L’ARGENTINA IN BILICO, DAL MANIFESTO CON MARADONA ALLE MADRES DE PLAZA DE MAYO
A BUENOS AIRES E’ SFIDA ALL’ULTIMO VOTO TRA IL PERONISTA MASSA E L’ULTRALIBERISTA ESTREMISTA TRUMPIANO MILEI
L’Argentina in bilico, dai manifesti con Maradona alle Madres de Plaza
Venerdì sera, a poche ore dal ballottaggio che deciderà il futuro dell’Argentina, il candidato dell’estrema destra Javier Milei si è presentato al prestigiosissimo Teatro Colón di Buenos Aires, dove andava in Scena Madamme Butterfly.
Quando è stato riconosciuto durante l’intermezzo, il pubblico ha cominciato a insultarlo a coro: “Milei tu sei la dittatura” scandivano da ogni dove, e qualche membro dell’orchestra si pure spinto ad accompagnare col proprio strumento. Una scena inedita, specie in uno dei teatri simbolo dell’élite “porteña”, che descrive però molto bene quel che si vive in Argentina da diverse settimane.
La polarizzazione politica è palpabile nelle strade, tappezzate con le facce dei due candidati che si affrontano questa domenica alle urne: l’attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa, e l’eccentrico economista “anarcocapitalista”, Milei.
È proprio quest’ultimo a suscitare le reazioni più forti. Da star dei talk-show politici, dove il suo atteggiamento aggressivo e spregiudicato e la sua peculiare capigliatura gli hanno reso una fama nazionale, Milei è approdato all’arena politica solo due anni fa, grazie al sostegno di alcuni potenti imprenditori per i quali è stato consulente economico, diversi operatori politici in cerca di un marchio vincente da piazzare su una scheda elettorale e, appunto, i media amici.
Nel 2021 è riuscito a entrare in parlamento, dove ha portato le sue invettive contro “la casta politica” e le sue teorie contro il welfare. Secondo Milei infatti il grande problema dell’Argentina, sprofondata da anni in una crisi economica e sociale che non sembra aver fine, è lo Stato. E la soluzione sta proprio nel ridurlo ai suoi minimi termini: “dare fuoco” alla Banca Centrale, privatizzare istruzione, sanità e servizi sociali, adottare il dollaro come moneta nazionale, sregolare il mercato. Nei suoi interventi più eclatanti Milei ha addirittura parlato di legalizzare il mercato di armi, di organi o di bambini: se il mercato esiste, lo stato deve lasciar fare.
L’eccentricità di Milei raccoglierebbe ben pochi consensi se la situazione argentina non fosse davvero drammatica. L’inflazione è schizzata al 143% su base annua, il potere d’acquisto polverizzato, il tasso di cambio del dollaro, valuta di riferimento per il prezzo dei beni durevoli, è aumentato del 160% rispetto al Peso argentino da gennaio e la povertà si attesta intorno al 40% della popolazione. Un disastro che affligge specialmente i più giovani, la principale base elettorale del partito di Milei, La Libertad Avanza. In un paese dove si può votare a partire dai 16 anni, la maggior parte degli elettori under 20 non conosce un altra realtà che non sia segnata dalle ristrettezze economiche e l’inefficienza dell’amministrazione pubblica. A cui si aggiungono gli scandali di corruzione di cui la dirigenza politica tradizionale è stata spesso protagonista.
Sergio Massa, ministro dell’economia del governo di centrosinistra di Alberto Fernandez, è forse uno dei personaggi simbolo di quella leadership deprecata dalla gioventù “libertaria”.
Formato politicamente nella destra liberale dell’Argentina post dittatura, ha ricoperto cariche pubbliche in quasi tutti i governi, da destra a sinistra, negli ultimi 22 anni. I suoi manifesti per le strade di tutto il paese sono spesso imbrattati con la parola “chorro”, ladro, epiteto dispregiativo che Milei pronuncia religiosamente ogni volta che si riferisce a un politico tradizionale.
La gestione economica di Massa, figlio di un imprenditore edile siciliano e di una casalinga originaria di Trieste, è decisamente negativa, e il suo successo elettorale solo si spiega grazie al timore che suscita il suo rivale. Che nelle settimane precedenti al ballottaggio ha riscosso un caloroso appoggio anche da parte dei nostalgici della dittatura militare (1976-1983).
La sua candidata a vice, Victoria Villarruel, figlia di un gerarca dell’esercito legato al sistema di campi di concentramento creati dal regime negli anni ’70, e che nel 1987 si è pure rifiutato di giurare fedeltà alla costituzione, ha più di una volta messo in discussione le condanne contro i responsabili della tortura e sparizione di 30.000 persone sotto il governo delle Forze Armate. Figli di desaparecidos, le emblematiche Madres de Plaza de Mayo, famigliari e vittime del terrorismo di stato hanno lanciato l’appello negli ultimi giorni a “battere Milei” questa domenica.
Sfida all’ultimo voto
Nelle strade di Buenos Aires intanto restano i segni della campagna elettorale che si è chiusa venerdì. Alla Boca, storico quartiere fondato da immigrati genovesi, si ricorda il sostegno esplicito che Diego Armando Maradona diede a Sergio Massa quando era ministro degli interni nel governo di Cristina Kirchner: “La Boca sa che Dieguito voterebbe per Massa”, si legge in alcuni manifesti.
Ma se la paura verso l’estrema destra vince chiaramente la battaglia sui muri delle città, nelle urne la situazione sembrerebbe ben diversa. Tutti i sondaggi prevedono un testa a testa serratissimo tra i due candidati. Sebbene Milei vanta ancora un lieve vantaggio, gli indecisi rappresentano, a poche ore del voto, circa il 10% dell’elettorato. Un finale incerto, tesissimo, per una delle elezioni più singolari di sempre nel paese latinoamericano.
(da la Stampa)
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