LE MANIE DI GRANDEZZA DI GIOVANNI TOTI SI PALESANO NEL 2016, A PORTOVENERE: IN QUEL COMUNE, DOVE ERA SINDACO MATTEO COZZANI, CAPO DI GABINETTO, IL GOVERNATORE VOLEVA TRASFORMARE L’ISOLA PALMARIA IN UNA NUOVA “CAPRI”
ORA, QUEL CANTIERE È STATO SEQUESTRATO… LO SCANDALO DEL RED CARPET, LA GUERRA AGLI AMBIENTALISTI E I SELFIE GASTRONOMICI DEL GOVERNATORE
La Liguria, secondo Giovanni Toti, doveva diventare «una nuova Florida» e la piccola, petrosa, isola Palmaria, patrimonio Unesco dell’Umanità, «come Capri». La voglia di grandeur del presidente della Regione si manifestò subito, fresco di primo mandato in Liguria, nel 2016, partendo dove tutto, alla fine, si è incagliato: a Portovenere, nello Spezzino, proprio su quell’isoletta di capre e gabbiani, inaugurando il quasi decennio di annunci e photo opportunity per operazioni edilizie, imprenditoriali o di manovra politica a tema ambientale che suscitarono, fin dall’inizio, la riscossa di associazioni e comitati a difesa del territorio.
E non stupisce che le prime reazioni all’arresto del presidente Toti siano arrivate da Legambiente, visti i tanti fronti aperti. Dal Parco nazionale di Portofino, che rischia di essere il più piccolo d’Italia a forza di ridurre i confini, all’autorizzazione a poter edificare negli alvei dei rivi, alla volontà di installare la nave rigassificatrice Golar Tundra nel pieno della riserva marina, a Bergeggi.
Pochi mesi dopo la sua prima elezione, a marzo 2016, Toti festeggiò il trasferimento dell’isola Palmaria dal Demanio al Comune di Portovenere, dove era sindaco Matteo Cozzani, cui Toti consegna le chiavi dell’operazione. «Un paradiso che creerà moltissimi posti di lavoro», ripete Toti, e stanzia un milione di euro (per metà fondi europei) e organizza una cabina di regia sui lavori. Sarà «un’isola resort», assicura, con stabilimento balneare e piscine. Cozzani, poi diventato capo di Gabinetto di Toti, anche lui arrestato il 7 marzo anche per corruzione e turbativa d’asta, si vantava di interessi degli Emirati Arabi sull’operazione Palmaria.
La Regione varò un masterplan, partirono i cantieri con la regia del Comune di Cozzani e l’isoletta si è trasformata nel terreno di scontro con gli ambientalisti: con esposti alla Procura della Spezia, nel 2018, “per violazione delle norme ambientali”, azioni dell’autorità giudiziaria che arrivò a sequestrare il cantiere, fino a un anno fa quando, in 300 hanno manifestato sull’isola, davanti agli scavi, non in regola con le autorizzazioni.
Il Comune continuava a seguire l’andamento dei lavori, forse un po’ troppo, è la tesi degli inquirenti, visto che si parla di «attività amministrativa ad hoc», con delibere per rendere più flessibile il Piano urbanistico comunale, mentre il Parco, il cui ente gestore è lo stesso Comune, rinuncia alla prelazione proprio sull’area della Palmaria, aprendo la strada all’attività di due imprenditori milanesi, Raffaele e Mirko Paletti, già proprietari del Grand Hotel a Portovenere. E le indagini parlano di «abuso d’ufficio e falso».
Il primo effetto delle inchieste che hanno portato all’ondata di arresti in Regione, martedì, è stato proprio il sequestro preventivo da parte dei carabinieri forestali del cantiere sulla Palmaria. E Portovenere è balzata sulle cronache, e sul tavolo del ministero della Cultura, anche nell’estate del 2017: protagonisti sono ancora il presidente Toti e il sindaco Cozzani. Inaugurano il Red carpet, idea di marketing di Toti per lanciare il turismo in Liguria.
Ventisette tappeti rossi, cinquanta chilometri di passerelle di plastica pelosa stesi in 32 Comuni delle Riviere. L’obiettivo è fare sentire vip tutti i turisti. A Portovenere, il tappeto viene fissato con borchie al selciato antico che porta alla chiesa medievale, documentato da selfie spavaldi di Toti e Cozzani. L’imbarazzo è enorme, il ministero attraverso la Soprintendenza della Liguria, è costretto a intervenire imponendo a Toti di rimuovere il Red carpet da tutti i monumenti e così il presidente è costretto a riarrotolare il tappeto, rimuovendolo dalla chiesa di Portovenere, dalla chiesa di Cervo e dal castello di Dolceacqua.
(da La Repubblica)
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