LE FAMIGLIE ITALIANE E LA CASA: IL PESO E’ ANCORA SULLE DONNE “MA GLI UOMINI SONO CONVINTI DI FARE DI PIU’ DI QUANTO FANNO”
L’ULTIMO RAPPORTO DEL CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA: LE DISPARITA’ MIGLIORANO TRA GLI UNDER 35 MA TORNANO CON LA NASCITA DEL PRIMO FIGLIO
La casa di proprietà è ancora il cardine attorno a cui ruota la famiglia italiana. I giovani comprano meno, ma quelli che lo fanno continuano a ricevere l’aiuto dei genitori per l’acquisto. Questi ultimi aiutano i figli senza aspettarsi necessariamente qualcosa in cambio. Dentro casa, a occuparsi delle faccende domestiche sono principalmente le componenti femminili della famiglia, anche se gli uomini sono convinti di fare di più di quanto in realtà facciano. In quest’ambito i più giovani hanno una divisione dei compiti più equa che però tende a dissolversi con la nascita del primo figlio. Sono questi i principali elementi che emergono dal rapporto «Case e città a misura di famiglia», l’ultima edizione del rapporto annuale del Centro Internazionale Studi Famiglia (Cisf) in uscita oggi, 5 dicembre.
Chi cucina in casa?
Nell’indagine condotta tramite questionario ai componenti di 1.600 famiglie italiane, spicca come le coppie si spartiscono l’onere (o il piacere) di cucinare i pasti. Il 71% delle donne sostiene che il compito ricada prevalentemente su di loro. Lo stesso fa il 40,8% degli uomini. «Il totale non fa 100 perché nei sondaggi non abbiamo necessariamente intervistato entrambi i membri di una stessa coppia. Emerge però una tendenza degli uomini a sovrastimare il proprio contributo in casa», sottolinea a Open il direttore del Cisf, il sociologo Francesco Belletti. Situazioni simili si notano altri compiti, come spesa, bucato, e pulizia. Quest’ultima è divisa equamente secondo il 21% degli uomini ma chiedendo alle donne la percentuale scende al 16,5%. «I dati evidenziano un aspetto generale. Il carico mentale di dover gestire la casa ricade ancora in gran parte sulle figure femminili».
La simmetria (fino ai figli) tra uomini e donne nelle famiglie giovani
Al di là della distorsione percettiva, le cose vanno meglio tra gli under 34 che si dimostrano più equilibrati. Ad esempio, il 35% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni sostiene di dividere equamente le pulizie della casa. Lo stesso fa il 33% degli intervistati tra i 25 e i 34 anni. Secondo Belletti, il fenomeno è correlato all’attitudine al lavoro delle nuove generazioni. «Generalmente il lavoro non è più il centro della vita per i più giovani. C’è molta più attenzione al tempo libero. Ciò consente di dividersi più equamente i compiti di casa», commenta il direttore. Ma c’è ancora un’incognita: «Spesso anche le coppie più simmetriche perdono questa caratteristica alla nascita del primo figlio. È chiaro che sono necessari interventi dello Stato per sostenere la genitorialità». «Inoltre, solo con salari alti si può lavorare meno ore», aggiunge Belletti.
La casa da una generazione all’altra
Anche l’acquisto della casa ha un valore centrale nel rapporto tra genitori e figli. Il mattone è per le famiglie italiane un modo di fissare la ricchezza e trasmettere il patrimonio da una generazione all’altra. «Significa che le famiglie italiane pensano al futuro e cercano sicurezza. Gli italiani vogliono avere la certezza di un tetto sulla testa anche se perdono il lavoro. Anche se non sempre l’acquisto della prima casa è la scelta finanziariamente più conveniente», commenta il direttore del Cisf. Ma soprattutto, aggiunge Belletti, per gli italiani, la casa è «un bene di solidarietà intergenerazionale che compensa la spesa pubblica iniqua».
L’Italia spende per gli anziani, le famiglie aiutano i giovani
Il sostegno statale italiano – continua Belletti – è sbilanciato verso gli anziani. «Pro capite, si spende di più per le pensioni e per le agevolazioni agli adulti, e molto poco per le politiche a favore dei giovani e dell’infanzia». In questo contesto, le famiglie si adattano, e usano la casa per compensare dei finanziamenti sbilanciati. Lo si nota anche osservando che in Italia il 34% dei bambini riceve la cura dei nonni. In Svezia, sono lo 0,89%. «Da un lato, in Italia non ci sono gli asili nido perché non vengono finanziati. Dall’altro, la richiesta scende perché in loro assenza le famiglie si organizzano diversamente. Ma ciò non vuol dire che il trend non possa essere invertito. Anche in Francia circa un terzo dei bambini riceve la cura dei nonni, però un quinto va all’asilo nido».
L’aiuto dei genitori per compare casa
La solidarietà in controtendenza alla spesa pubblica emerge anche quando arriva il momento di acquistare la prima casa, che molti comprano grazie all’aiuto dei genitori. Gli italiani si confermano acquirenti piuttosto che affittuari: il 79,6% degli intervistati possiede la casa in cui vive. Dato alto rispetto alla media europea (69%) e a Paesi limitrofi come Francia (63%) e Germania (47,6%). In Italia, l’acquisto avviene con il sostegno dei genitori nel 52,3% dei casi. Nel 37,4% dei casi il sostegno è parziale e nel 14,9% è totale. Il 56,5% dei genitori non vuole indietro i soldi anticipati mentre il 19,2% li considera un anticipo dell’eredità. Solo il 19,4% considera il contributo un prestito.
Compriamo casa? Sì ma fra un po’
La tendenza all’acquisto si riscontra meno tra i giovani. Il rapporto mette in relazione il fenomeno con la minore disponibilità economica di quella fascia demografica rispetto a quelle più anziane. Ma il fattore finanziario non è l’unico a pesare. Una percentuale significativa di giovani (25-34 anni) preferisce investire i propri risparmi in altri progetti (37,5%), un dato che sembra riflettere un cambiamento nei valori e nelle priorità delle nuove generazioni. Sono più orientate verso la realizzazione di esperienze e opportunità di crescita personale e professionale piuttosto che verso l’acquisto o il possesso di beni immobili, si legge nel rapporto. Secondo la ricerca, inoltre, ad avere un ruolo nella tendenza è la maggiore disponibilità delle nuove generazioni a spostarsi per un mercato del lavoro sempre più flessibile e instabile.
«Gli affitti brevi hanno appesantito il mercato»
Sullo sfondo c’è un panorama immobiliare che cambia. Oggi gli alloggi listati su AirBnb sono 640 mila, dieci anni fa erano 90 mila. «Il fenonomeno degli affitti brevi diffusi ha appesantito il mercato in moltissime città. Prevalentemente nelle città turistiche ma anche in quelle a vocazione lavorativa. Lo stock abitativo non è più messo a disposizione dei residenti», commenta Belletti sottolineando la necessità di intervenire per regolare il fenomeno che porta all’aumento del prezzo degli affitti, spesso in luoghi, come le grandi città, che sono già attrattivi e di conseguenza più cari. Secondo una ricerca del think tank Tortuga, per ogni punto percentuale di incremento di alloggi brevi su Airbnb, i canoni d’affitto crescono in media del 5,7%. «La soluzione non può essere univoca, perché un conto è quello che succede ad Assisi, un altro quello che succede a Milano», continua Belletti. «In certi luoghi sarebbe utile circoscriverli, in altri, come i borghi spopolati, si può pensare di riorganizzarli in alberghi diffusi, recuperando alloggi ed evitando di consumare ulteriore suolo». «Ma questo obiettivo si potrà raggiungere se la casa tornerà al centro delle politiche sociali del Paese», conclude il direttore del Cisf.
(da Open)
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