LA TAV, IL GOVERNO MANICOMIO E I SONDAGGI INESISTENTI
M5S ACCERCHIATO DAGLI INTERESSI DEI COSTRUTTORI, LA MINI TAV NON DECOLLA E DI MAIO RISCHIA LA LEADERSHIP SUL COMPROMESSO DOPO LE EUROPEE
La follia della TAV, quel bisogno di tunnel che non vuole sentire ragioni: ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha smentito con una nota ufficiale di Palazzo Chigi di aver richiesto una nuova analisi costi-benefici al ministero delle Infrastrutture e alla commissione guidata dal professor Marco Ponti.
Il punto, e il problema, è che a dare notizia della richiesta era stato lo stesso Ponti, il quale aveva detto che era pronta “l’integrazione (alla ACB, ndr) chiesta da Conte”.
La nota della presidenza del Consiglio recita così: Conte «non ha aperto a nessuna ipotesi di mini-Tav nè ha mai richiesto un ulteriore contributo dell’analisi costi-benefici dell’opera, contributo che è stato invece sollecitato dal Ministero dei Trasporti».
Primo dettaglio importante. Il ruolo del ministro Danilo Toninelli.
Una nota del Mit, partita qualche minuto prima, sembrerebbe confermare la tesi: «Il supplemento di analisi è stato prodotto dal gruppo del professor Ponti su uno specifico input giunto non dalla presidenza del Consiglio ma del Mit».
Certo, quanto vale la parola di Conte lo sappiamo dall’epoca del global compact e nell’occasione, secondo i retroscena dei giornali di oggi, è andato in scena un dramma interno al MoVimento 5 Stelle: i giornali ieri aprivano tutti con le nuove ipotesi di accordo sulla TAV, dicevano che non c’era molto spazio per la trattativa e oggi il Corriere sostiene che “!Di Maio si è convinto del progetto quando ha scoperto che la stragrande maggioranza degli elettori grillini è favorevole all’opera”
Ma anche questo è un tarocco pilotato ad arte da ambienti interessati al cemento perchè i pochi sondaggi che esistono danno oltrel’80% degli elettori Cinquestelle contrari alla Tav, loro cavallo di battaglia.
Sulla TAV il governo prende tempo prima di varare un nuovo capitolo del rapporto conflittuale tra M5S e realtà che ha già visto i dossier TAP, ILVA e Terzo Valico finire con l’addio alle promesse elettorali impossibili da realizzare e il codazzo di elettori (scemi e) delusi perchè avevano creduto a quello che i giornali spiegavano loro con dovizia di particolari essere impossibile. Quei cattivoni dei giornalisti, ovvio.
La Stampa racconta che nel M5S non ci sono solo i falchi contro la Tav, il presidente della Camera Roberto Fico su tutti, o Beppe Grillo e Alessandro Di Battista, pronti a sfiduciare Di Maio se dovesse cedere sulla Torino-Lione.
Ci sono anche presidenti di commissione e sottosegretari che minacciano di lasciare. La situazione sta sfuggendo di mano. Anche perchè da mesi è in ballo lo studio di un progetto alternativo, con cui tentare di convincere i francesi e che i No-Tav duri e puri guardano con sospetto, perchè credono possa essere il cavallo di Troia per il Sì.
Ed è proprio questo il punto. […] Conte ha ripetutamente chiesto a Toninelli di fornirgli un nuovo piano da proporre all’opinione pubblica come surrogato della Tav.
Un’idea che, a partire dal potenziamento della linea storica e senza bucare la montagna, il premier possa portare a un tavolo di trattativa con Parigi, sempre che i francesi accettino di sedersi a quelle condizioni.
Da qui deriva anche l’insofferenza crescente di Di Maio verso Toninelli, accusato di non essere stato «capace di proporci nulla». Neanche uno straccio di disegno da cui far ripartire la narrazione per cancellare l’immagine dei 5 Stelle come Movimento del No.
Perchè, come confermano fonti governo, sarebbe stato quello il progetto rivisto a cui facevano riferimento le indiscrezioni su Conte.
Intanto a marzo partiranno i bandi di gara per la TAV che dovevano essere fermati da Toninelli ma che alla fine costituiranno il segnale più importante dal punto di vista politico: il ministro ha dichiarato che entro marzo partiranno i bandi previsti (da cui dipendono 300 milioni di finanziamenti). Il ministro dice che saranno comunque revocabili prima dell’inizio dei lavori, tra sei-otto mesi.
Il tempo necessario per trovare una sintesi con la Lega? Forse, ma a patto di lasciar lacerare e marcire il problema per un tempo che sembra irragionevole, specialmente se la fine della storia dovesse arrivare con l’ok alla TAV.
Conte dovrà trovare un accordo politico prima che la vicenda finisca per travolgere il suo governo. E nel farlo dovrà tenere conto di tutte le problematiche insite nella questione delle penali che non sono penali ma che rappresentano comunque un costo e, insieme, un elemento adatto a costruire una strategia di comunicazione intorno all’ok all’opera. Come è successo per il Terzo Valico.
(da “NextQuotidiano”)
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