LE MISURE SOCIALI DI SARKOZY CONQUISTANO LA FRANCIA
MENTRE IN ITALIA IL GOVERNO DI CENTRODESTRA ANNASPA NELLO STAGNO DEL CONFORMISMO, IN FRANCIA SARKOZY DICHIARA “IL CAPITALISMO SELVAGGIO E’ FINITO”… LE BANCHE RIFIUTANO IL CREDITO ALLE IMPRESE? MINACCIA DI NAZIONALIZZARLE… AL VIA 100.000 NUOVI POSTI DI LAVORO SOVVENZIONATI DALLO STATO… SOSTEGNO AI DISOCCUPATI… IN UNA SETTIMANA HA RICEVUTO IL PLAUSO DEI FRANCESI, CON UN 8% IN PIU’ DI CONSENSI EROSI A SINISTRA.
Si sta svolgendo in questi giorni a Reims, il congresso del partito socialista francese, in un clima di enormi difficoltà , sia interne (manca un accordo tra le tre principali correnti), che di linea politica comune.
La crisi della gauche francese sembra ricordare quella della sinistra italiana, come pure non se la passano bene il Psoe di Zapatero e il Labour inglese, incapace di dare continuità alle politiche di Blair.
I socialisti francesi, in particolare, attraversano ormai una crisi profonda, incapaci di fronteggiare la crescente popolarità di Nicolas Sarkozy. Soltanto il 34% dei francesi dà fiducia al partito socialista sul tema delicato del potere d’acquisto e il 31% sulla lotta alla disoccupazione, le due principali preoccupazioni dell’opinione pubblica in tempi di recessione.
A differenza che negli altri Paesi però, a contribuire notevolmente alla debacle socialista, in Francia è determinante la nuova politica sociale del presidente che sta riscuotendo molti consensi tra l’elettorato tradizionale della sinistra.
Nei giorni scorsi, grazie ai provvedimenti protezionistici e di sostegno al Welfare State, Sarkozy ha guadagnato la bellezza di 8 punti, arrivando a un tasso di popolarità del 49%.
Nicolas sociale piace. L’Economist, l’influente settimanale britannico vicino agli ambienti della City di Londra, gli dedica un articolo elogiativo, in cui esalta la svolta antiliberista dell’inquilino dell’Eliseo.
In un editoriale, l’Economist ricorda come Nicolas abbia dichiarato, in puro stile Tremonti ( ma qui non seguono per ora analoghi fatti) che “il capitalismo selvaggio (laissez-faire) è finito”, bacchettando la “dittatura del mercato”.
Musica per le orecchie dei francesi, terrorizzati dall’idea di essere travolti dalla crisi finanziaria che ha colpito gli Stati Uniti.
Dalle parole Nicolas è passato però subito ai fatti, costituendo un “fondo strategico nazionale d’investimento” dedicato alle aziende francesi, per proteggerle da eventuali mire straniere.
Non solo: il primo ministro Francois Fillon ha minacciato di nazionalizzare le banche che rifiutano il credito alle imprese, sempre più in difficoltà .
In Italia il Governo si prostra alle banche, fornendo garanzie miliardarie, in Francia il presidente le mette in riga e lancia un avvertimento pesante: basta speculare sui cittadini e sulle aziende francesi. Sarkozy è andato oltre, disponendo di creare a breve 100mila posti di lavoro nuovi, sovvenzionati dallo Stato e ha confermato quelli che magari Brunetta definirebbe “i privilegi tradizionalmente accordati ai disoccupati”, che in Francia godono di un regime di sostegno molto avanzato.
La politica sociale di Sarkozy ha spiazzato completamente la sinistra francese arrivando al paradosso che ha ottenuto il plauso del tedesco Martin Schulz, capogruppo socialista al Parlamento europeo, irritando i socialisti francesi che non sanno più cosa dire.
L’interventismo statale del presidente francese si spiega con lo spettro del crollo finanziario che dagli Stati Uniti rischia di estendersi al Vecchio Continente. Di fronte agli esiti nefasti dell’ultraliberismo americano, da tempo Sarkozy si è posto accanto a coloro che auspicano un controbilanciamento politico dello strapotere della Banca Centrale Europea.
In Francia, badando agli interessi nazionali, l’autonomia assoluta di mercato viene messa definitivamente in soffitta e vengono adottate misure concrete per aiutare le famiglie in difficoltà . Chissà perchè, quando si trattava di indicare un riferimento europeo, sia Berlusconi che Fini amavano citare Nicolas, ma quando si tratta di mettere in atto provvedimenti coraggiosi si preferiscono soluzioni conformiste e inadeguate ai problemi reali del Paese.
La capacità di un leader non sta nel rappresentare interessi particolari, ma di riuscire a interpretare il malessere e le preoccupazioni del proprio popolo, mutando anche in corsa idee e programmi, iniziative ed interventi, in una sintesi di tutela dei vari interessi e paure.
Non distribuendo le brioches ai potenti e le briciole ai ceti medi… Altrimenti il rischio è che la gente decida di cambiare fornaio.
Leave a Reply