LE ORDINANZE ANTI-RIFUGIATI DEI SINDACI LEGHISTI SONO GIA’ FINITE NEL POSTO ADEGUATO: NEL CESSO
IL PREFETTO DI MILANO LE HA BLOCCATE TUTTE, LO SHOW PER I GONZI E’ FINITO… QUANDO ERA MARONI A VOLERE L’ACCOGLIENZA DIFFUSA LA LEGA DICEVA SI’
A inizio settembre i sindaci leghisti di Cologno Monzese, Senago, Inzago, Opera e Trezzo sull’Adda hanno siglato un’ordinanza che impone ai privati che intendono accogliere le richieste della Prefettura per l’accoglienza dei richiedenti asilo di comunicarlo tempestivamente agli uffici comunali, pena il pagamento di un’ammenda fino a cinquemila euro.
I sindaci della Lega, fortemente contrari ai programmi di accoglienza diffusa, si sono giustificati spiegando che l’obiettivo è quello di sapere chi entra nel territorio comunale in modo da garantire la sicurezza. Perchè si sa che i richiedenti asilo sono tutti potenziali criminali
L’ordinanza fa parte della strategia della Lega Nord di rifiutare ed impedire in qualsiasi modo l’accoglienza di profughi e rifugiati che così dovranno essere ospitati in numero maggiore dai comuni “accoglienti” creando prevedibili tensioni.
Perchè infatti un comune dovrebbe accogliere centinaia di richiedenti asilo mentre quelli limitrofi zero?
Se tutti i comuni italiani si facessero carico in maniera equa dei doveri d’accoglienza la situazione sarebbe probabilmente meno drammatica.
Ma come abbiamo visto in passato è più facile fare le barricate che aprire le porte a qualche decina di stranieri.
Ieri li prefetto di Milano, Luciana Lamorgese, ha di fatto cancellato le ordinanze dei cosiddetti “sindaci ribelli” che presentano secondo Lamorgese «diversi profili di dubbia legittimità , anche costituzionale».
Il prefetto ha ricordato ai primi cittadini che l’immigrazione è una materia di competenza statale sulla quale i sindaci non possono intervenire con specifiche ordinanze.
Senza contare — prosegue Lamorgese — che allo stato attuale dei fatti non si ravvisano i presupposti di urgenza e di pericolo per l’ordine pubblico tali da giustificare l’ordinanza. Senza contare che non c’è un nesso specifico tra l’arrivo di richiedenti asilo e l’aumento del tasso di criminalità locale.
L’ordinanza quindi «non risulta conforme alle disposizioni normative vigenti» anche perchè l’obbligo di comunicare la messa in disponibilità delle strutture violerebbe il principio di segretezza dei bandi pubblici.
Che nel milanese la questione dell’accoglienza sia uno dei temi su cui la Lega fa campagna elettorale lo dimostrano anche le tensioni e le minacce del maggio scorso contro due sindache del PD “colpevoli” di aver siglato il patto con la Prefettura che prevede l’arrivo di 2 migranti ogni mille abitanti. L’intesa era stata sottoscritta da 76 comuni dell’area metropolitana su 104.
Quando la Lega Nord imponeva l’accoglienza dei rifugiati alle Regioni
I numeri parlano chiaro: dei 95 mila migranti arrivati in Italia tra gennaio e giugno di quest’anno 12 mila sono arrivati in Lombardia.
Di questi 7.774 sono stati accolti nell’area della Città Metropolitana di Milano (gli abitanti dell’ex Provincia di Milano sono complessivamente 3,2 milioni) mentre poco più di mille sono stati accolti nel territorio dei 28 comuni dell’Adda Martesana da dove proviene la maggior parte dei sindaci ribelli.
Una “zona omogenea” dove abitano oltre trecentomila persone. Le cifre mostrano insomma che non si può assolutamente parlare di invasione e l’accoglienza diffusa è la soluzione migliore per non sovraccaricare alcuni comuni rispetto ad altri.
Ma nella Lega non ci stanno e c’è chi nella Lega parla della decisione del prefetto di bloccare le ordinanze dei sindaci leghisti come dell’ennesimo tentativo di calpestare la volontà dei cittadini.
Ad esempio il consigliere regionale Claudio Borghi si chiede provocatoriamente “cosa votiamo il sindaco a fare” se poi decide tutto il prefetto, ovvero il Ministro, ovvero in ultima istanza l’Europa?
Ebbene a certi leghisti indignati farà piacere scoprire che in un’analoga situazione l’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni — che attualmente è Presidente di Regione Lombardia — agiva allo stesso modo.
Ma ne parliamo in un altro articolo.
(da “NextQuotidiano”)
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