“LAVORAVA CON NOI, AVEVA PAURA”: GIULIO REGENI COLLABORAVA CON “IL MANIFESTO” SOTTO PSEUDONOMO
SI FA STRADA L’IPOTESI DI UN COINVOLGIMENTO DELLE FORZE DI SICUREZZA EGIZIANE NELL’OMICIDIO DEL GIOVANE RICERCATORE ITALIANO
Sale la tensione tra Roma e il Cairo sul caso della morte di Giulio Regeni, lo studente italiano scomparso la notte del 25 gennaio al Cairo e ritrovato mercoledì.
Se in mattinata era stato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a interfacciarsi con le autorità egiziani, ora sulla questione è intervenuto Matteo Renzi: il presidente del Consiglio ha sentito nel pomeriggio il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi al quale ha rappresentato l’esigenza che il corpo del ricercatore sia presto restituito alla sua famiglia e all’Italia e che sia dato pieno accesso ai nostri rappresentanti per seguire da vicino, nel quadro dei rapporti di amicizia che legano Italia ed Egitto, tutti gli sviluppi delle indagini per trovare i responsabili di questo orribile crimine ed assicurarli alla giustizia.
Il presidente egiziano ha risposto al premier dicendo di aver ordinato al ministero dell’Interno e alla Procura generale di “perseguire ogni sforzo per togliere ogni ambiguità ” e “svelare tutte le circostanze” della morte di Regeni.
L’Italia “troverà una cooperazione costruttiva da parte delle autorità egiziane”.
Cominciano a emergere particolari sugli ultimi minuti in cui Regeni è stato visto vivo. Giuseppe Acconcia, collaboratore del Manifesto con il quale collaborava anche Regeni, ha raccontato a Radio Popolare che il ricercatore aveva preferito non firmare gli articoli perchè “aveva paura per la sua incolumità ”.
“Giulio si occupava soprattutto di movimenti operai e di sindacalismo indipendente”, ha raccontato Acconcia, dunque era in contatto con esponenti dell’opposizione egiziana.
Acconcia ha raccontato anche della testimonianza di una cronista locale che avrebbe visto uno straniero arrestato alla fermata della metropolitana di Giza, nel quartiere dove Regeni viveva, luogo in cui nel 2013 — proprio nell’anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir del 2011 — si erano verificate manifestazioni contro il regime di Mubarak. “Può essere che Giulio fosse andato lì proprio per vedere se ci fossero ancora manifestazioni”, ha raccontato il giornalista.
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply