“LE DONNE DEVONO FARE FIGLI, NON CARRIERA”: LA RUSSIA VA VERSO IL DIVIETO D’ABORTO
PER LA PRIMA VOLTA IL MINISTERO DELLA SANITÀ SOSTIENE LE PROPOSTE ULTRACONSERVATRICI DELLA CHIESA RUSSA ORTODOSSA: CREMLINO VUOLE NUOVA “CARNE DA CANNONE” PER LE GUERRE CHE VERRANNO
In Russia vige un nuovo comandamento: “Donna, farai figli, non carriera”. È in pericolo come mai, da quando tornò legale nel 1955 dopo il divieto staliniano, il diritto d’aborto in Russia. Vacilla sotto le spallate di un governo sempre più preoccupato dal calo demografico in tempi di mobilitazione e caduti al fronte e di una Chiesa Russa Ortodossa sempre più padrona dello Stato.
L’ultimo assalto è arrivato dalla Repubblica di Mordovia, prima regione della Federazione russa ad avere introdotto il “reato d’influenza all’aborto”, bislacca invenzione giudiziaria che vieta di “influenzare” le donne a interrompere una gravidanza “attraverso la persuasione, le offerte, la corruzione, l’inganno o imponendo altre richieste”.
Per anni il ministero della Sanità aveva sostenuto, dati alla mano, che il divieto di aborto non aumentasse affatto il tasso di natalità
Dopo l’inizio dell’offensiva in Ucraina, la Russia ha urgente bisogno di compensare le perdite che subisce sul campo di battaglia.
Settimane fa il ministro della Sanità Mikhail Murashko è arrivato a dire che le donne dovrebbero fare figli presto invece che proseguire gli studi o fare carriera: una “responsabilità” nei confronti del Paese
Murashko ha anche appoggiato pubblicamente le proposte della Chiesa d’introdurre “controlli rigorosi” sulla vendita delle pillole abortive
A parole la legislazione russa è tra le più progressiste al mondo: consente alle donne di abortire fino alla 12esima settimana di gravidanza e, in casi eccezionali come lo stupro o la morte del marito, fino alla 22esima. Ma di fatto, nel pubblico, la strada è lastricata di ostacoli. Dal 2011, ad esempio, su pressione della Chiesa, è in vigore quella che qui viene chiamata la “settimana del silenzio”, un tempo di riflessione obbligatorio che va dai 2 ai 7 giorni prima della procedura durante i quali la donna viene costretta a sottoporsi a una consulenza che dovrebbe essere volontaria. I medici vengono ricompensati se la donna ci ripensa
Alle spalle c’è la Chiesa che continua la sua crociata per un divieto totale. Il patriarca Kirill propone da anni di rimuovere l’aborto dalle prestazioni coperte dal servizio sanitario nazionale. Dal suo punto di vista, i contribuenti non dovrebbero pagare per l’infanticidio. A dargli man forte il capo della Commissione patriarcale per la famiglia, Fjodor Lukjanov, che ha persino suggerito che le donne abortiscano soltanto con il consenso del coniuge. Le donne però non ci stanno. L’anno scorso la domanda di farmaci abortivi in Russia ha raggiunto il massimo storico: sono stati venduti in totale 1,4 milioni di farmaci che inducono aborti e 2,2 milioni di pillole del giorno dopo, rispettivamente il 60% e 53% in più rispetto al 2021.
Il motivo dell’impennata? “Il lancio dell’operazione militare speciale della Russia in Ucraina, le sanzioni occidentali, il calo dei redditi della popolazione e la parziale mobilitazione”. Per dirla con le parole della femminista Zalina Marshenkulova, la Russia ha bisogno di “carne da cannone” per alimentare l’offensiva russa in Ucraina, ma le donne finché possono si oppongono.
(da agenzie)
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