%.
Perché le Borse hanno reagito positivamente?
Perché la barriere commerciali avrebbero comportato un alto costo per le imprese, anche quelle americane, con catene di fornitura molto articolate e che si approvvigionano in molti Paesi stranieri, riducendo quindi le prospettive di guadagno. Il passo indietro allontana inoltre le prospettive di una recessione per l’economia Usa. Scenario che fino a ieri sera Goldman Sachs vedeva come possibile come conseguenza dei nuovi dazi.
Perché i mercati sono comunque in calo rispetto al giorno dell’annuncio dei nuovi dazi?
Perché formalmente si tratta soltanto di una pausa, quindi l’ipotesi di ripristino dei dazi ai livelli scattati ieri è ancora sul tavolo. Inoltre anche al livello minimo del 10%, la nuova barriera posta dagli Usa rappresenta un ostacolo per chi intende
commerciare con gli Stati Uniti. Non a caso dopo il maxi rimbalzo di ieri oggi i i future americani restano molto prudenti. Inoltre resta l’incongnita della Cina. Il rischio è che lo scontro con Pechino si aggravi ulteriormente, peggiorando le prospettive economiche per l’economia mondiale.
Che cosa ha spinto Trump alla marcia indietro?
Sulla stampa americana si moltiplicano le ricostruzioni su quanto accaduto nella giornata di ieri. Secondo il Washington Post a convincere Trump sarebbe stato il pressing di alcuni esponenti del partito repubblicano e le conversazioni con alcuni leader mondiali, preoccupati per le conseguenze sui mercati della decisione di Trump. Ai cronisti, il segretario al Tesoro Scott Bessent,ha detto che la possibilità di una pausa era stata discussa già domenica e che questa era “la strategia fin dall’inizio”.
Qual è stato il fattore scatenante?
Quel che è certo è che tra i maggiori fattori di preoccupazione per l’amministrazione americana c’era il rialzo dei rendimenti sui titoli di Stato Usa. Tradizionale bene rifugio durante le fasi di crisi i bond Usa erano stati vittime negli ultimi giorni di vendite molto massicce. I rendimenti si muovono inversamente ai prezzi. Se i prezzo scendono i rendimenti salgono. Più i titoli sono venduti, più i prezzi scendono, più i rendimenti salgono. A questo Trump si riferiva quando ha detto ieri di avere osservato che “la gente stava diventando un po’ nervosa”. Inoltre, fattore non da poco, il secondo detentore al mondo di titoli di Stato Usa è proprio la Cina (circa 760 miliardi di dollari). Che ha in mano quindi – mettendoli sul mercato – un’eventuale arma per fare salire ulteriormente la tensione su questi titoli.
Che cosa succede a Canada e Messico
I due Paesi non sono oggetto di dazi reciproci ma nei loro confronti sono state adottare tariffe del 25% che restano in vigore, con l’eccezione delle importazioni coperte coperte dall’accordi libero scambio nordamerciano USMCA.
Cosa succede ai dazi su acciaio, alluminio e auto?
I dazi introdotti su acciaio, alluminio e auto importati negli Usa dall’estero restano in vigore.
(da La Repubblica)
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