L’ENTRATA A GAMBA TESA DI ELON MUSK SUL CASO MIGRANTI (“VIA QUEI GIUDICI”) METTE GIORGIA ALL’ANGOLO: LA DUCETTA CAMALEONTE PUNTA SU MISTER TESLA PER RIACCREDITARSI CON TRUMP MA RISCHIA DI ALIENARSI L’APPOGGIO DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
IL “GABBIANO” RAMPELLI E’ GELIDO SULL’ENTRATA A GAMBA TESA DI ELON MUSK SUL CASO MIGRANTI (“VIA QUEI GIUDICI”) METTE GIORGIA ALL’ANGOLO: LA DUCETTA CAMALEONTE PUNTA SU MISTER TESLA PER RIACCREDITARSI CON TRUMP MA RISCHIA DI ALIENARSI L’APPOGGIO DELLE ISTITUZIONI EUROPEELA SORTITA DI MUSK: “SIAMO ATTREZZATI PER DIFENDERCI DA SOLI”… CHE DIRANNO, I CAMERATI, QUANDO MISTER TESLA METTERÀ BOCCA SULLE VICENDE ITALIANE CON UN RUOLO DI GOVERNO NEGLI USA?…DAL CONTRATTO STARLINK DA 1,5 MILIARDI DI EURO ALLA TESLA LOW COST: COSA BALLA TRA PALAZZO CHIGI E MUSK
«Con Musk ormai siamo amici», ripete da mesi Giorgia Meloni alla cerchia stretta dei suoi consiglieri. Il canale è diretto, senza filtri: un messaggino di Whatsapp dopo l’altro. Scambi frequenti, anche se non quotidiani, racconta chi è stato messo a parte dei dettagli di questa special relationship tra la premier e il patron di X.
Però l’amico Elon è anche un tipo incontrollabile, che una mattina può dare dello «scemo» al cancelliere tedesco e che in passato se l’è presa con i magistrati di Francia e Brasile, con il governo inglese, con Ursula von der Leyen, fino a ieri, quando è toccato ai giudici italiani. Un flusso quotidiano di post, senza imbeccate da Palazzo Chigi, sostiene il braccio destro a Roma del magnate di Tesla, Andrea Stroppa: «Musk segue i fatti italiani su X». Rilanciando o commentando quello che scrivono gli 800 contatti che segue.
Proprio per questo, però, il tasso di imprevedibilità è altissimo. L’incidente, dietro l’angolo. Rischia insomma, Musk, di diventare l’amico imbarazzante per un partito come FdI, che contro le “ingerenze straniere” ha costruito per anni un pezzo della sua propaganda e anche della sua fortuna elettorale.
Anche la linea «Elon è un privato cittadino», approntata da Meloni venerdì al Consiglio Ue di Budapest (a domanda proprio sugli insulti a Scholz) può reggere solo per qualche mese, se Donald Trump, come pare, manterrà l’impegno col fondatore di SpaceX e gli offrirà un incarico nella sua amministrazione. Che diranno, i Fratelli, quando Musk metterà bocca sulle vicende italiane con un ruolo di governo negli Usa?
Per la premier gestire questo rapporto è (e sarà) una prova da equilibrista. Un calcolo continuo di costi e benefici. Il vantaggio principale è lampante: il legame le serve per riallacciare i rapporti con Trump e la galassia “Maga”, che in parte ha vissuto con fastidio la collaborazione, a tratti affettuosa, tra la presidente del Consiglio e il democratico Joe Biden. Non a caso è stata Meloni a chiamare l’imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense, subito, la notte dopo il voto. Ed è sempre stata Meloni a rendere nota la telefonata.
Anche per bilanciare l’attivismo di Matteo Salvini, che con Musk il rapporto se l’è costruito più tardi, ma che, al contrario della leader di FdI, non si cruccia minimamente di mostrarsi istituzionale. L’abbraccio con Musk, però, non può diventare troppo stretto per la premier.
Soprattutto, Meloni non può benedire fino in fondo le sue incursioni nella politica italiana, anche quando le farebbero comodo, come ieri. Sa che certe sortite passerebbero per intromissioni, non tanto nei lanci d’agenzia dell’opposizione, ma in un segmento di elettorato che queste “ingerenze” le ha sempre sofferte (e che solitamente vota a destra). Qualche voce critica da FdI già si leva, all’indirizzo del proprietario di X: «Siamo attrezzati per difenderci da soli è il commento gelido del vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli – Ringraziamo Musk, ma non siamo come la sinistra che sbava per amplificare a livello internazionale le criticità italiane, ridicolizzando la nazione ».
Parole che Meloni non può pronunciare. L’amico Elon, oltre ad essere un prezioso interlocutore per spazio e connessione satellitare, è il contatto più strategico che ha in rubrica nel giro di Trump. Difficilmente può esserlo Ron DeSantis, in questi giorni in Italia per promuovere le aziende della Florida e ricevuto ieri a Palazzo Chigi. È un governatore repubblicano, sì. Ma è stato il principale avversario di Trump alle primarie. E ha rotto con la nuova capo- staff del presidente eletto, Susie Wiles. Meloni un incontro glielo doveva: grazie alla mediazione di De-Santis è stato liberato Chico Forti.
Ma si è ben guardata dall’enfatizzarlo: Palazzo Chigi ha diffuso una stringata nota istituzionale, a sera, in cui si parla unicamente della «missione economico-commerciale».
(da La Repubblica)
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