LA STORIA DI WALID AHMAD, IL 17ENNE PALESTINESE ARRESTATO SENZA ACCUSE DA ISRAELE E LASCIATO MORIRE DI FAME IN CARCERE
L’AUTOPSIA CONFERMA LE ACCUSE AI CARCERIERI DI NETANYAHU
La fame, unita a gravi condizioni sanitarie non curate, sarebbe stata la causa principale della morte del diciassettenne palestinese Walid Khaled Abdullah Ahmad, detenuto per sei mesi senza accuse formali in un carcere israeliano. È quanto emerge da un rapporto medico redatto dal chirurgo israeliano Daniel Solomon, che ha assistito all’autopsia su richiesta della famiglia del giovane.
Ahmad, morto il mese scorso dopo essere collassato nella prigione di massima sicurezza di Megiddo, presentava segni evidenti di malnutrizione estrema, atrofia muscolare, infiammazione intestinale e scabbia.
Il referto non indica una causa univoca del decesso, ma descrive un quadro clinico gravemente compromesso, compatibile con settimane, se non mesi, di deprivazione alimentare e cure mediche inadeguate.
Secondo quanto riferito da altri detenuti, il ragazzo avrebbe sofferto di diarrea acuta, vomito e vertigini nei giorni precedenti alla morte, e tali sintomi sarebbero stati deliberatamente ignorati dalle autorità israeliane, le stesse che avrebbero avuto l’obbligo di curare il 17enne.
Le condizioni potrebbero essere state aggravate dal consumo di cibo e acqua contaminati, distribuiti e lasciati all’aperto durante il digiuno del Ramadan. Una diagnosi postuma ipotizza la presenza di colite non trattata, una patologia potenzialmente letale se associata a malnutrizione e disidratazione.
L’autopsia, effettuata il 27 marzo presso l’Istituto forense di Abu Kabir, non ha ancora prodotto un rapporto ufficiale da parte delle autorità israeliane, che si sono limitate a comunicare l’avvio di un’indagine interna. Nel frattempo, la famiglia Ahmad attende il rilascio del corpo per poter procedere con la sepoltura.
“Era un ragazzo sano, amava il calcio e frequentava il liceo”, ha raccontato il padre, Khalid Ahmad, che ha visto il figlio per l’ultima volta tramite videoconferenza durante una breve udienza in febbraio, notando un evidente deterioramento fisico. La famiglia, assistita dall’avvocata Nadia Daqqa, spera che il rapporto medico possa spingere Israele a restituire il corpo del ragazzo.
Organizzazioni per i diritti umani, come Physicians for Human Rights Israel, denunciano un peggioramento drastico delle condizioni nelle carceri israeliane dall’inizio della guerra a Gaza. Secondo l’Autorità Palestinese, sono almeno 72 i
detenuti palestinesi deceduti dietro le sbarre, di cui 61 dall’ottobre 2023. Ahmad è la vittima più giovane finora documentata. “La sua morte è una tragedia che riflette l’assenza di tutela minima per la vita umana nelle prigioni israeliane”, ha dichiarato il padre, chiedendo giustizia per il figlio e per le decine di detenuti che ancora oggi affrontano condizioni disumane.
(da Fanpage)
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