LE DIMISSIONI DI FIORAMONTI TRA DISAMORAMENTO E VELENI
LA DISSONANZA CON IL M5S PARTE DA LONTANO… PROSSIMO PASSO UN GRUPPO PRO-CONTE ALLA CAMERA
Il disamoramento di Lorenzo Fioramonti parte da lontano. Forse prima ancora della sua nomina a ministro dell’Istruzione. E culmina oggi con una lettera ai suoi fan su facebook nella quale assicura che continuerà a battagliare sulle tematiche delle scuola anche da deputato semplice della Repubblica.
In sostanza, anche senza la casacca del Movimento che gli ha consentito di farsi eleggere e di varcare l’ingresso di Montecitorio.
A tutti infatti era apparso quanto meno fuori luogo comunicare prima ancora di giurare da titolare del dicastero di viale Trastevere, con una serie di interviste ai principali quotidiani, che si sarebbe dimesso nel caso non avesse ottenuto tre miliardi di fondi per la scuola.
“Ma come ha potuto fare, in quel contesto, con un governo appena nato?”, si domandano oggi con insistenza i suoi detrattori dentro a un gruppo parlamentare, quello dei cinquestelle, le cui chat ribollono.
Ecco, Fioramonti, romano, classe ’77, una laurea in filosofia con tanto di dottorato, una cattedra in economia politica all’Università di Pretoria in Sud Africa, ha sempre tenuto un atteggiamento all’interno del Movimento da battitore libero, con posizioni dissonanti dal mainstream di Di Maio e company, al punto che qualcuno lo aveva ipotizzato leader alternativo al capopolitico dei cinquestelle.
Già , i cinquestelle. Nella war room dei grillini se l’aspettavano che sarebbe finita così. “Era un’operazione studiata a tavolino, mirata a crearsi un personaggio”, è l’accusa che gli rivolgono gli ex compagni nel giorno di Santa Stefano.
Pian piano, dichiarazione dopo dichiarazione, Fioramonti si è sempre più allontanato dalle istanze pentastellate. Con alcune uscite che hanno fatto traballare l’esecutivo, leggi alla voce sugar tax. Oppure sottolineando con forza gli errori sul caso Diciotti, sulla legittima difesa, sui famosi decreti sicurezza Salvini. Soltanto venti giorni fa, nel bel mezzo della bufera sulla manovra di bilancio, in un’intervista a Vittorio Zincone sul settimanale “Sette” del Corriere della Sera, Fioramonti aveva attaccato nientepopodimeno che Casaleggio e la società : “Mi chiedo — dice – che relazione c’è tra noi e un’azienda privata che non si capisce a quale titolo gestisce parte delle nostre risorse e che si inserisce nell’agenda politica?”.
E ancora: “Va benissimo un server provider che ci fa il sito web, ma questa situazione dimostra che il problema più che la leadership, è l’organizzazione del Movimento”. Tutti erano rimasti basiti, ma tutti non avevano proferito verbo. Perchè l’esecutivo stava attraversando una fase non facile ed era preferibile non alimentare polemiche.
Ora, dopo aver fatto il viceministro dell’esecutivo gialloverde e il ministro del governo giallorosso, Fioramonti si prepara ad uscire dal Movimento.
D’altro canto, basta leggere il suo post su Facebook e accorgersi che il percorso politico dell’ex ministro dell’Istruzione non si fermerà oggi. Lui infatti la mette così: “Il mio impegno per la scuola e per le giovani generazioni non si ferma qui, ma continuerà – ancora più forte – come parlamentare della Repubblica Italiana”.
Fonti qualificate raccontano che starebbe lavorando a un partito ecologista italiano. Sul modello dei verdi di Germania che veleggiano in doppia cifra. Non a caso prima di strappare ripeteva ad amici e fedelissimi: “Fino all’ultimo cercherò di portare avanti i contenuti del Movimento, che nacque progressista e ambientalista”.
Il primo passo sarà quasi certamente un gruppo parlamentare a Montecitorio, che voterà a favore del governo, e che vedrà al suo interno altri cinquestelle. Fra gli altri, dieci in totale, Rachele Silvestri, Andrea Vallascas, Massimiliano De Toma. Quest’ultimo viene considerato l’amico di Fioramonti.
“Quando Lorenzo si presenta a Montecitorio parla solo con De Toma”, confessa un deputato. E poi ancora potrebbero cedere alle sirene di Fioramonti Mara Lapia, Paolo Giuliodori, Felice Mariani, Roberto Rossini, Paolo Lattanzio, Nadia Aprile e Roberto Cataldi. Tutti indiziati speciali anche se ancora non si ha la certezza.
E se su queste potenziali uscite la cabina di regia di Di Maio e company minimizza, “non ci sono prime linee”, allo stesso tempo c’è chi prova a gettare veleno. Il sospetto è che dietro a questa fuga in avanti di questo professore che si vanta di possedere una casa tutta ecosostenibile si nasconda la questione rendicontazione.
L’accusa suona più o meno così: “Fioramonti lascia il ministero e il gruppo perchè i suoi rimborsi sono fermi al 2018, Restituisca prima i 70 mila euro e ne parliamo”.
In effetti, spulciando nel sito tirendiconto.it, ci si accorge che Fioramonti non versa i rimborsi dal dicembre dello scorso anno. Assieme a lui anche diversi fra gli indiziati del nuovo gruppo ecologista non avrebbero versato le quote dovute nel 2019. Non è dato sapere se sarà un caso. Certo è che si tratta di un’altra scossa che investe il M5S.
(da “Huffingtonpost”)
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