LA SICCITA’ IN SICILIA E IL BUSINESS DELL’ACQUA: IL COSTO PER UN’AUTOBOTTE E’ SALITO DEL 250% IN TRE MESI, I DISSALATORI SONO CHIUSI DA 12 ANNI
IN VIAGGIO DA CATANIA A CALTANISSETTA, BRUCIATI GRANO, FIENO E ALBERI DA FRUTTO: “L’AGRICOLTURA STA SPARENDO”
Passate da poco le 14 il cielo sopra Enna e Caltanissetta si fa scuro. Nuvoloni in apparenza pieni di pioggia che però i nisseni neanche guardano. Dal 23 dicembre, giorno dell’ultima acqua caduta dal cielo, anche la speranza è sparita assieme alle illusioni. E, nel giro di qualche ora, l’azzurro torna piatto come i campi senza coltivazioni sotto di sé.
Il business dell’acqua
Quanto è grave la crisi idrica, con la quale da anni, ma questa estate con ancora più sofferenza, convivono i siciliani? Intanto qualche numero: il costo di un approvvigionamento da un’autobotte da 8 mila litri è passato in pochi mesi da 50 a 160 euro. Nel solo mese di maggio la Regione ha finanziato altri 109 mezzi, tra acquisti, conversioni, recuperi di cisterne esistenti, e altrettante richieste sono pendenti. La domanda d’acqua in una regione che consuma 181 litri d’acqua procapite al giorno a fronte dei 215 di media nazionale ma «stressa» all’80% le sue dighe (malmesse) perché sperpera il 51% delle proprie risorse, è enorme. Con il conseguente fiorire dell’illegalità: cisterne di privati che vendono acqua di provenienza incerta e salubrità ancora meno verificata sono all’ordine del giorno.
Centro storico a secco
Ieri a Caltanissetta, secondo il calendario di Caltaqua, era il giorno in cui toccava alle vie Due Fontane, Poggio sant’Elia e Luigi Monaco ricevere l’approvvigionamento che arriva però con cadenza sempre più dilatata e incerta. Dai due giorni di intervallo si è passati a quattro, poi alla settimana e alle volte di più. Gran parte del centro storico, fatto di viuzze assai malmesse e inaccessibili alle pompe, vive di espedienti e precarietà. La differenza tra una settimana «normale» e una di gravi difficoltà a compiere le più banali azioni quotidiane, può farla l’altezza di un tetto o l’ampiezza della vasca di accumulo
Agricoltura in ginocchio
Ma il vero dramma, con conseguenze di lungo periodo, è quello dei campi di tutta l’area centro-orientale dell’isola. In autostrada da Catania verso Palermo il verde è un colore rarissimo e il giallo del grano, una volta abbondante, è quello senza luminosità delle stoppe che si alzano a pochi centimetri dal suolo e che si sbriciolano al primo calpestìo delle pecore. Se in media da un ettaro di terreno si ricavavano 12 balloni di fieno, quest’anno si arriva a poco più di uno. E quelli che ci sono, vanno a ruba. Dal punto più panoramico del Riviera Hotel, sulle sponde del lago di Pergusa, l’invaso d’acqua simbolo di questa crisi è, per dimensioni, poco più di una pozzanghera. Il fiume Salso, che scende dalle Madonie, è talmente fermo ed essiccato che in alcuni tratti tende al colore rosa perché il sale è prevalente sull’acqua.
La diga di Troina, sul lago d’Ancipa, più a nord, dai suoi 80 metri di salto è scesa quasi al livello del suolo. La conseguenza è che le coltivazioni orticole sono sparite, gli alberi da frutto sono morti, il bestiame è in grave sofferenza, tanto che molti ne macellano una parte per abbassare il fabbisogno d’acqua. «L’agricoltura siciliana sta scomparendo», dice senza giri di parole Licia Guccione, vice presidente regionale di Confagricoltura donna e in prima linea con le sperimentazioni nelle sue coltivazioni biologiche. «Stiamo lavorando sul dna delle piante per trovare quelle più resistenti, abbiamo ragionato su programmi di rimboschimento, sperimentiamo nuove colture, ma sono tutti programmi di lungo termine. Nell’immediato, per far rendere i terreni economicamente, bisogna inventarsi percorsi enogastronomici, esperienze per turisti, degustazioni».
Il caso dissalatori
Tra tutti gli interventi possibili, ritardati, se non del tutto mancati, quello sui dodici dissalatori dell’isola è il più emblematico. Poche settimane fa la Regione ha finanziato con 20 milioni di euro i progetti di efficientamento e miglioramento delle infrastrutture idriche. Un milione è destinato al dissalatore di Porto Empedocle, nell’agrigentino, la zona più colpita dalla siccità. Un intervento di grande impatto se non fosse che l’impianto di prelievo e trasformazione dell’acqua marina è fermo da 12 anni per i suoi costi elevati e nel frattempo non è stata fatta nessuna manutenzione, come se le precedenti siccità fossero episodi destinati a non ripetersi.
Quest’anno l’emergenza è stata ufficialmente dichiarata ad aprile, ma da allora gli interventi strutturali portati a termine sono pochi: «Ho trovato una struttura commissariale in cui da 20 anni nessuno si occupa di manutenzione e completamento delle dighe (sono 46 in Sicilia, solo 23 funzionanti, ndr)», dice il governatore Renato Schifani, annunciando ulteriori 70 milioni di fondi contro l’emergenza. Nel piano annunciato rientrano 100 nuovi pozzi, l’approdo (venerdì a Licata) della nave cisterna della Marina Militare “Ticino” e altri due dissalatori, a Gela e Trapani.
(da Open)
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