L’ECONOMISTA MESSORI: “LA SITUAZIONE E’ PIU’ GRAVE DEL PREVISTO, IL PIL NON RIPARTE CON I CONSUMI”
“LA FRENATA DEL PIL FARA’ SCATTARE LA CLAUSOLA DA DUE MILIARDI PATTUITA CON LA UE”
Una situazione “più grave del previsto”, per uscire dalla quale non basterebbero tassi di crescita oggi altamente improbabili negli ultimi sei mesi del 2019.
E le cause non sono imputabili soltanto, come sostiene il Governo, a fattori esterni ma pure a precise scelte dell’esecutivo che rischiano di aggravare ancora di più la condizione dell’economia italiana.
È l’opinione di Marcello Messori, economista ed ex presidente di Ferrovie dello Stato.
Secondo Messori, la recessione ancorchè tecnica in cui è caduta l’Italia è stata facilitata dall’aumento dell’incertezza scatenato dallo scontro tra Italia e Ue e dalla risalita dei tassi di interesse. La scelta del Governo di concentrarsi sul rilancio dei consumi è votata al fallimento, sostiene l’ex presidente di Fs.
Gli ultimi due trimestri del 2018 hanno certificato l’ingresso dell’Italia in recessione tecnica. Nell’anno da poco iniziato è lecito attendersi un recupero?
Se la stima preliminare dell’Istat sarà confermata, la situazione è più grave del previsto. Noi economisti ci aspettavamo un -0,1% nell’ultimo trimestre, non lo 0,2%. Questo ha una implicazione sull’effetto trascinamento, l’impatto della recessione sul 2019 sarà negativo di -0,2%. Rispettare quel tasso di crescita, già corretto rispetto alla bozza iniziale e poi inserito nella legge di Bilancio, dell’1% è del tutto irrealistico. Si dovrebbe avere un tasso di crescita abnormemente elevato nel secondo semestre per rispettare la stima del Governo.
Il premier Conte ha detto che i dati negativi non dipendono dal Governo ma dal contesto internazionale.
C’è un impatto internazionale, sicuramente. Per una economia sostenuta dalle esportazione nette come quella italiana, il rallentamento del commercio è sicuramente un aspetto problematico. Va sottolineato però che il dato migliore nell’ultimo trimestre è relativo proprio all’export. Le vere componenti negative derivano dalla domanda interna e dagli investimenti. Certamente la caduta in recessione ha quindi a che fare con due elementi: l’aumento della struttura dei tassi di interesse che con vari picchi si è avuta dalla primavera scorsa fino alla fine dell’anno, con ripercussioni sugli investimenti privati. E l’aumento dell’incertezza politica, che ha frenato ancora investimenti e pure i consumi. Ci sono perciò fattori endogeni, non solo esogeni, alla radice della recessione italiana.
Di fronte a questa situazione, la legge di Bilancio è ancora adeguata?
No, interventi efficaci dovrebbero sostenere gli investimenti pubblici come volano per quelli privati. Com’è noto, la manovra prevede un ammontare molto limitato di investimenti pubblici, ha appesantito la pressione fiscale sulle imprese più efficienti e l’ha ridotta solo sulle piccole unità produttive, che incontrano molte difficoltà ad effettuare investimenti innovativi. E certamente non ha rimosso l’incertezza politica. C’è poi un altro punto: la situazione attuale è soggetta alla spada di Damocle della valutazione di maggio da parte della Commissione Ue.
Ieri il premier Conte, parlando ad Assolombarda, ha detto di aspettarsi il “riscatto” dell’economia solo a partire dal secondo semestre del 2019. I primi sei mesi quindi si prevede un quadro economico ancora in sofferenza…
Noi entriamo nel 2019 con un -0.2%. Se i primi due trimestri avranno un andamento negativo/stagnante, anche due ultimi trimestri brillantissimi, al di sopra del 2,5%, non sarebbero sufficienti ad assicurare un tasso di crescita adeguato. Temo che ci siano nubi molto dense sul 2019, e in questo quadro gli elementi di incertezza non saranno certo compensati da uno stimolo in termini di consumi. Anche perchè con un incertezza prolungata, ne risentiranno le stesse scelte di spesa delle famiglie.
Si spieghi meglio.
C’è un accordo con la Commissione su un cuscinetto di due miliardi che scatterà se non verranno rispettati i saldi di bilancio pubblico previsti dalla legge di Bilancio. Se i primi due trimestri si confermeranno negativi, questa clausola scatterà . In più c’è un impegno scritto sul reddito di cittadinanza: se la spesa eccederà le previsioni vi sarà una riduzione del trasferimento del reddito mensile alle famiglie. Com’è possibile che un governo che si è impegnato con un individuo in difficoltà a trasferire un certo ammontare di risorse, poi i mesi successivi lo riduce per vincoli di bilancio? È chiaro che così si crea ulteriore incertezza. Temo che anche gli effetti sui consumi saranno limitati.
Quindi si torna al punto di partenza. Servono più investimenti, ma con i vincoli di spesa e visti gli impegni assunti che il Governo non pare intenzionato a rivedere, i margini d’azione sono limitati, se non inesistenti.
Perciò sarebbe opportuno partecipare in modo attivo alla discussione europea per rafforzare quel progetto di prosecuzione del piano Juncker che raddoppi le risorse e consenta programmi di investimento europei. Purtroppo la situazione è ancora più complicata. Basta fare più investimenti, quindi? No. Gli investimenti devono essere efficienti, e nel nostro Paese c’è un problema di attuazione delle decisioni assunte. Il tempo medio di attuazione di un investimento in Italia è di anni, se non di quinquenni.
I tempi per rimettersi in carreggiata ora appaiono stretti.
Lo so benissimo, infatti era un problema che si era posto a settembre, se no nprima. Ora raccogliamo i cocci, purtroppo. Queste cose vanno preparate, e vanno trovate soluzioni a ostacoli appoggiandosi a soluzioni europee. Il piano Juncker ha funzionato bene, tutto sommato, per l’Italia. Ci sarebbero spazi, ma si aprono solo se non si ha una posizione conflittuale con la Commissione. Abbiamo costruito un quadro negativo ma se guardiamo al 2020 e al 2021 non migliora, visto che da aprile dovremmo cominciare a predisporre i documenti fiscali per il prossimo triennio, con il macigno delle clausole di salvaguardia.
Meglio tralasciare per ora questo capitolo.
Infatti.
(da “Huffingtonpost”)
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