L’ASSEGNO IN BIANCO DELLE OLIMPIADI
SPRECHI, PREVISIONI SBALLATE E COSTI LIEVITATI ANCHE DEL 700%… I PRECEDENTI, COMPRESO TORINO
L’Italia si è aggiudicata i Giochi invernali del 2026, le Olimpiadi della retorica invece le ha già vinte.
La sbornia post Losanna è destinata a durare ancora per molti mesi dopo che la delegazione italiana ha avuto la meglio sui diretti concorrenti svedesi.
Una partita ristretta visti i ritiri di tutti i Paesi che avevano manifestato interesse come Austria, Giappone, Svizzera, Canada e l’esclusione della Turchia. Anche la sindaca di Barcellona Ada Colau, quando si discuteva di una possibile candidatura, spense sul nascere i sogni di gloria della sua città .
E persino Stoccolma ha pensato al ritiro a causa dei forti dubbi del governo locale. La proposta italiana ha ottenuto 47 voti contro 34, l’amministrazione di Stoccolma tira così un sospiro di sollievo.
In Lombardia e Veneto la gioia è invece incontenibile, e da lì si propaga in tutto il Paese. Perchè, dicono i promotori, è certo che si tratterà di Giochi “sostenibili”, senza sprechi e anzi con un lauto guadagno per le casse dello Stato in termini di investimenti, entrate fiscali e di benefici sul fronte occupazionale.
I numeri ex ante sono più che positivi, e si basano su numerosi studi che stimano un impatto sul Pil notevole: 2,3 miliardi di Pil cumulato aggiuntivo secondo l’Università la Sapienza, per la Bocconi un impatto sulla produzione di circa 2,8 miliardi solo per la Lombardia, 1,5 miliardi invece per il Veneto e le province di Trento e Bolzano secondo la Ca’ Foscari. In totale, l’impatto economico della manifestazione sulla produzione raggiungerebbe 4,3 miliardi di euro, con un valore aggiunto di poco meno di 2 miliardi di euro e con oltre 35 mila nuovi posti.
Il costo totale dell’evento, secondo i promotori, si aggira intorno al miliardo e mezzo. Circa 840 milioni di euro arriveranno direttamente dal Comitato Olimpico internazionale, lo Stato dovrà sborsare “solo” 415 milioni, grazie soprattutto al fatto che gran parte degli impianti esiste già .
Su 14 sedi di gara, quattro saranno ristrutturate. Tra queste il PalaSharp di Milano, oggi zona franca del degrado e della tossicodipendenza, dovrà essere rimesso completamente a nuovo.
Discorso simile per la pista da bob di Cortina, abbandonata da tempo a se stessa. Altre tre strutture saranno poi temporanee, mentre solo un impianto sarà costruito da zero: il PalaItalia Santa Giulia a Milano (capienza 15mila spettatori) per l’hockey, destinato dopo i Giochi a diventare spazio polifunzionale.
Gli investimenti previsti sono pari a circa 346 milioni per la realizzazione dei villaggi olimpici e dei media center e per gli impianti. I costi di gestione previsti per la realizzazione dell’evento sono pari a 1.170 milioni. A questi vanno sommati 415 milioni a carico dell’amministrazione centrale, di cui 402 milioni per le spese in materia di sicurezza.
Il costo contabilizzato per le Olimpiadi invernali organizzate a Torino nel 2006 era stato di 1.229 milioni. Quei Giochi costarono invece più di quattro miliardi.
Il paragone con Torino, che ha rinunciato alla candidatura in triade con Milano e Cortina, è il più immediato.
Perchè se le stime raccontano l’opportunità di organizzare davvero dei Giochi low cost, l’esperienza insegna che mai le previsioni sono state azzeccate, con costi lievitati e sprechi di denaro pubblico in opere poi inutilizzate.
Come la pista da bob di Cesana, costata 140 milioni e oggi una delle tante cattedrali nel deserto. O lo sky jump di Pragelato, costato 34 milioni e di cui ancora oggi si discetta se smantellarlo o riqualificarlo.
A fronte delle stime che le stesse università che le hanno prodotte invitano a prendere con cautela – dal momento che non si tratta di vere analisi costi-benefici – ci sono anche diversi studi che spiegano come i Giochi raramente si siano rivelati un affare per i Paesi ospitanti.
Tant’è che lo stesso Cio ha varato un nuovo regolamento per l’organizzazione dei Giochi, la cosiddetta Agenda 2020, che impone ai Paesi zero sprechi e spese oculate, attraverso strutture temporanee e progetti a basso impatto economico, con una chiara idea della destinazione futura a evento concluso. Il Comitato internazionale ha quindi assistito i Paesi candidati nella stesura dei dossier.
Secondo le elaborazioni di Statista, in nessun Paese organizzatore di giochi estivi o invernali le stime iniziali si sono rivelate corrette, anzi.
Nel caso di Rio, la spesa per gli impianti e le infrastrutture è stata di 4,58 miliardi di dollari, sforando del 51% il budget inizialmente stanziato.
Chi ha esagerato è stata Sochi, che ha speso il 289% in più dalle previsioni, circa 21 miliardi. A Lillehammer c’è stato uno sforamento del budget inizialmente previsto del 277%, a Barcellona del 266%.
A Torino l’incremento fu dell′80%. Guido Crosetto, all’epoca in Forza Italia, chiese di istituire una commissione parlamentare sugli sprechi dei Giochi. Nel 2011 Torino guidava la classifica dei Comuni più indebitati, con circa 3400 euro di debito per abitante rispetto alla media di allora di 1600 euro, in parte dovuto alle spese sostenute per l’organizzazione dei Giochi di cinque anni prima.
Per non parlare di Londra 2012, dove i costi complessivi hanno superato per il 179% le previsioni, circa 6,5 miliardi in più secondo uno studio dell’Istituto Bruno Leoni. Il Governo di allora, per bocca del ministro Hugh Robertson, sostenne che le spese erano state inferiori, grazie a una sapiente omissione di interventi e misure non contabilizzate. Com’è noto, l’insuccesso più clamoroso è rappresentato dai giochi di Montreal del 1976, con una lievitazione dei costi +720% e un buco ripianato in ben trent’anni. Secondo lo studio di Bent Flyvjerg e Allison Stewart, citato dal Bruno Leoni nel suo report del 2014, tutte le edizioni delle Olimpiadi analizzate dal 1960 al 2012 hanno registrato perdite significative.
Come la Grecia, che spese per l’edizione del 2004 circa 9 miliardi contro la metà preventivata: in quell’anno il deficit di Atene si attestò al 6,1% e secondo molti esperti le Olimpiadi diedero un decisivo contributo nell’innescare la crisi finanziaria di cui ancora oggi paga le conseguenze.
La letteratura scientifica è concorde nel riconoscere come l’impatto dei grandi eventi sportivi che si legge nei dossier ex ante sia notevolmente sovrastimato, così come sono sottovalutati i costi finanziari.
Si fa spesso confusione, scriveva nel 2014 il Bruno Leoni, tra analisi di impatto e analisi costi-benefici: “Mentre le prime si limitano a stimare l’effetto della spesa connessa all’organizzazione dei Giochi sull’economia nel suo complesso, le seconde considerano più realisticamente che ogni decisione di spesa ne impedisce altre, cosicchè appare necessario procedere a una valutazione che consideri il differenziale anzichè l’impatto assoluto”.
Un altro studio del 2016 della Said Business School dell’Università di Oxford, citato dalla sindaca di Roma Virginia Raggi per dire no ai Giochi nel 2024, giunse alle stesse conclusioni. Il 47% dei giochi ha avuto un costo superiore del 100 per cento rispetto alle previsioni. Insomma, si tratta di maxi-eventi tra i più rischiosi, soprattutto per le casse dello Stato. Gli studi suggeriscono che i Paesi che si trovano in una congiuntura economica sfavorevole o con uno spazio fiscale ristretto sarebbe meglio si tenessero alla larga. Poi ci sono le eccezioni, ma resta la certezza che al momento della aggiudicazione le Olimpiadi sono “un assegno in bianco”.
(da “Huffingtonpost”)
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