LE BANCHE A PICCO A PIAZZA AFFARI: CREDITI DETERIORATI, BAD BANK E LITI IN EUROPA LE CAUSE
PESANO GLI ANNUNCI DELLE ISPEZIONI BCE SULLE ESPOSIZIONI DEGLI ISTITUTI E I DUBBI SUL LORO REALE VALORE
Nuova seduta di vendite sulle banche italiane dopo il crollo di lunedì che ha mandato in rosso Piazza Affari.
Nel mirino ancora il Monte dei Paschi di Siena, Bper, Banco Popolare, Popolare di Milano e Unicredit. Cioè gli istituti che, insieme a Carige, hanno ammesso di essere sotto la lente della Banca centrale europea, che ha avviato un’attività di ricognizione sui loro crediti deteriorati.
Una zavorra che per le banche della Penisola vale 350 miliardi lordi (200 di sofferenze e 150 di incagli), pari a quasi il 20% degli impieghi.
Di questi, 45 ce li ha in pancia a Rocca Salimbeni, che nella mattinata di martedì è tornata a perdere oltre il 10% riducendo la capitalizzazione a poco più di 2 miliardi.
Ora Mps vale dunque un miliardo in meno rispetto ai 3 chiesti ai soci la scorsa estate. E solo l’anno prima l’istituto aveva portato a termine un altro aumento da 5 miliardi.
Trattativa lenta sulla bad bank
Alle origini della tempesta che si è scatenata sui titoli del settore, già sotto pressione per l’entrata in vigore della normativa sul bail-in e per la sfiducia creata dal caso salva-banche, c’è anche il nodo tuttora irrisolto della cosiddetta bad bank.
Il governo continua a sostenere di voler fare in fretta, ma il dossier è sul tavolo di Palazzo Chigi e del Tesoro da più di un anno. E lo scontro degli ultimi giorni tra Matteo Renzi e la Commissione Ue, con fonti di Bruxelles che fanno trapelare di “non avere un interlocutore” a Roma, non è un buon viatico per un accordo.
Stando alle ultime indiscrezioni il piano informale che il governo ha inviato alla Ue non prevede più una società ad hoc a cui trasferire i crediti difficili da riscuotere bensì solo una garanzia pubblica che la solita Cassa depositi e prestiti o la Sace concederebbero su richiesta alle banche che attiveranno società veicolo cui trasferire i crediti deteriorati.
La settimana scorsa un portavoce della Commissione ha mandato a dire che “spetta all’Italia decidere come procedere”. Il problema cruciale è il prezzo.
Il nodo del valore dei crediti: spaventa la svalutazione dell’83% applicata alle banche “salvate” – Bisogna infatti stabilire quanto debbano essere valutate quelle esposizioni deteriorate.
Per evitare l’accusa di aver concesso aiuti di Stato occorre che i prezzi siano di mercato.
Il decreto salva banche del 22 novembre ha svalutato quelli di Banca Etruria, Carife, Banca Marche e Carichieti da 8,5 a 1,5 miliardi, il 17% del valore di libro.
Ma gli istituti italiani, in media, li hanno iscritti a bilancio al 44% del valore originario: 88 miliardi sui 198 di sofferenze lorde, stando agli ultimi dati Bankitalia.
Ridurre di più di metà quella valutazione imporrebbe al sistema rettifiche imponenti: se le banche dovessero mettere in conto di recuperare 17 euro ogni 100 in sofferenza, invece che 44 ogni 100, i 200 miliardi di sofferenze ne varrebbero 34 e non 88.
Di conseguenza gli istituti dovrebbero accantonare oltre 50 miliardi per far fronte alle possibili perdite.
Gli esami di Francoforte su impieghi e accantonamenti
Intanto proprio sulla gestione dei cosiddetti “non performing loans” sono ufficialmente partiti nuovi esami dell’Eurotower, che sottoporrà Banco Popolare, Bpm, Bper, Mps e Carige e Unicredit ad “attività di valutazione e indagini conoscitive”.
Nel mirino “strategia, governo, processi e metodologia adottati”: vale a dire che gli ispettori della vigilanza bancaria unica valuteranno se il valore a cui le sofferenza sono iscritte a bilancio è congruo.
E in caso contrario potrebbero chiedere agli istituti di fare, appunto, ulteriori accantonamenti. Stando a quanto scritto sabato da Il Sole 24 Ore, poi, la task force di Francoforte offrirà anche una sorta di consulenza ai vertici in materia di gestione delle esposizioni deteriorate.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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