LA SORA “GEORGIA” HA PROMESSO CHE L’ITALIA ARRIVERÀ AL 2 PER CENTO DEL PIL DI SPESE MILITARI, MA OMETTENDO CHE L’OBIETTIVO VERRÀ RAGGIUNTO, FORSE, NEL 2028. NEL FRATTEMPO IL SUO GOVERNO NON UTILIZZERÀ LA DEROGA UE AL PATTO DI STABILITÀ PER IL RIARMO
LE IMPRESE ITALIANE INVESTIRANNO 10 MILIARDI NEGLI STATI UNITI, MA NON SI SA QUALI IMPRESE, NÉ IN QUALE ARCO TEMPORALE. IN COMPENSO, È RIMASTA IN SILENZIO DI FRONTE ALLE MENZOGNE TRUMPIANE SULL’UCRAINA, E LO HA DIFESO NEGANDO CHE ABBIA CHIAMATO GLI EUROPEI “PARASSITI” (IN REALTÀ L’HA FATTO DICENDOSI D’ACCORDO CON JD VANCE..)
C’è un solo modo per riassumere la visita di Giorgia Meloni a Washington: la presidente del Consiglio si è resa complice della distruzione della democrazia e dello Stato di diritto negli Stati Uniti e si è messa a disposizione per esportare l’attacco alla democrazia liberale in Europa. Sulla base di un comune assetto di valori e di una analoga disponibilità a deportare migranti illegalmente.
Vediamo i fatti che i giornali non menzionano. La conferenza stampa di Meloni e Trump nello Studio Ovale dura 33 minuti. Meloni parla sì e no per due minuti complessivi. Nessun impegno formale è stato preso, Meloni non poteva negoziare a nome dell’Unione europea sui dazi perché può farlo soltanto la Commissione. L’incontro non ha alcun contenuto.
Eppure anche questo nulla diplomatico è pieno di contenuto politico. Meloni dice due cose inutili sulle quali si esercitano i retroscenisti: le imprese italiane investiranno 10 miliardi negli Stati Uniti, non è chiaro di chi parli e in quale arco temporale, ma è un dato che serve a rafforzare la narrazione trumpiana sul fatto che il resto del mondo che si piega ai dazi americani.
Poi Meloni ha promesso che l’Italia arriverà al 2 per cento del Pil di spese militari come previsto dagli impegni Nato, ma sottolinea che si tratta di impegni presi da governi passati. La premier omette di specificare che l’obiettivo del 2 per cento verrà raggiunto, forse, nel 2028.
Nell’immediato, la linea del governo italiano – ribadita di recente da Meloni in Parlamento – è di non aumentare le spese militari oltre quanto già previsto, e di non sfruttare la possibilità di fare debito pubblico in deroga al patto di stabilità e crescita concessa dalla Commissione europea.
Quindi, Meloni fa il contrario di quanto auspicato da Trump, ma è abile nel fargli credere di assecondare le sue richieste di condivisione degli oneri sulla sicurezza. L’unico obiettivo del vertice è compiacere Trump, confermargli l’allineamento ideologico.
Meloni condensa il suo ruolo di “ponte” tra Europa e Stati Uniti nello slogan “Make the West Great Again”, praticare un “nazionalismo occidentale” che renda grande di nuovo l’Occidente “come civiltà, non come espressione geografica”.
Giorgia Meloni si produce nella piena legittimazione del modello trumpiano e addirittura indica la volontà di costruire insieme un nuovo Occidente intorno a quella comunanza di valori.
Ora, giusto per ribadire l’ovvio, che però sfugge ai giornali italiani: l’amministrazione Trump sta usando la lotta all’ideologia woke per sottomettere le università americane, costringerle a rispondere all’esecutivo, mettere sotto tutela la ricerca, cambiare le pratiche di ammissione, smantellare ogni presidio intellettuale che le rende troppo progressiste per la Casa Bianca, in modo da renderle allineate con il nuovo corso.
Giorgia Meloni ci tiene a sottolineare la sintonia con questo tassello fondamentale della svolta autoritaria.
Quanto alla lotta all’immigrazione illegale: un paio di giorni prima di Meloni, sulla stessa poltrona nello Studio Ovale, stava seduto il dittatore di El Salvador
Nayib Bukele, che è l’equivalente del premier dell’Albania Edi Rama per Meloni, cioè il complice che permette, a fronte di un compenso, di organizzare un sistema di deportazione e detenzione illegale di migranti, sfidando i tribunali domestici.
La differenza è che Trump è arrivato più avanti di Meloni in questo: deporta immigrati irregolari senza alcuna accusa e senza processo in El Salvador, in un carcere di massima sicurezza finanziato dagli Stati Uniti e dal quale nessuno esce.
L’amministrazione Trump ha deportato – per errore, come ha dovuto ammettere – un cittadino salvadoregno in America da 13 anni, Kilmer Abrego Garcia, senza processo, senza ragione, salvo il tentativo di giustificare la cosa a posteriori sostenendo – senza prove – che fosse membro di una gang. La Corte suprema, oltre che un giudice federale del Maryland, ha ordinato a Trump di riportarlo indietro.
I giornalisti americani gliene chiedono conto durante la conferenza stampa con Meloni, il presidente si limita a rispondere che bisogna parlarne con gli avvocati ma che la sua amministrazione sta facendo “un lavoro fantastico nello spedire fuori dal Paese i criminali che Biden aveva lasciato entrare a centinaia di migliaia”.
Meloni non dice una parola, non potrebbe, non è previsto dal protocollo e non ha certo intenzione di dissentire. Ma questo è un silenzio complice. L’approvazione, tacita ed esplicita, della più clamorosa violazione dei diritti umani e della Costituzione americana della quale Trump si è reso responsabile fin qui.
L’unico altro momento degno di nota è quello in cui Giorgia Meloni si premura di non rinnegare l’appoggio dell’Italia all’Ucraina, senza però indisporre Trump.
Le parole di Meloni sono prive di senso: “Penso che ci sia stata chiaramente una invasione e che l’invasore da quel punto di vista fosse Putin e la Russia ma non è questo… oggi quello che rivela è il fatto che oggi lavoriamo, stiamo lavorando, per arrivare a una pace che sia giusta e duratura”.
E’ chiaro che se “non rivela”, che poi sarebbe “non rileva” il fatto che la Russia abbia invaso l’Ucraina e se la pace va negoziata a prescindere da questo insignificante dettaglio, le premesse non sono le migliori per Kiev e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Poi Trump nega di aver dato le colpe a Zelensky della guerra, cosa che ha fatto più volte, e nega anche di aver chiamato gli europei parassiti, cosa che ha fatto, e Giorgia Meloni lo appoggia in questa ennesima bugia.
Quindi, il comune Occidente da rendere “di nuovo grande” che Meloni vuole costruire assieme a Trump è un occidente fatto di attacchi alle università, deportazioni illegali, e negazione della realtà. Un bel programma
A conferma di questi nuovi rapporti tra Stati Uniti e Italia, il giorno dopo il vertice alla Casa Bianca, Giorgia Meloni ha accolto a palazzo Chigi anche il vice presidente JD Vance con la moglie Usha Chilukuri.
Vance e signora sono venuti in Italia per la Pasqua per sancire qual è il senso e l’utilità dell’Italia nella geopolitica dell’amministrazione Trump: un Paese con un governo ideologicamente allineato dove passare le vacanze.
(da Appunti)
Leave a Reply