LA SCONFITTA IN LIGURIA CONTE PUÒ TATUARSELA SULLA COSCIENZA. UN GIOCO AL MASSACRO, QUELLO DEL M5S, CHE SI TRASFORMA IN FARSA, VISTO CHE ITALIA VIVA, ESCLUSA IN LIGURIA, SARÀ PRESENTE A SUPPORTO DEL CAMPOLARGO SIA IN UMBRIA CHE IN EMILIA ROMAGNA
FORZA ITALIA, LEGA E FRATELLI D’ITALIA SI UNISCONO PER INCASSARE LA CUCCAGNA DEL POTERE MENTRE A SINISTRA QUALCUNO NON HA CAPITO CHE SENZA COALIZIONE COESA SI VA A SBATTERE
Il successo di Marco Bucci ha un nome e un cognome: Claudio Scajola. Il sindaco di Genova, neo-governatore, deve la vittoria soprattutto alla capacità manovriera di quel vecchio arnese democristiano dell’ex ministro dell’Interno, ben noto per ritrovarsi proprietario di una casa “a sua insaputa”, che ha dragato voti nelle province di Imperia e Savona.
La sua pervasività ha più che compensato l’affermazione del centrosinistra nella città di Genova. La forza elettorale di Scajola è confermata dal fatto che suo nipote, Marco, risulta tra i più votati in Liguria.
Senza dubbio, la sconfitta, inattesa, di Bucci a casa sua, a Genova, città di cui è stato sindaco per 7 anni, non fa ben sperare il centrodestra in vista delle elezioni comunali di aprile 2025.
Bucci, premiato perché considerato non un politico di professione ma un candidato civico, vorrebbe candidare come successore il suo vice, Pietro Piciocchi, sull’onda della continuità con la sua amministrazione. Ma il Pd parte favorito: proprio a Genova, i dem si sono affermati come primo partito.
Gli ottomila voti di scarto che hanno fatto perdere Andrea Orlando si potevano raccattare da qualche parte?
Certo, o dall’elettorato del Movimento Cinque Stelle, che ha disertato le urne facendo inchiodare Conte al 4,6%, o da quello Italia Viva, che è stata tenuta fuori dall’alleanza da Conte.
Questo ha innescato una serie di sciagurate decisioni e ha portato da un lato alla sconfitta del centrosinistra, dall’altro al tracollo dei Cinque Stelle nella regione del fondatore, il latitante (dalle urne) Beppe Grillo.
Un gioco al massacro, quello nel campo largo, che prende i tratti della farsa, visto che Italia Viva, esclusa con ignominia dall’alleanza elettorale in Liguria, sarà presente con i suoi simboli a supporto del campo largo sia in Umbria che in Emilia Romagna: la definitiva dimostrazione dell’altissimo livello di masochismo a cui va ciclicamente incontro la cosiddetta sinistra italiana.
Sempre a proposito di voti, c’è da registrare la solita paraculaggine con cui Giorgia Meloni ha provato a giustificare la perdita, per Fratelli d’Italia, di quasi 100mila preferenze rispetto alle Europee del 9 giugno.
La Ducetta ha puntato il dito contro le liste civiche a supporto di Bucci, che avrebbero drenato consensi a danno dei partiti. Una minchiata, visto che Lega e Forza Italia hanno confermato quasi i loro voti, e solo Fratelli d’Italia li ha persi.
L’analisi dei risultati non può prescindere dal dato sull’astensione: l’affluenza è calata di un altro 7,5%, arrivando al 46% (nel 2019 aveva votato il 53%). È il trionfo del maggior partito d’Italia, Il “partito dell’indifferenza’’, quell’ampia fetta di popolazione che non si sente rappresentata, non sa per chi votare e, priva della spinta delle ideologie, finisce per disinteressarsi al governo della cosa pubblica. Con il risultato che a Bucci è bastato un quarto degli aventi diritto per essere eletto governatore.
Elly Schlein intasca l’ottimo risultato del Pd, che in Liguria ha ottenuto la cifra record del 28,47% mentre Conte ciurla nel manico quando sostiene che, se Renzi fosse entrato ufficialmente nell’alleanza, sarebbe andata peggio per il centrosinistra: con un margine così risicato (8mila voti), anche poche migliaia di renziani sarebbero state utili per la vittoria finale.
Naturalmente ancor più utili sarebbero stati i voti del Movimento 5 Stelle, a partire da quello di Beppe Grillo, che come alle Europee non è andato a votare, se lo stesso Conte non avesse aperto una guerra all’ultimo sangue con l’Elevato (di torno) a poche settimane dalle elezioni.
Una disputa che non poteva non mandare al manicomio un genovese attaccato ai soldi come l’ex comico quando con tono supponente Conte ha annunciato di aver deciso la fine del contratto da 300 mila euro l’anno per ‘’la comunicazione’’ (de che?) al padre Fondatore.
Ora l’ex Avvocato del popolo deve, se vuole, definitivamente trasformare il Movimento protestatario del “vaffa” a destra e a manca in partito, deve dimostrare di avere la forza di imporre nuove regole alla costituente del 23-24 novembre. D’altronde, i vecchi grillini tutti dito medio e “uno vale uno” hanno lasciato il M5s e portato il loro voto altrove, oppure si astengono.
In buona sostanza, Conte, la sconfitta in Liguria, può tatuarsela sulla coscienza e il centrosinistra può flagellarsi riconoscendo alle destre la supremazia del “Fattore Berlusconi”. Ovvero: pur nella totale diversità di idee in politica estera, economia, giustizia, riforme istituzionali, pur essendo costantemente uno contro l’altro, nel momento decisivo Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si uniscono per vincere.
È il vecchio mantra di Silvio, che voleva una politica “a lieto fine”: si discute, ci si manda a quel Paese, ma alle elezioni si va uniti per incassare la cuccagna del potere. Ed è ancora questa la forza della destra rispetto alla guerra permanente e parcellizzata della sinistra, caratterizzata da veti, scissioni, congressi e rancori personali.
Dal risultato elettorale ligure, Giorgia Meloni ha tratto la consapevolezza di dover capitalizzare al meglio ogni tornata elettorale, puntando su candidati non politici né di apparato.
Una decisione che la agevola su due fronti: da un lato, può ovviare alla scarsa materia prima della classe dirigente di Fratelli d’Italia cercando i candidati in esponenti della società. Dall’altro, sfila a Lega e Forza Italia la possibilità di piazzare i loro uomini nei posti chiave.
Elly Schlein gongola per l’ottimo risultato del Pd, ma deve tenere d’occhio i problemi del partito che sembrano sfuggirle di mano.
Al Nazareno ha creato una segreteria a sua immagine e somiglianza, spedendo in Europa Bonaccini e relegando la corrente riformista degli ex democristiani della Margherita nel kindergarten di Dario Nardella, che vuole assorbire le due correnti riformiste di sinistra: Base Riformista di Lorenzo Guerini e Area Dem di Franceschini .
Ma nel campo largo la lezione più evidente del voto ligure è che il Pd, che Elly vuole far tornare un partito di sinistra, senza un solido alleato di centro non va da nessuna parte.
Ed è un problema enorme e sempre più dibattuto: il famigerato contenitore liberal, che doveva sorgere attraverso Renzi e Calenda, è morto prima di nascere, con i due ego-leader rimbalzati dagli elettori (ora Matteonzo sogna persino di rifondare la Margherita), mentre l’appello di Goffredo Bettini per la nascita di una stampella centrista con Francesco Rutelli leader è rimasto inascoltato.
Che qualcosa vada aggiustato è evidente: e dopo le elezioni regionali in Umbria e in Emilia-Romagna qualcosa accadrà.
(da Dagoreport)
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