L’ANTITRUST DENUNCIA: IN ITALIA C’E’ UNA CUPOLA FINANZIARIA
DOPPI INCARICHI, INCROCI AZIONARI, GROVIGLIO DI POSIZIONI… L’80% DEI GRUPPI E’ GESTITO DA ORGANISMI IN CUI SIEDONO MANAGER CHE HANNO INCARICHI PURE IN GRUPPI CONCORRENTI…UNA GRANDE CUPOLA DI INTERESSI CHE NON HA UGUALI IN EUROPA E CHE CONDIZIONA LA POLITICA
Intrecci personali, doppi incarichi e incroci azionari. Su una cosa battiamo tutti in Europa: i grandi gruppi finanziari italiani, dalle banche alle assicurazioni e alle società di gestione, sono un fiorire di poltrone in conflitto tra loro, quindi in teoria inconciliabili.
Il dato che colpisce è che l’enorme groviglio di posizioni poco chiare riguarda l’80% dei gruppi passati al setaccio dall’Antitrust, l’autorità che vigila sulla concorrenza.
Il dossier che ha messo a punto i panni sporchi dell’alta finanza italiana in un anno di lavoro fornisce un quadro aggiornato degli assetti di governo delle società quotate e non quotate da cui emergono i punti di debolezza di un settore afflitto soprattutto da un deficit di trasparenza.
Dal virus degli interessi intrecciati si salva appena il 20% dei casi esaminati, mentre l’80% dei gruppi è gestito da organismi in cui siedono manager che hanno incarichi anche in gruppi concorrenti, almeno in teoria.
E’ una situazione di enorme confusione di ruoli e di interessi, un’anomalia tipicamente italiana e che non si riscontra per le imprese quotate in Spagna e Olanda, mentre interessa appena il 26,7% dei gruppi quotati a Parigi, il 43,8% del sistema finanziario tedesco e il 47,1 di quello inglese. L’Antitrust ha stilato una lista con i gruppi che presentano nei propri organismi di governance più di dieci persone con cumuli di incarichi in società concorrenti.
Classifica aperta dalle Generali con 16 incarichi multipli, a seguire Premafin con 15 incarichi, Intesa SanPaolo, Mediobanca, Ubi seguono con 14 poltrone e Unicredit con 13 incarichi che si sovrappongono.
Non c’è solo il problema degli incarichi multipli: il grande abbraccio tra concorrenti si avvale dei tanti legami che passano attraverso partecipazioni azionarie.
Emergono molteplici relazioni pericolose nei salotti dell’alta Finanza, laddove l’Antitrust ha riscontrato la presenza di competitor tra gli azionisti di varie società del settore finanziario nel 42,3% dei casi esaminati.
C’è poi il nodo irrisolto delle Fondazioni che ancora vivono in stretta simbiosi con le banche, anzi in molti casi le controllano in veste di azionisti di riferimento: è un assetto che l’Antitrust ha riscontrato in ben 23 banche su 82 prese a campione.
In parecchi casi, le Fondazioni svolgono un ruolo di controllo almeno di fatto. In altri casi le quote di capitale detenute assicurano la maggioranza relativa o un ruolo di assoluto rilievo.
Senza contare che le Fondazioni hanno sempre più un ruolo strategico, sono in grado di condizionare nomine, patti societari e assemblee.
Come rimediare a questo esteso groviglio di incarichi e partecipazioni?
La risposta dell’Antitrust è netta: bisogna cambiare le regole, interne ed esterne alle società , perchè quelle che ci sono non funzionano o sono facilmente aggirabili.
Per esempio, il divieto di concorrenza previsto dall’art. 2390 del codice civile viene dribblato da un’autorizzazione preventiva dell’assemblea.
Anche la disciplina sul conflitto di interessi fa acqua e non appare idonea a sciogliere i legami tra concorrenti.
L’Antitrust chiede la modifica degli Statuti, eliminando i legami personali.
Il suo convinto verdetto la porta a sostenere che “l’adozione di modelli di governance chiari emerge come una priorità , anche in termini di recupero di reputazione del sistema” .
E’ evidente che la “cupola finanziaria” esistente in Italia agisce contro gli interessi del mercato e i diritti dei consumatori.
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