LEGA-MI DIFFICILI DA SPEZZARE: DOPO LA FIGURA DI MERDA IN POLONIA SALVINI TENTENNA SULL’INVIO DI ARMI A ZELENSKY
ALLA FINE LA LEGA PARE VOTERÀ SÌ AL DECRETO, MA I MALUMORI DEI FILORUSSI DEL CARROCCIO IN PARLAMENTO AUMENTANO
Nella Lega si moltiplicano i malumori sull’invio di armi italiane all’Ucraina, ora che il decreto è in arrivo al Senato. Il primo a parlare di «difficoltà» nel votare il provvedimento, appena licenziato dalla Camera col sostegno del Carroccio, è Matteo Salvini, che intervistato ieri da Bruno Vespa alla fiera di Verona si è detto convinto che «la soluzione non sia mandare armi».
L’ex ministro dell’Interno, ormai formato pacifista dopo gli anni passati a celebrare Putin, si dice «preoccupato dalla voglia di guerra di qualcuno».
Riferito non al Cremlino, ma ai colleghi di maggioranza che sostengono gli aiuti alla resistenza di Kiev.
Non è l’unico nella Lega a pensarla così. Anche Simone Pillon è dubbioso, ammette: «Concordo con Salvini. Forse più che inviare armi a una delle parti in guerra dovremmo accreditarci con entrambe per negoziare la pace. Il voto? Leggerò con attenzione il decreto e poi deciderò parlandone col capogruppo ».
Dall’entourage di Salvini spiegano che la linea non è cambiata. Che insomma alla fine, nonostante le «difficoltà», voterà sì.
Il deputato Vito Comencini del resto si è detto pronto a partire alla volta del Donbass. Un collega di scranno, Alex Bazzaro, ha contestato perfino le sanzioni economiche alla Russia.
Non è un caso che nel voto di giovedì a Montecitorio il gruppo della Lega sia stato quello con più assenti: 37, oltre il 40% dei deputati. A riprova dei contorcimenti che agitano il sottobosco leghista, ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia, pur condannando l’aggressione russa, ha attaccato Biden per avere definito Putin un criminale di guerra. Parole bollate come «non concilianti e inopportune».
(da agenzie)
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